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Per la durata di un istante pieno di grandiosità, la figura tarchiata di Re Rovva, eretto, con le spalle dritte, ebbe un’aura di maestosità.

«Il mio popolo deve rispondere a me» disse «ed io a lui.»

L’attimo dopo era morto. Con la mano destra Wheeler brandì un’arma, si vide un lampo ma non si udì alcun rumore, e il re si accasciò. Wheeler, col viso profondamente segnato dall’odio, si voltò verso Gasq e il piccolo gruppo dei consiglieri, impietriti dal terrore. Le guardie, i soldati, la gente si stringeva sul pendio della collina e sembrava colta da paralisi.

Ann tirò Forzon per il braccio. La porta del carro scricchiolò leggermente quando l’aprirono, ma nessuno vi badò. Passarono senza difficoltà davanti alle guardie, attraversarono lo schieramento delle truppe e discesero la collina. Una figura nota venne loro incontro. Hance Ultman. Sorrise, strinse le loro mani, li spinse in mezzo alla folla.

«Inchinatevi al vostro re!» urlò Wheeler.

I ministri tremanti s’inchinarono.

Wheeler si voltò con grida acute verso i soldati più vicini: «Inchinatevi al vostro re! Inchinatevi a re Blag!»

I soldati s’inchinarono.

«È pazzo!» disse Ann.

«Che cosa gli è successo?» chiese Ultman.

Ann glielo disse, e aggiunse: «Aveva una stazione radio, dentro il castello. Dopo aver perso il braccio deve essersi messo in contatto con l’aereo che lo è venuto a prendere per portarlo qui, calcolando il momento esatto in cui il re avrebbe avuto più bisogno di lui… e il re, invece, non ha voluto aver niente da spartire con lui.»

«Pazzo» convenne Ultman. «E pericoloso.»

Wheeler aveva fatto un passo avanti, superando i soldati chini e riverenti, e si era portato sulla cresta della collina, a guardare la folla.

«Tornate a casa!» urlò improvvisamente: «Il vostro re ve lo ordina. Tornate a casa!»

Trascorse qualche istante di trepida attesa, mentre egli fulminava con lo sguardo la folla silenziosa, immobile. Di botto si voltò, disse qualcosa a Gasq e risalì sull’aereo. L’aereo si alzò, planò sulla valle, descrisse larghi cerchi, poi scese in picchiata.

La folla rimase immobile; tutti i visi erano rivolti, fissi, al cielo.

L’aereo descrisse un altro cerchio, scendendo così in basso che la gente l’avrebbe potuto toccare alzando una mano. Wheeler si chinò dal finestrino.

«La pistola paralizzante» ansò Ann.

L’aereo attraversò la valle planando lentamente, e nella sua scia la gente cadeva come il grano falciato. Tornò indietro e scavò un altro solco nella folla, poi un altro ancora.

Con un risolino interiore, Ultman si staccò dalla massa e si inginocchiò puntando la propria pistola sull’aereo che si avvicinava. Wheeler intento a scavare sotto di sé altri solchi non lo vide affatto. Ultman premette il grilletto. La falciata cessò improvvisamente. L’aereo accelerò, filando dritto davanti a sé e sfiorando quasi la cima della collina mentre i soldati del re scappavano come pazzi per togliersi di mezzo. A tutta velocità si tuffò nella valle adiacente e scomparve. Udirono una specie di tuono lontano, videro alzarsi uno stretto pennacchio di fumo.

Quando la folla inebetita dallo stupore ebbe finalmente il coraggio di muoversi, la collina era deserta. I soldati del re erano in fuga. Ann e Forzon andarono a vedere l’aereo caduto e Leblanc li trovò che tentavano di estrarre i due corpi dai rottami. C’era Wheeler e un pilota della base. Wheeler impugnava ancora la sua pistola.

«Non avrebbero dovuto schiantarsi» disse Leblanc. «Questo tipo di aereo non può fracassarsi, e anche se fosse caduto, il sedile si sarebbe espulso automaticamente. Purtroppo avevano escluso il circuito di sicurezza per poter scendere a bassissima quota onde usare il paralizzatore.»

«Se non altro, Wheeler è morto felice» disse Forzon. «È stato re di Kurr per ben cinque minuti. Come stanno i trombettieri?»

Leblanc annuì. «La folla li aveva liberati, ma si era sparsa la voce che il re li aveva fatti arrestare e naturalmente non volevo guastare le cose portandoli in piazza a dare un concerto mentre l’insurrezione cominciava in quel momento a prendere una piega interessante. Ordinai a Joe di tenerli in disparte.» Ebbe un risolino. «Non me lo perdonerà mai, poveretto. C’era finalmente una vera rivoluzione e lui era chiuso in uno scantinato. Sapete, noi ci preoccupavamo molto di voi. Tor ci aveva detto che una donna e un uomo avevano sobillato la folla gridando che il re faceva arrestare i trombettieri, ma non sapeva che cosa fosse accaduto a quei due.»

«Non ci è accaduto nulla» disse Forzon «ma io non sarò mai più lo stesso uomo.»

Una folla di indigeni si era raccolta silenziosamente intorno all’aereo e poco dopo arrivò anche Rastadt, sempre portato a spalla dai Kurriani entusiasti. Chiese di essere posato a terra e rimase a lungo a contemplare la salma di Wheeler.

«Non desideravo la sua morte» disse alla fine. «Volevo solo vederlo in corte marziale, volevo vederlo contorcersi.»

«Ha sofferto, un poco, come voi» disse Forzon.

Rastadt scosse il capo. «No. Io ho sofferto molto per un’infima colpa. Errore di giudizio… credete che avessi altre colpe oltre questa? Sì, errore di giudizio, e vecchiaia. E l’ho pagato.» Alzò i moncherini. «Ah, sì! l’ho pagato caro.»

«Anche Wheeler l’ha pagato» disse Forzon.

«No. Non abbastanza. La sua pena non gli è stata inflitta poco per volta, giorno per giorno nella scatola nera. Io non volevo la sua morte. Volevo vederlo contorcersi.»

Le lacrime solcarono il suo viso, si voltò e se ne andò barcollante come un cielo. I Kurriani gli corsero appresso, con protettiva premura.

Ann aveva parlato con loro, e disse piano: «Il coordinatore crede di aver fatto tutto lui.»

«Fatto che cosa?» chiese Leblanc.

«Rovesciato il re dal trono e compiuto la missione della Squadra B. È giunto barcollante sulla piazza mentre la gente marciava sul castello. Era debole e semidelirante. L’hanno preso con loro perché non si facesse male, lo hanno portato sulle loro spalle, in testa alla folla, e a poco a poco è diventato il simbolo di tutte quelle cose contro le quali il popolo insorgeva. E lui, guardandosi indietro continuamente, e vedendo tutta quella folla che lo seguiva, si è convinto di guidarla lui, di guidare una rivoluzione. In un certo senso aveva ragione. E ora è persuaso di aver fatto tutto lui.»

«Lasciamoglielo credere, allora» disse Forzon.

Leblanc annuì gravemente. «Andrà in pensione con tutti gli onori. Quando l’Ente per le Relazioni Interplanetarie scriverà la parola fine nella storia di un problema durato quattrocento anni, vi sarà gloria a sufficienza per tutti. E ora…» Sorrise. «È una strana sensazione, quella di non aver nulla da fare! I soldati del re e i ruff saranno radunati e controllati, ci sarà forse da dare una mano ai Kurriani, di tanto in tanto, accertarsi che non tornino a commettere lo sbaglio di darsi a un altro re. Da questo momento il Kurr appartiene al suo popolo. Sono curioso di vedere che cosa saprà farne.»

CAPITOLO XVIII

L’intendente di Settore Jef Forzon, e Ann Cory, Gurnil B-627, si sposarono nella fattoria di Leblanc, sulla penisola, con Tor e i suoi trombettieri per la parte musicale, in presenza di tutti i 207 appartenenti alla Squadra B. Il vice-direttore Smine, dell’Ente per le Relazioni Interplanetarie, arrivò in tempo per la cerimonia e, appena questa fu terminata, prese a parte Forzon e Ann e fece cenno a Leblanc di unirsi a loro.

«Mi spiace dover parlare di lavoro in un’occasione così festosa, Amministratore» disse pomposamente. «Ah!… Sapete che vi abbiamo promosso? Sì, il Comando Supremo ha studiato la vostra relazione e alcuni punti richiedono ulteriori chiarimenti. Mi hanno chiesto di venire a chiederli di persona. Capisco che questo non è il momento più adatto, ma devo essere sul pianeta Purrok fra tre giorni, e se non vi parlo ora…»