Improvvisamente Ann lo afferrò per il braccio: «Guardate dall’altra parte!»
Camminarono rapidamente lungo l’edificio, sino al primo incrocio e voltarono l’angolo.
«Che cosa c’è?» disse lui.
«Non avete notato? Le strade sono piene di ruff. Uno di essi vi guardava con molta insistenza.»
«Ho fatto qualche gesto sbagliato?»
«Avete lasciato scivolare sul collo il cappuccio. Quell’uomo ricorda forse il vostro viso dai ritratti che sono stati distribuiti a tutti.»
«Capisco. Allora è meglio che non mi faccia vedere. Andate da sola.»
«Paul mi scannerebbe se vi piantassi in asso. Comunque c’è un problema urgente: perché la strada in cui c’è la casa dei trombettieri è piena di ruff?»
Voltarono e si fecero strada lentamente fino all’arteria principale, guardando di soppiatto l’edificio mentre si spingevano fra la folla. Un carro era parcheggiato lì davanti, e il suo esg scalpitava con impazienza. Mentre raggiungevano il lato opposto della strada, quattro uomini emersero dall’edificio con un involto di cenci che gettarono nel carro. Dietro di loro due altri uomini armeggiavano con un altro sacco. L’involto era pesante. I quattro primi avevano portato il loro senza fatica, ma i due che venivano dopo barcollavano sotto il peso del fardello, e i loro compagni accorsero ad aiutarli.
Forzon e Ann si fermarono a breve distanza e si guardarono in faccia ammutoliti. «Che sarà?» disse Forzon.
«Non lo so.»
«La sagoma di quegli involti è molto suggestiva, e anche il loro peso. Anche voi sospettate ciò che sospetto io?»
«Sì. I poliziotti hanno invaso questa sede. Portano via i trombettieri uno per volta, nascosti in un sacco di stracci.»
Forzon la prese per il braccio e tornarono correndo sino all’incrocio.
«In due non li possiamo fermare» protestò lei. «Ma dobbiamo avvisare Paul… cercare aiuto…»
«Non sappiamo neppure dov’è. Venite!»
Arrivati all’angolo esitarono. Un secondo carro si era fermato rumorosamente dietro il primo e attendeva; dei ruff arrivavano barcollando con un altro sacco, e Forzon, guardandolo attentamente ebbe l’impressione che si muovesse. La folla dei pedoni non vi badava. I carri che caricavano e scaricavano erano uno spettacolo normale nelle vie di Kurra.
Forzon fermò un giovane, gli mostrò il carro col dito e gli gridò nell’orecchio: «Stanno portando via i trombettieri!»
Il giovane si voltò di botto e lo guardò incredulo. I poliziotti scaricarono il loro sacco, l’esg diede uno strappo e il carro si mosse.
Forzon fermò un altro passante: «Portano via i trombettieri!» gridò. «Lì, in quel carro! Portano via i trombettieri!»
«Trombettieri!» gridò il giovane.
«Trombettieri!» gridò Forzon. «Nel carro… trombettieri!»
La parola trombettieri, così come lo strumento, era estranea al Kurr. Forzon aveva adoperato quella, senza pensarci, nel villaggio dei monchi, invece di coniare un’espressione indigena. Gli uomini di Tor l’avevano portata con loro a Kurra e i Kurriani l’avevano adottata insieme alla musica.
A quest’ora era diventata una parola magica. Fermò tutti quelli che la udirono. Trombettieri? Dove? La folla si addensò alle spalle di Forzon e invase la strada. I passanti che dovettero superare il crocchio udirono la parola trombettieri e si fermarono. Quando il pigro esg giunse all’angolo fu costretto a fermarsi perché una fitta barricata di pedoni gli sbarrava il passaggio. La parola volò su tutta la strada creando altri ingorghi di traffico e in un attimo tutta la strada fu bloccata.
Nello strano silenzio che seguì Forzon gridò con quanto fiato aveva in gola: «Portano via i trombettieri! Sono in quei carri, nascosti nei sacchi. Il re fa portar via i trombettieri!»
«Il re fa portar via i trombettieri!» gridò Ann.
Forzon stava per ricominciare: «I trombettieri…» quando un panno gli volò sulla testa incappucciandolo saldamente. Delle mani robuste gli afferrarono braccia e gambe e fu alzato malgrado si difendesse e urlasse sotto il panno che lo accecava, e fu portato via. Un attimo dopo, strettamente legato, fu gettato in un carro. Il carro si mosse, lo scricchiolio gli nascose gli urli che si alzavano dietro di lui. Non sapeva se avevano preso anche Ann, se ne accorse più tardi dopo che i cancelli del palazzo si chiusero dietro di loro e che gli tolsero il panno che gli avvolgeva la testa.
«L’ho fatta grossa» disse accorato.
«Zitto! Bisognava farlo.»
«Non avrei dovuto trascinarvi in questa faccenda. Dovevo intuire che i ruff avrebbero tentato di scoprire gli agitatori.»
Una guardia urlò un ordine ed essi tacquero e attesero.
Il cortile era gremito di guardie, chiamate ovviamente per prendere in consegna il numeroso carico di trombettieri, e che perciò parvero indecise sul da farsi trovandosi invece di fronte a due cittadini dall’aspetto innocuo. Un ufficiale andò a informarsi, poi tornò per chiedere al conducente del carro di quali offese erano sospettati Ann e Forzon.
Alla fine furono spinti lungo i corridoi del castello, illuminati dalle torce, e su per le rampe scoscese sino alla sala delle udienze. Forzon aveva la triste sensazione di non esserne mai uscito. Le guardie meravigliate lo riconobbero. Furono condotti attraverso la lunga sala sino al podio del trono sul quale sedevano due uomini. Uno di essi, Gasq, lanciò a Forzon un’occhiata trionfante. L’altro era Wheeler.
«Stupido!» gli disse quest’ultimo in galattico. «Dovevi avere il giudizio di star lontano dalle strade. Ora non mi servi più a nulla. Non so che farmene di te. Proprio nulla. In quanto a te…» Il suo cipiglio scomparve. «Sei Ann, vero? £ un piacere inaspettato. Non contavo che tu adornassi il mio reame.»
«Non contarci neanche adesso» ribatté la ragazza.
«Ma sì, invece» disse con compiacimento. «Non cercherò neppure di salvare Forzon. Re Rovva è arrabbiato, oltre ad essere morto di paura, e bisogna ingraziarselo. Che si prenda Forzon. Voi no. Sareste sprecata.» Gasq cominciava a brontolare, lamentandosi che non capiva e Wheeler tornò a conversare in Kurriano. «Non abbiamo segreti per voi, caro amico Gasq» protestò Wheeler. «È solo che ci viene più facile parlare nella nostra lingua. Vi ricordate il Sovrintendente Forzon, non è vero? Ha voluto giocare per le strade e ficcare il naso in cose che non lo riguardavano, e così lo abbiamo ripreso. La donna invece è una innocente viandante, ne sono certo. Daremo un cicchetto ai soldati che l’hanno portata qui. Be’… no, ripensandoci. Non la voglio lasciare andare, almeno per ora.» Rise. «Le troverò qualche impiego. Che c’è adesso?»
Gasq era balzato in piedi e correva alla finestra. «Sono tornati!» ansò.
Wheeler lo raggiunse. Stette a guardare fuori per un attimo, poi alzò le spalle e disse allegramente: «Hanno la memoria più corta di quanto immaginavo.»
Forzon fece un cenno ad Ann ed entrambi si avvicinarono a una finestra. Le guardie non dissero nulla. Li seguirono e guardarono anch’essi incuriositi.
Oltre la piazza le strade erano nere di gente e Forzon capì che le rivoluzioni erano di molti tipi: quelle che esplodono, e quelle che salgono lentamente, come un’onda di marea… Questa fluiva con la lenta ostinazione della marea ascendente… L’avanzare di quella fiumana era così costante che la gente non pareva muoversi.
Era una rivoluzione. Quella di prima era stata solo un assembramento fortuito che per caso si era tramutato in sommossa. Ma la folla di adesso, invece, insorgeva con decisione. Le strade e i vicoli gremiti sfornavano nella piazza del castello masse compatte di Kùrriani e rimanevano sempre gremite. La marea avanzava costantemente e nessuno dubitava che la sua ineluttabile spinta potesse arrestarsi prima di aver raggiunto la marea di acqua alta, fosse questa situata sul tetto del palazzo o su un punto oltre la luna di Kurr. Quando la folla fu più vicina si videro delle correnti in movimento, all’interno della sua massa, che si traducevano in coraggiose punte esplorative e, subito dietro, il resto della folla scattava per raggiungerle. Il silenzio che aveva tanto sorpreso Forzon quando guardava la folla di là dalla piazza, ora, con la folla che avanzava nella sua direzione, pareva carico di minaccia. Le donne erano meno numerose della prima volta e, cosa ancor più grave, nessun bambino era venuto a curiosare.