«Le donne!» gridò Ultman, e Forzon annuì, meravigliandosi della potenza vocale di quell’uomo. «Ecco un altro punto interessante. La donna kurriana è considerata poco più di un animale domestico, sebbene sia un animale felice, rispettato, trattato bene.»
«Davvero?» gridò Forzon, ricordando come la contadina aveva subito zittito il marito, a proposito della veste sacerdotale. «Ho notato che non hanno una gran parte nelle arti.»
Ultman fermò la coppia di testa con un colpetto della mano, e cercò nel carro la sua borraccia di vino. Bevette un lungo sorso poi passò la borraccia a Forzon. «E in nessun’altra cosa» facendo risuonare le sue parole nell’inconsueto silenzio. Rise allegramente e abbassò la voce. «Un esiguo numero di donne, figlie di musicisti, insegna musica alle figlie dei ricchi, nient’altro.»
Forzon ripose la borraccia e tornò al suo posto, perché desiderava continuare il suo cammino. Ma Ultman era d’umore loquace e si arrampicò su un lato del carro, come se si mettesse in posa per pronunciare un discorso.
«La Squadra B, a un certo momento, lavorò molti anni per fomentare una rivolta creando un movimento per la parità di diritti fra donne e uomini. Non riuscì a convincere neppure una donna del suo stato di inferiorità. Poi è stata la volta della religione. La religione del Kurr è il re. Non è proprio un dio, ma almeno un primo sacerdote. Per questo, forse, è così suscettibile sull’invio di missionari del Larnor. Non vuole concorrenti, per così dire. Comunque sono state prese decine di iniziative in chiave religiosa.»
«Nessuno ha mai tentato la chiave culturale?» chiese Forzon.
«Qualcuno l’avrà fatto. Tutto è stato tentato in questo paese.» Stette un attimo a pensare. «C’è stato uno che ha convinto un governatore di provincia a prelevare una tassa sui dipinti. È durato fin quando Re Rovva non l’ha scoperto. Ha abolito la tassa e ha spedito il governatore in un villaggio dei monchi. Il vecchio Rovva è troppo furbo per lasciarsi giocare su una questione di tasse.»
«Se la regia abitudine del re di spedire valenti cittadini nelle moncopoli fosse resa più nota, la sua popolarità ne soffrirebbe di sicuro. Perché non create un giornale?»
«E chi potrebbe criticare il re, se volesse continuare il suo mestiere? Comunque la stampa non è stata inventata.»
«Regalatela voi al Kurr.»
Ultman scoppiò in una risata omerica, picchiando il pugno sulla sponda del carro, tant’è che le sue bestie spaventate cominciarono a muoversi. Saltò giù per fermarle. «Regalarla al Kurr!» disse senza più fiato. «E la Regola dell’Uno?»
«Ogni volta che suggerisco qualcosa» si lamentò Forzon «qualcuno tira fuori la Regola dell’Uno. Ma nessuno si è mai preso la briga di dirmi in che cosa consiste.»
«Qualche secolo fa, un giovane e brillante agente voleva portare il suo contributo a una rivoluzione nascente fornendo ai ribelli un tipo abbastanza primitivo di arma da fuoco. La sua richiesta parve stupida, perché si sapeva che l’Ente vietava rigorosamente innovazioni tecniche. Contrariamente alle previsioni, il Comando Supremo non rigettò la richiesta su due piedi. Formulò invece la Regola dell’Uno. Gli agenti dell’Ente erano autorizzati a introdurre un cambiamento tecnologico per ogni mondo, ma uno solo. Questo rese felice il giovane e zelante agente, finché si accorse che la parola uno doveva essere considerata alla lettera, e un fucile, per primitivo che sia, contiene forse un migliaio di innovazioni, senza parlare dei proiettili. Il giovane si coprì di ridicolo e dovette lasciare il servizio. Da quel momento nessuno ha mai tentato di usare l’incremento tecnico. Cosicché la Regola dell’Uno è sempre in vigore.»
«Però si potrebbero introdurre i caratteri da stampa senza la pressa, oppure la pressa senza i caratteri.»
«La cosa non è così semplice. Vi possono essere decine di innovazioni contenute sia nella pressa sia nei caratteri e probabilmente altrettante novità prima di arrivare alla produzione della carta occorrente. Ma parliamo della cultura. La miglior cosa per voi sarebbe quella di chiedere un riassunto generale delle pratiche d’archivio. Le impiegate della base non hanno nient’altro da fare e non ci vorrebbe molto a mettere in macchina l’indice degli atti e tirar fuori tutti i riferimenti che vi interessano.» Afferrò nuovamente la sua borraccia. «Leblanc e il suo vino cotto! A me piace freddo, e nel Kurr non si riesce ad averlo.»
«Perché non lo avvolgete negli stracci e bagnate gli stracci con l’acqua?» suggerì Forzon.
«Non posso» disse Ultman. «Potrei macchiarmi di innovazione tecnologica.» Alzò le braccia in un gesto di disperazione. «Ecco la cosa di cui sento proprio la mancanza. Una bibita ghiacciata. Questi maledetti inverni non sono mai abbastanza freddi per congelare chicchessia. Non ricordo più da quanto tempo non ho visto del ghiaccio. A parte ciò, questi luoghi sono veramente un bel posto di lavoro.»
Saltò giù dal carro e diede un colpetto sui fianchi della prima coppia di esg. Ricominciò lo stridio lacerante e Forzon riprese doverosamente il suo posto accanto ai placidi animali.
Era un paese delizioso, questo Kurr; ma, in massima parte, di una bellezza creata, non spontanea, espressione di un popolo straordinariamente dotato per l’arte. Fiancheggiarono campi di grano disposti geometricamente come delle aiuole. Un campo situato in cima alla collina, dove la sua vibrante bellezza si poteva scorgere a parecchie miglia di distanza, pareva un mare ondeggiante di fiori dai colori sgargianti.
«A quale scopo coltivano i fiori?» gridò Forzon. «Miele? Profumi?»
Ultman scosse la testa. «Non ci sono insetti da miele. Lo zucchero proviene dalle foglie dolci di una pianta cespugliosa, e le essenze profumate da certe radici. Vedrete fiori dappertutto, specialmente in cima alle colline. Mi sono chiesto spesso perché non arano quei campi per seminarvi qualcosa di utile.»
«Per esempio tuberi?» suggerì Forzon con un sorriso.
L’ERI avrebbe voluto fare proprio questo, così come avrebbe volentieri tracciato un solco in questa società stabile, felice, prospera, amante della bellezza, col vomere della rivoluzione. Forzon si chiese se un governo popolare non fosse una forma di espressione creativa, destinata ad eterno fallimento, lì in Kurr, perché la gente spendeva ogni sua energia creativa nelle cose immateriali come l’arte, la musica, la poesia… e i campi di fiori.
Ultman, come Leblanc, non era in sintonia con la bellezza di ciò che lo circondava. Per lui le opere d’arte erano delle cose, esattamente come i tuberi di cui faceva commercio, e riteneva che dovessero certo avere un’utilità; ma non avrebbe mai provato emozione né per le une né per gli altri. Qual era, allora, la sua ragione di vita? La missione della Squadra B?
Quell’uomo non se ne preoccupava eccessivamente. Aveva un lavoro da fare e lo faceva, percorrendo le province centrali, mantenendo i suoi contatti, trasmettendo messaggi, raccogliendo informazioni. Pericoloso? Egli non ricordava da quanto tempo la Squadra B non perdeva un agente. Degli agenti si erano trovati nei pasticci, qualche anno prima; ma qualcuno aveva provveduto. C’era sempre qualcuno che provvedeva. Sulla missione della Squadra B, toccava a qualcuno più in alto, di spremersi le meningi; e se gli veniva in mente qualcosa che Ultman potesse fare per il progresso della missione, non aveva che da dirlo e Ultman l’eseguiva.
Forzon pensò con amarezza che per risolvere i problemi dell’ERI in Kurr, bisognava forse risolvere, prima di tutto, il problema della Squadra B. La mancanza da parte dei suoi membri di qualsiasi interesse nelle cose dell’arte, faceva di questi uomini dei perfetti attori di teatro, intenti a rappresentare bene la loro parte, piuttosto che usarla per uno scopo preciso.