Выбрать главу

Il clamore della folla si era fatto molto più forte e il fronte della massa premeva sui cancelli per sfondarli. Il re si era accasciato sul suo trono e rimaneva immerso nei suoi pensieri.

«Forzon, c’è un modo qualsiasi per fermarli?» gli chiese.

Forzon non si era reso conto di come fosse scosso, finché non tentò di parlare. Balbettò: «Non… ne vedo neanche uno.»

«Che cosa debbo fare?»

«Gli ultimi consigli che Vostra Maestà ha ricevuto non vi sono stati proficui» disse Forzon. «Vostra Maestà dovrebbe prendere questa decisione da sola.»

Il re si alzò e scese dal trono avvicinandosi a Forzon.

«Sto proprio diventando vecchio» disse piano. «Occorre un nemico per ricordarmi che io sono il re. Siete una strana persona. È difficile credere che voi e Blag siate della stessa razza. La differenza consiste nel fatto che voi non volete nulla per voi stesso. Al servizio di chi siete?»

«Del vostro popolo, Eccellenza.»

«E non potreste servire… anche me?»

«Solo nella misura in cui appartenete al vostro popolo, Eccellenza.»

«Io appartengo… al mio popolo» disse il re, pensoso. «E ciò che è utile al mio popolo è utile anche a me. Dobbiamo parlare ancora. Gasq.»

Gasq si precipitò.

«Io me ne vado. Subito.» Fece un gesto verso Forzon e Ann. «Portate anche loro. Fate presto. Parlerò ora al Capitano della Guardia. Appena saremo fuori, si apriranno i cancelli affinché il popolo si persuada che qui i trombettieri non ci sono.»

Uscì dalla sala.

Forzon disse sbigottito: «Perché se l’è presa con Wheeler e non con me?»

«Lo avete sentito» disse Ann. «Voi non chiedete nulla per voi. E non avete fatto l’errore di suggerirgli ciò che doveva fare.»

I carri reali erano squisiti esempi di ebanisteria; ma sobbalzavano con la stessa brutalità e scricchiolavano con lo stesso frastuono dei carri che adoperava Ultman per trasportare i tuberi. La carovana uscì da una porta posteriore del palazzo, ogni carro trainato da tre esg in fila; con meraviglia di Forzon, le pesanti bestie presero il trotto sin dall’inizio. File di soldati marciavano parte per parte. La gente che assistette alla loro partenza li guardò con indifferenza; era troppo distante per sapere ciò che accadeva sulla piazza davanti al castello, e nessuno si rese conto che il re fuggiva.

I carri passarono veloci per le vie deserte, varcarono una delle porte cittadine dove le guardie si accucciarono sull’attenti, e proseguirono per una strada a fondo naturale sollevando nubi di polvere. Secondo Ann, si dirigevano verso i possedimenti reali dove il re aveva la sua residenza di campagna e manteneva un’importante guarnigione. Vi aveva già spedito la regina e i giovani figli dopo la prima insurrezione.

Gli esg non mantennero quell’andatura molto a lungo; ripresero il loro normale passo pesante e i carri procedettero con lentezza attraverso le campagne del Kurr. A mezzogiorno raggiunsero un villaggio all’incrocio di due strade. Il re passava spesso da quelle parti e i contadini che avevano visto arrivare il corteo del re si erano già schierati per porgergli il benvenuto. Cibo e bevande furono offerti ai passeggeri rimasti nei carri, mentre la truppa accaldata si dirigeva sul villaggio per acquistare, con monetine sonanti, il vino di produzione locale. Il re fece chiamare Gasq vicino al suo carro e conversarono mentre il resto della carovana si faceva un comodo picnic.

Il tempo trascorreva. Lunghe file di soldati polverosi giungevano da sud lungo la via, sparpagliandosi dappertutto in attesa di ordini. Un altro contingente, più piccolo, arrivò a marce forzate dall’ovest.

«Ha inviato corrieri veloci dappertutto» commentò Ann. «Entro domani avrà raddoppiato le sue forze militari, e se gli lasciano tempo un settimana, queste raddoppieranno ulteriormente.»

Quando il re diede infine il segnale della partenza, la carovana si allontanò, ma di poco, nella campagna ondulata a sud del villaggio. Arrivati sulla cresta di una collina, il re fece schierare le sue truppe in posizione. Non era un ordine di battaglia ma una formazione di attesa, all’ombra dei radi boschetti. Dopo un po’ arrivarono i carri dal sud con le provviste e mentre le truppe si rifocillavano il re andò da un gruppo all’altro impartendo ordini.

Durante il viaggio sotto il sole cocente egli si era tolto le vesti regali. Camminava con passo energico, nella sua voce risuonava un accento di ritrovata autorità, e aveva gli occhi vivi e svegli.

Tuttavia, pareva triste. In ultimo si avvicinò al carro dove sedevano Ann e Forzon circondati dalle guardie. Forzon disse: «Credete che il popolo vi inseguirà?»

«Ci insegue già» disse il re. «Sarà qui tra poco. La mia gente…» Guardò impassibile l’orizzonte. «Avevo inviato dei messaggeri per avvisarli che i trombettieri non si trovano qui, che sono liberi a Kurra o, se non lo sono, li troveranno ed avranno la facoltà di suonare liberamente. Ciononostante, ci inseguono ancora. Temo seriamente che prima di perdonarli dovrò sconfiggerli in battaglia.»

Si allontanò.

Forzon disse: «Non sarà una gran battaglia. Le sue truppe sono ben armate, ben riposate e combatteranno sul terreno scelto da lui. Questa collina è troppo ripida per essere assalita da cittadini disarmati e accaldati dopo una lunga marcia. Credo che il re avrà occasione di esercitare la sua indulgenza.»

Ann non disse nulla e Forzon tenne per sé l’idea che, dopo questo scontro campale, Re Rovva sarebbe stato un uomo migliore e un re migliore.

Udirono la folla inseguitrice prima ancora di vederla. La udirono come un lontano, confuso ansimare che di tanto in tanto eruttava una parola: Trombettieri! Quando superò la cresta della collina dirimpetto, il re gridò un ordine alle sue truppe che si schierarono in ordine di battaglia.

«Guardate!» mormorò Ann. «Rastadt!»

Sempre portato a spalla, videro per un attimo la sagoma del coordinatore stagliarsi contro il cielo, poi la folla cominciò a fluire, si rovesciò dalla collina verso la valle. Avanzava con la stessa lenta determinazione con la quale aveva attraversato la piazza del castello. Riempì tutta la valle. L’avanguardia, con Rastadt in prima fila, cominciò a risalire la ripida china verso lo schieramento delle truppe del re, sempre avanzando con misurata, calma lentezza, sempre come l’onda della marea montante. Dietro l’avanguardia, la folla continuava a fluire di là dalla collina e scendeva a valle. Anche se la preda era stata avvistata, non vi fu alcun grido. Era una folla esausta, silenziosa, che continuava ad arrivare, muta fiumana di migliaia di persone.

“E se continua ad affluire in quella maniera” pensò Forzon, “può anche vincere. Non c’è schieramento di truppe che possa fermare una marea montante che ha dietro di sé l’oceano.” Più vicino, sempre più vicino giungeva la folla, e Forzon e Ann scrutavano attenti i volti che avanzavano, cercandovi i membri della Squadra B che non potevano mancare di esservi, e attendendo col fiato sospeso l’urto della battaglia.

Tutto si fermò.

I visi si voltarono verso il cielo, rauche grida si levarono dalle due parti e un aereo scese in picchiata, rimbalzò e si fermò a pochi passi dal punto dove stava il re.

Wheeler ne uscì, pallido come uno spettro, col moncone del braccio sinistro avvolto in panni insanguinati. Andò vacillando verso il re e mentre le guardie balzavano in avanti per fermarlo, si sforzò a star dritto ed eseguì un inchino. Il re d’un cenno fermò le guardie.

Wheeler fece un gesto con la destra per indicare qualcosa. La sua voce perveniva chiaramente fino a loro; offriva al re di disperdere la folla.

Il re gli rise in faccia.