Egli conosceva la risposta. Il re temeva la Squadra B, e aveva fatto il ragionamento che se Forzon fosse stato trasportato a Kurra apertamente, gli onnipresenti agenti ERI avrebbero certamente saputo della sua cattura e l’avrebbero liberato in qualche punto del suo viaggio.
Il re era più prudente del necessario, poiché la Squadra B era così certa dell’incolumità di Forzon che lo aveva abbandonato a se stesso, isolato. La prima volta che avrebbe cercato di mettersi in contatto, nessun possibile aiuto della Squadra B avrebbe più avuto un’utilità per l’Intendente Jef Forzon.
Il carro cigolava e rimbalzava senza posa, un’ora dopo l’altra, un giorno dopo l’altro e Forzon imparò la pazienza. Capì che avevano raggiunto Kurra perché le irregolarità della strada cessarono di colpo e le ruote rimbalzarono uniformemente sul selciato di pietra. Alla fine, il carro si fermò, e dietro di esso, il colpo di un cancello che si chiude risuonò nel silenzio improvviso.
Un soldato allungò il braccio dentro il carro e liberò Forzon dai suoi lacci. Egli tentò di uscire dal carro, ma con gli arti intorpiditi non vi riuscì ed evitò una brutta caduta solo perché il soldato lo afferrò all’ultimo momento. L’agente del re e il comandante della guarnigione imprecarono simultaneamente. Forzon trattenne un sorriso. Almeno per il momento, la sua incolumità stava a cuore a qualcuno.
Fiancheggiato dai soldati che lo sollevarono quando le sue gambe cedevano, Forzon percorse rapidamente un labirinto di corridoi e di rampe, dove la luce del giorno non penetrava mai, lunghi tratti di oscurità debolmente punteggiati dalle torce infilate nei bracci murali. Arrivati nella parte superiore del castello si fermarono davanti a una porta molto alta. Un gruppo di sentinelle nell’uniforme della Real Casa prese in consegna Forzon, lo perquisì diligentemente e lo spinse nella stanza. L’agente, il comandante la guarnigione e la scorta di Forzon furono lasciati fuori della porta, con un palmo di naso.
Forzon, gradatamente ritrovava la sensibilità delle gambe; riuscì a camminare con passo fermo; ma mentre attraversavano la lunga stanza, egli provò una profonda delusione. Durante tutto quel lungo, tedioso viaggio, l’unica cosa nella quale aveva ansiosamente sperato, era di trovarsi a faccia a faccia con Re Rovva. Invece l’uomo che sedeva lì su una specie di trono non era il re.
Le guardie fecero l’inchino rituale, piede sinistro in avanti, ginocchio piegato, e quando si rialzarono guardarono Forzon indignate. «Inchinati al Ministro del tuo Re!»
«Non è il Ministro del mio Re» disse Forzon pacatamente.
Sguainarono le sciabole; ma Forzon rimase ostinatamente eretto.
«Fatelo sedere» disse il ministro.
Forzon fu legato molto stretto a una sedia. Le guardie ripeterono l’inchino e si ritirarono sino a metà stanza. Forzon trattenne un sorriso. Le sue parole non erano destinate alle orecchie dei subalterni, il che significava che Re Rovva teneva tuttora il suo popolo all’oscuro dell’esistenza della Squadra B.
Il ministro lo guardò dall’alto in basso, freddamente. Era un uomo giovane, dalla figura slanciata, indossava il comune vestito da passeggio dell’alta classe borghese di Kurr. Troppo lontano dall’aristocrazia per poter indossare le vesti di corte, ma di condizione sociale così elevata da non avere bisogno di uniforme, quell’uomo era salito così in alto, che un capitombolo sarebbe stato fatale. E lo sapeva.
«Jef Forzon?» gli chiese.
«È il mio nome» rispose Forzon. «E voi?»
«Gasq, Primo Ministro del Re.»
«Onorato.»
Gasq lo guardò perplesso. «Davvero?»
«Non è un onore, forse, ottenere udienza dal Primo Ministro di Kurr?»
Gasq aggrottò la fronte. «Dov’è Paul Leblanc?»
«Non ne ho la minima idea.»
La fronte di Gasq si aggrottò maggiormente. «Quand’è che l’avete visto per l’ultima volta?»
Sebbene disperata la situazione di Forzon aveva sfumature esilaranti. Re Rovva aveva impiegato mesi di indagini per catturare l’uomo che considerava il più importante personaggio straniero del Kurr, e questi ne sapeva meno, sulla Squadra B, del più inesperto pivellino ERI. La totalità delle informazioni utili che Forzon avrebbe potuto fornire al re, era poco meno che niente. Per questa ragione Forzon aveva deciso di dire, con la debita moderazione, la verità, finché coloro che lo avevano in mano non fossero abbastanza convinti della sua sincerità, da permettergli di mentire con efficacia.
Rispose: «Ho visto Paul Leblanc per l’ultima volta prima di lasciare Kurra e recarmi nella moncopoli.»
«Dove lo avete visto?»
«Non conosco la città abbastanza bene per potervelo dire. Era un grande appartamento al piano superiore di un edificio. Dalle finestre si vedeva oltre le mura.»
«In quale direzione?»
Forzon fece finta di pensare. «Non lo so» disse finalmente. «Temo che la periferia di Kurra mi sembri proprio tutta uguale, in qualsiasi direzione la si guardi.»
«Potreste ritrovare quell’edificio?»
«Ne dubito. Vi sono andato di notte. Quando l’ho lasciato ero chiuso in un carro. Ho visto poca cosa sia all’andata sia al ritorno. E poi tutto quanto è successo molto tempo fa.»
«Dov’è Sev Rawner?»
«Non ne ho la minima idea.»
«Quando l’avete visto per l’ultima volta?»
«Lo stesso giorno in cui ho visto Paul Leblanc.»
Gasq si chinò in avanti ansiosamente.
«L’ho visto quando lasciavo Kurra… quando camminavo per le strade, diretto alle porte cittadine. L’ho visto da lontano, che attraversava una strada.»
Ci volle a Gasq qualche minuto per nascondere il suo disappunto.
«Dove andava?»
«Non ne ho la minima idea.»
«Chi era la donna che è venuta a visitarvi quando si trovava nella moncopoli?»
«La conosco col nome di Ann Cory.»
«Ha altri nomi?»
«Tutti gli agenti della Squadra B hanno varie identità.»
«Dov’è ora Ann Cory?»
«Non lo so.»
«Quanti sono gli agenti della Squadra B?»
«Non ho mai visto il ruolino completo.»
«Siete il Sovrintendente coordinatore di questo pianeta e non sapete quanti agenti lavorano per voi?»
«Lo sapete voi qual è il compito di un sovrintendente coordinatore ERI?» chiese Forzon in modo brusco.
«No.»
«Neanch’io.»
Gasq era caduto nella trappola. Abbandonò l’argomento, il che significava che Rastadt lo aveva accuratamente istruito in merito all’Intendente di Settore Sovrintendenza Culturale Jef Forzon.
«Che cosa facevate nel villaggio dei monchi?»
«Mi nascondevo» disse Forzon. «Mi nascondevo in attesa che la Squadra B escogitasse una qualche maniera di farmi uscire dal Kurr.»
«Perché Ann Cory è venuta a trovarvi?»
«Per dirmi che dovevo rimanere ancora lì.»
Vi furono altre domande. Forzon indicò di buona voglia i pochi agenti che egli conosceva. Sapeva che Rastadt aveva già fornito le stesse informazioni, e comunque tutti gli agenti avevano modificato le loro identità e la loro apparenza, di modo che le loro fotografie di schedario non potessero ormai più servire a Gasq.
Finalmente Gasq fece un cenno alle guardie che vennero avanti, slegarono Forzon e questi si rimise in piedi.
«Le vostre risposte non sono esaurienti» annunciò Gasq. «Fra i servitori più fedeli del re ve ne sono alcuni specializzati nel convincere i prigionieri a dire la verità. Ve li faremo conoscere la prossima volta.»
Mentre Forzon se ne andava, notò in alto, sulla parete, una finestra che dava nella stanza in cui si trovava. Seduta alla finestra si vedeva una figura tondeggiante avvolta in ampie vesti: Re Rovva. Per un attimo i loro sguardi s’incrociarono e Forzon sostenne coraggiosamente lo sguardo del re.
Poi le guardie rifecero l’inchino e portarono via Forzon.