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Mi ritrovai nel cortile che conduceva alla foresteria, in uno stato di passività ansiosa. Una strana elettricità crepitava nell’aria. Immaginai che provenisse da qualche installazione difensiva, una specie di raggio destinato a proteggere la città dall’attacco. Ma, un istante dopo, mi accorsi che preannunciava l’arrivo degli invasori.

Improvvisamente le astronavi splendettero in cielo.

Quando le avevo scorte durante la Vigilanza, mi erano parse nere, contro la tenebra infinita. Ma adesso ardevano come soli. Un nastro di globi duri e lucenti come gioielli adornava il cielo: i globi erano disposti uno accanto all’altro, da est a ovest, in una linea ininterrotta che formava un arco immenso; e quando si materializzarono simultaneamente davanti ai miei occhi, mi sembrò di udire il suono di una invisibile sinfonia che annunciasse l’arrivo dei conquistatori della Terra.

Non so a che altezza si tenessero quelle navi, né quante fossero, e neppure quali caratteristiche avesse la loro struttura. So soltanto che, all’improvviso, furono là, massicce e maestose, e che, se fossi stato un Difensore, la mia anima sarebbe venuta meno, a quella vista.

Poi il cielo fu solcato da strisce di luce variopinte: la battaglia era cominciata. Non potevo comprendere la strategia dei nostri combattenti, e tanto meno quella degli esseri venuti per impossessarsi del nostro pianeta ricco di storia, sì, ma indebolito dal tempo. Con mia somma vergogna, mi sentivo non solo fuori dalla mischia, ma al di sopra di questa, come se quanto stava accadendo non mi riguardasse affatto. Avrei voluto Avluela accanto a me, ma lei era nel Palazzo del Principe di Roum. Perfino Gormon mi sarebbe stato di conforto, ora. Gormon il Diverso. Gormon la spia. Gormon, il mostruoso traditore del nostro mondo.

D’un tratto, voci enormemente amplificate tuonarono: — Fate largo al Principe di Roum! Il Principe di Roum guida i Difensori nella lotta per il mondo dei padri!

Dal palazzo emerse, scintillante, un velivolo in forma di lagrima. Nel metallo lucente della cupola era inserita una lastra trasparente perché il popolo vedesse il monarca e si rincuorasse alla sua presenza. Ai comandi sedeva il Principe di Roum, eretto orgogliosamente, i lineamenti aspri e crudeli irrigiditi in un’incrollabile determinazione; e accanto a lui, vestita come un’imperatrice, vidi la figuretta minuta di Avluela, l’Alata. Sembrava in trance.

Il cocchio reale si innalzò verso l’alto e si perse nella foschia.

Mi sembrò allora che un altro velivolo spuntasse all’improvviso, dietro quello del Principe, e che poi quello del Principe riapparisse, e che tutt’e due vorticassero in giri sempre più stretti, impegnati in battaglia. Ora, nubi di scintille azzurre avvolgevano i combattenti; poi entrambi puntarono verso l’alto e scomparvero lontano, dietro le colline di Roum.

La battaglia infuriava forse su tutto il pianeta, ormai. Anche Perris, la sacra Jorslem, e le sonnolente isole dei Continenti Scomparsi erano in pericolo? Le astronavi volavano ovunque? Non potevo saperlo. Vedevo soltanto quello che accadeva in un piccolo lembo del cielo di Roum, e in modo confuso, incerto, impreciso. In momentanei sprazzi di luce, vidi battaglioni di Alati rovesciarsi nel cielo; poi tornò l’oscurità, come se sulla città fosse stato gettato un sudario di velluto. Sentii le grandi macchine difensive tuonare con esplosioni irregolari dalla sommità delle torri; e poi vidi ancora le astronavi intatte, illese, immobili. Il cortile in cui mi trovavo era deserto; ma di lontano giungevano voci piene di paura, tenui come cinguettii d’uccello. Di quando in quando, un rombo scuoteva la città. Una volta, un plotone di Sonnambuli mi passò davanti. Nella piazza di fronte al palazzo vidi un gruppo di Clown che stendeva una specie di rete scintillante, dall’aspetto militare. In un lampo di luce scorsi un trio di Ricordatori che si alzavano da terra su una zattera antigravitazionale, annotando dettagliatamente tutto quanto succedeva. Mi sembrò, ma non ne ero sicuro, che il veicolo del Principe di Roum stesse tornando, incalzato dal suo inseguitore. — Avluela — sussurrai, mentre i due punti di luce scomparivano alla vista. Le astronavi vomitavano già truppe? Forse colossali colonne di energia erano già spuntate da quelle luci orbitanti e toccavano la superficie terrestre? Perché il Principe si era preso Avluela? Dove era Gormon? Che cosa facevano i nostri Difensori? Perché le navi nemiche non erano state annientate?

Come radicato agli antichi ciottoli del cortile, seguii la battaglia cosmica senza capirci niente, per tutta la notte.

Venne l’alba: pennellate di luce pallida cominciarono ad allungarsi da una torre all’altra. Mi stropicciai gli occhi, pensando che dovevo aver dormito in piedi. “Forse potrei far domanda di entrare nella Corporazione dei Sonnambuli” dissi a me stesso. Mi strinsi addosso la sciarpa del Ricordatore, chiedendomi come mai fosse lì sulle mie spalle: poi ricordai.

Guardai in cielo.

Le navi straniere erano scomparse. Vidi soltanto il familiare cielo del mattino, grigio, con qualche tocco roseo. Poi provai una stretta al cuore, e cercai con gli occhi il mio carrello; ma rammentai subito che non dovevo più Vigilare e mi sentii inutile e vuoto, molto più di quanto non ci si senta a quell’ora.

Era finita, la battaglia?

Il nemico era stato sconfitto?

Le navi degli invasori erano state incenerite e giacevano in rovine fumanti, tutt’intorno a Roum?

Tutto era calmo. Non sentivo più le sinfonie celestiali, ma in quella calma innaturale pulsava un nuovo suono, un rombo come di veicoli a ruote che percorressero le strade della città. E i Musici invisibili suonarono un’ultima nota finale, profonda e risonante, che durò a lungo e s’interruppe bruscamente come se tutte le corde si fossero spezzate insieme.

Dagli altoparlanti una voce tranquilla disse: — Roum è caduta. Roum è caduta.

8

La foresteria reale era abbandonata: neutri e Servitori erano fuggiti; Difensori, Padroni e Dominatori dovevano essere periti onorevolmente in combattimento. Anche Basil, il Ricordatore, era scomparso: e, con lui, tutti i suoi confratelli. Me ne andai in camera mia, mi rinfrescai e mi rifocillai: poi, raccolte le mie poche cose, dissi addio a tutto quel lusso che avevo gustato per un tempo tanto breve. Mi spiaceva di non aver potuto visitare minutamente Roum, ma almeno Gormon era stata una guida eccellente e mi aveva mostrato le cose più importanti.

Ora dovevo andarmene.

Non era prudente restare in una città conquistata. La cuffia pensante della mia camera non rispondeva più alle domande, e così non potevo conoscere la gravità della sconfitta; ma era certo che almeno Roum non si trovava più sotto il controllo degli uomini, e desideravo partire al più presto. Presi in considerazione la possibilità di andare a Jorslem, come mi aveva suggerito il Pellegrino; ma poi scelsi una strada che portava a ovest, verso Perris; quella città non solo era più vicina, ma ospitava anche il quartier generale dei Ricordatori. La mia occupazione ormai era distrutta; ma in quel primo mattino della sconfitta della Terra, sentii all’improvviso uno strano impulso che mi spingeva a offrirmi umilmente ai Ricordatori, per cercare con loro tra i resti del nostro passato glorioso.

A mezzogiorno lasciai la foresteria. Per prima cosa andai al palazzo, che era ancora spalancato. I mendicanti giacevano dappertutto, alcuni drogati, altri addormentati, la maggior parte morti. Dai loro corpi straziati, capii che dovevano essersi uccisi a vicenda, presi dal panico e da una furia frenetica. Un Classificatore dall’aria depressa se ne stava accoccolato presso i tre teschi del dispositivo d’interrogazione, nella cappella. Quando entrai, disse: — Inutile, i cervelli non rispondono.

— Che ne è stato del Principe di Roum?

— Morto. Gli invasori hanno abbattuto il suo velivolo.