Un commerciante magro, che discuteva con un cliente, alzò gli occhi distrattamente al passaggio del carro. Che fosse Joe Sornel, l’ex mescitore? Forzon voltò prontamente gli occhi. Un robusto pedone guardò fisso Forzon per un attimo, poi si mosse, allontanandosi a lunghi passi, sparendo a una svolta. Hance Ultman? Forzon cercò di nascondersi il volto nell’ampio mantello che celava le mani e i piedi legati.
E non accadeva nulla. Penetrarono quasi sino al cuore della città, avanzando lentamente a sobbalzi, con uno staffiere a fianco dell’esg che stringeva l’orecchio dell’animale per rallentarne ancor più il passo. Forzon intravide un cittadino che entrava in una casa. Somigliava a Leblanc. In quest’epoca turbata Leblanc non avrebbe dovuto per nulla somigliare a Leblanc, eppure quell’uomo gli somigliava. Un vecchio tutto curvo si trascinò fin nel mezzo della strada, proprio davanti a loro e si ritrovò stupito sotto il muso dell’esg. Spaventato si tolse di mezzo. Forse Sev Rawner, senza la cataratta? E quella donna che si sporgeva da una finestra alta per chiamare qualcuno dirimpetto… non aveva forse il nasino voltato in su di Ann Cory?
Vedeva Squadra B dappertutto.
Voltarono nello stretto vicolo che molto più avanti sfociava sulla grande piazza prospiciente il castello. Lo staffiere che stringeva l’orecchio dell’esg era stato troppo zelante. Erano rimasti indietro, rispetto al carro di testa, e improvvisamente sbucò da un cortile, proprio di fronte a loro, un altro carro che sbarrò la strada. Uno degli staffieri si lanciò in avanti urlando come un pazzo e il carro di Forzon si fermò bruscamente.
Forzon girò su se stesso, si spinse con i piedi e rotolò giù dal carro.
Cadde su uno degli staffieri che gli si avvinse spaventato. Gli altri arrivarono correndo, fu gridato un ordine, la strada ribollì di ruff venuti da tutte le direzioni. Gli staffieri continuavano a stringere Forzon in una specie di abbraccio, come se la loro vita dipendesse dal non lasciarlo scappare. Probabilmente era così. I ruff cominciarono a spingere di qua e di là. Il carro inopportuno cercò di indietreggiare, ma il vicolo era bloccato dietro di esso dal traffico pedonale. I ruff ordinavano al conducente di andare indietro, poi di andare avanti. Egli alzò le mani, smarrito, e i ruff lo afferrarono e lo spinsero fuori dei piedi.
Forzon fu rudemente gettato sul carro e due staffieri si sedettero su di lui. Poté distendere i nervi e respirare liberamente per la prima volta da quando era cominciato quel calvario: la Squadra B non si era fatta viva e la trappola del re aveva fatto fiasco. Il carro finalmente riprese a muoversi, ma Forzon fu immobilizzato sul fondo finché non ebbero attraversato la piazza e il portale d’accesso al cortile del castello non si richiuse con un tonfo sordo alle loro spalle. Nel cortile, dove in precedenza si trovavano poche guardie annoiate, c’erano ora dei soldati inquadrati e vigili.
Portarono Forzon direttamente da Gasq. Il re era sempre seduto vicino alla lunetta e pareva invecchiato dall’ultima volta che Forzon lo aveva visto. Anche Gasq. Non lasciò a Forzon il tempo di fargli un inchino e lo aggredì subito: «Perché siete caduto dal carro?»
Forzon alzò le spalle: «Avevo fatto tutta quella strada, in parte nel carro chiuso e soffocante, e poi… non ho mangiato nulla sin dall’altro ieri. Mi è venuto il capogiro. Sarò svenuto.»
Il re, pensò Forzon, era un individuo più complesso di quanto lui e la Squadra B se l’erano figurato. Il fallimento di un piano così accuratamente elaborato avrebbe dovuto suscitare in lui la stessa ira che l’aveva spinto a colpire ciecamente Tor. Invece no. La sua reazione pareva calma e ponderata: il piano era fallito, ne avrebbe escogitato un altro.
«Avete visto nessuno della Squadra B?» chiese Gasq.
«Mi è sembrato di sì» Forzon rispose guardando il re.
«Vi è sembrato…»
Forzon sorrise. «Capite, io non so che aspetto abbiano i membri della Squadra B.»
Gasq farfugliò incredulo: «Non sapete…»
«So che aspetto avevano l’ultima volta che mi sono trovato a Kurra, ma l’avranno cambiato. Sono molto abili, in questo.»
«Ma vi è sembrato di vederne alcuni?»
«Ho visto due uomini che somigliavano a due agenti della Squadra B che ho conosciuto; ma è quasi sicuramente una coincidenza. Nelle mie condizioni forse non ho visto bene. Ripeto, da avant’ieri non ho mangiato niente. Comunque, se i pochi membri della Squadra B che io conosco non hanno ancora cambiato aspetto, lo faranno ora. Portandomi in giro per le strade di Kurra avete fatto sapere alla Squadra B che io sono prigioniero. Chiunque abbia avuto contatto con me cambierà identità. Tutti i luoghi d’incontro dove io sono stato saranno abbandonati. È stato un grave errore portarmi in giro per la città a quel modo. Ora non vi servo più a niente.»
Lo sbaglio, se tale era, risaliva evidentemente a Gasq, e Forzon sapeva quale destino fosse riservato ai ministri del re che commettevano uno sbaglio. Gasq impallidì e ringhiò: «Vi convincerò a essere utile.»
Mentre faceva cenno alle guardie di avanzare, la voce del re tuonò nella sala, confusamente ampliata dalla stanza che gli stava dietro. «Perché quell’uomo non ha mangiato nulla sin dall’altro ieri?»
Gasq parve fulminato. Non tentò neppure di rispondere.
«Portate da mangiare» ordinò il re.
Accorsero frettolosamente dei servi, che disposero e apparecchiarono un tavolo per Forzon. Seguì un lungo intervallo di attesa. L’ordine del re aveva colto di sorpresa la cucina. Il re abbandonò la sua vedetta e quando finalmente i servi portarono la colazione egli li seguì nella sala e rimase in piedi vicino al tavolo mentre ogni servo s’inchinava e gli porgeva il vassoio da esaminare.
«Sedete e mangiate» disse il re a Forzon.
Forzon si inchinò per ringraziare e sedette. Il re con un gesto esiliò Gasq all’altra estremità della stanza, e si sedette pacatamente di fronte a Forzon. Forzon, molto in soggezione, assaggiò una fetta di pane, si accorse di avere realmente fame, e cominciò a mangiare. Sfilarono davanti a lui altri vassoi. Ben presto gli elementi di un vero e proprio festino ricoprirono il suo tavolo. Il re non parlò finché Forzon non ebbe soddisfatto il suo appetito.
Poi disse piano, con un’aria da cospiratore: «Avete detto che volevate andarvene dal Kurr.»
«Se voi foste nella mia situazione, non vorreste andarvene dal Kurr?»
«Potete andarvene» disse il re «purché vi portiate via la Squadra B.»
«La Squadra B è sparsa in tutto il Kurr» disse Forzon. «Non saprei da dove cominciare per entrare in contatto con essa.»
«E lo potreste, se foste libero?»
«No. Ma se fossi veramente libero, forse la Squadra B si metterebbe in contatto con me.»
«E allora… ve ne andreste con la Squadra B?»
Forzon esitò, temendo che una bugia non venisse creduta e che la verità potesse distruggere il piccolo vantaggio che egli aveva appena ottenuto. «Sto chiedendomi se la Squadra B ubbidirebbe al mio ordine di andarsene» disse quando il re cominciò a mostrare segni di impazienza. «La Squadra B ha giurato di compiere la sua missione in Kurr. Sapete qual è?»
Il re non rispose.
«È difficile spiegarvelo in modo convincente» continuò Forzon «ma se Vostra Maestà volesse fare una certa cosa, credo lo capirebbe meglio.»
«Quale cosa?»
«Passare alcuni giorni nelle vostre segrete. Da carcerato.»
Lo scatto di rabbia che Forzon quasi si aspettava non venne. Il re, evidentemente, considerava l’intendente Jef Forzon come un enigma da risolvere più che come un prigioniero da castigare. Inclinò il capo di lato e considerò Forzon con un’espressione di grande perplessità.