«Ma che cosa vogliono?»
Re Rovva era entrato senza essere notato. Diede un’occhiata alla piazza e indietreggiò. Terrore? Rabbia? Forzon non l’avrebbe potuto dire. Le guardie, Gasq, Wheeler fecero il loro inchino di prammatica e il re gridò nuovamente: «Che cosa vogliono?»
Come per dargli una risposta, qualcuno nella folla lanciò un urlo:
«Trombettieri!» Altri seguirono e presto tutta la piazza echeggiò fragorosamente di quel grido. Non era un urlo, era un ringhio.
«Dove sono i trombettieri?» chiese il re.
Gasq fece un cenno a una guardia che si precipitò. Tornò e fece un gesto negativo.
«Liberateli!» ordinò il re.
«Non sono qui!» protestò Gasq debolmente.
«Non dovevate portarli qui?»
«Sì…»
«Dove sono?»
Nessuno lo sapeva. Il rapimento dei trombettieri, così accuratamente architettato, si era arenato da qualche parte lungo le vie di Kurra. Forzon guardò di soppiatto Ann che trattenne un sorriso. Il diffondersi delle voci aveva fatto sì che il tentativo di rapimento apparisse come un fatto compiuto e i cittadini avevano subito marciato sul castello per obbligare il re a rilasciare i suonatori di tromba… che invece non c’erano.
Il re si voltò con gesto d’accusa verso Wheeler: «Mi avevate detto che non sarebbero tornati!»
Wheeler alzò le spalle. «Questo non l’ho detto. Ho detto che sarebbero tornati se voi non prendevate serie misure contro quegli stupidi trombettieri. Ovviamente i vostri servi hanno sbagliato il lavoro ed eccone il risultato. Calmatevi. Provvedo io. E la prossima volta che vorrete un lavoro ben fatto, chiedetelo prima a me.»
Uscì dalla sala. La folla continuava a ringhiare: Trombettieri!
Ann afferrò il braccio di Forzon. Proprio sotto di loro, un uomo veniva alzato a spalla dai dimostranti.
Rastadt.
Si era procurato nel frattempo una lunga gonna kurriana che indossava sopra la veste. Il colletto slegato svolazzava liberamente ed egli alzava i suoi miseri moncherini in segno di sfida. Probabilmente gridava qualcosa ma il rabbioso coro copriva la sua voce.
Ann toccò ancora col gomito Forzon. Il re aveva visto Rastadt. Indietreggiò come uno che si trovi improvvisamente di fronte all’angelo vendicatore e finì per rifugiarsi in una poltrona, sopra il podio.
Per la prima volta si avvide della presenza di Forzon. «Venite qui» gli gridò. Pareva più una preghiera che un ordine. Forzon si avvicinò, seguito dalle guardie, e fece l’inchino rituale. «Siete voi che avete dato loro le trombe. Perché?»
«Era solo una distrazione innocua. Eccellenza» disse Forzon. «Gli abitanti dei villaggi dei monchi ne avevano un gran bisogno.»
«Innocua!» gracchiò il re. Indicò le finestre. «Potete mandarli via?»
«No, Eccellenza. Vogliono i trombettieri.»
«Non sono qui!»
«Avete architettato di farli portare qui» disse Forzon arditamente. «Agli occhi del popolo la vostra colpa non è minore, anche se l’impresa è fallita.»
«Il Grande Uccello li disperderà» mormorò il re. Congedò Forzon con un gesto. Forzon si inchinò un’altra volta e raggiunse Ann.
«Wheeler è andato a trasmettere un S.O.S. chiedendo l’aereo.»
«Lo so.»
Continuarono a guardare e ad aspettare, chinandosi più in basso che potevano per scrutare il cielo in cerca dell’aereo.
Wheeler tornò. Il re balzò in piedi e gli urlò in faccia:
«Quando arriverà?»
«Ci sarà un po’ di ritardo,» rispose Wheeler.
«Di ritardo?»
«Calma» disse Wheeler con un sorriso. «La situazione è sotto controllo. Io sono qui. Ma ciò che non riesco a capire» continuò «è perché non abbiano paura. Due giorni fa il Grande Uccello li ha spaventati a morte. Dimmi, Forzon. Tu pretendi di conoscere il popolo di Kurr. Perché non hanno paura? Non si rendono conto che una dimostrazione come questa può far tornare l’Uccello?»
Il re intervenne vivamente: «Sì, sì… Perché non hanno paura?»
Forzon rispose, con un mezzo inchino: «Sono passati due giorni, Eccellenza. La gente ha avuto il tempo di riflettere e avrà pensato che l’Uccello del Male, pur sembrando terrificante, in effetti non aveva causato alcun danno. Ci sono stati dei cittadini feriti, alcuni sono stati uccisi, ma non per opera dell’Uccello. Gli uccelli del Kurr non molestano la gente, perché questo dovrebbe farlo?»
Continuò pensoso: «Mi sono chiesto perché lo hanno chiamato Uccello del Male. Sanno certamente che è del re, e tuttavia… Dal re non dovrebbe venire una cosa che è male. Per questo, forse, sono così arrabbiati, e se l’uccello torna un’altra volta, si arrabbieranno ancora di più.»
«Ancora… di più?» mormorò il re.
Wheeler rise. «Se fosse vero, del che io dubito, non avete motivo di preoccuparvi. L’uccello non verrà.»
«Non… verrà?»
«Quel cretino del pilota è andato alla base la notte scorsa per fare il pieno. Sta tornando, ma non sarà qui prima di un paio d’ore, troppo tardi per poterci servire. Forse è meglio così. Se hai ragione, dicendo che il popolo crede che l’uccello non gli farà alcun male, è ora che si persuada che qualcos’altro glielo può fare.»
Sfoderò un paio di pistole paralizzanti e le rimise in tasca.
«Vado ai cancelli del palazzo e faccio fermare subito questa assurdità.»
Si voltò per allontanarsi.
«Aspettate!» urlò il re.
Era dimagrito negli ultimi giorni. Le guance gli si erano afflosciate, il viso era flaccido e grinzoso. Aveva perduto il suo contegno e con esso la dignità. Balzò in piedi, con gli occhi infossati e sbarrati. «Voi…» disse puntando il dito nella direzione di Wheeler. «Siete voi che avete fatto venire l’Uccello che il mio popolo chiama ora il male del re.»
«E con quello ho salvato il vostro testone» disse Wheeler amabilmente.
«Mi avevate detto che i trombettieri si potevano arrestare nascostamente. Avete architettato voi quel piano! Avevate detto che bisognava imprigionarli.»
«E bisogna imprigionarli. Le trombe stimolano… Come hai detto, Forzon?… Gli istinti marziali del popolo. Bisogna eliminarli e vi saremmo riusciti se i vostri uomini non avessero pasticciato ogni cosa. La prossima volta me ne occuperò personalmente. E ora…»
L’ampio gesto del re abbracciò l’insurrezione montante, nella sottostante piazza: «Siete stato voi!» Lanciò un ordine.
Le guardie circondarono Wheeler.
Questi cercò di afferrare le sue pistole mentre lo acciuffavano, ma non riuscì a toglierle dalla fondina. Forzon fece un passo avanti, ma una decina di guardie gli impedirono di muoversi. Ann voltò il viso dall’altra parte.
Wheeler si divincolava. A dispetto di tutto, quell’uomo aveva coraggio. Si dimenò, mentre gli toglievano di dosso gli abiti, si trascinò disperatamente indietro, scalpitò, si difese col braccio destro mentre gli tenevano fermo il braccio sinistro. Non disse parola neppure quando balenò la sciabola. Poi il dolore lo rese pazzo e gridò loro delle oscenità, dando calci e colpendo il dottore che cercava di medicare il moncherino. Finalmente riuscirono a domarlo e lo portarono via. Delle guardie dal volto pallido pulirono in terra e scapparono.