Выбрать главу

— Mi chiamo Governatore dell’Uomo Sette — disse tranquillamente — e sono Procuratore di Perris, con particolari responsabilità riguardanti la Corporazione dei Ricordatori. Oggi sono qui per confermare quanto decretato dal governo provvisorio d’occupazione. Voi Ricordatori proseguirete in completa libertà i vostri studi. Avrete libero accesso a ogni luogo archeologico di questo pianeta, come pure sugli altri mondi che possano contribuire a fornirvi una sempre maggiore conoscenza del passato della Terra. Ogni documento vi sarà accessibile, eccetto quelli che concernono l’organizzazione militare della conquista. Il Cancelliere Kenishal mi ha informato che, comunque, la conquista esula dal campo delle vostre ricerche, e certo non ci saranno problemi. Noi del governo d’occupazione siamo pienamente coscienti del valore del vostro lavoro. La storia di questo pianeta ha una grande importanza, e noi vogliamo che il vostro lavoro continui.

— Per trasformare la Terra in una migliore attrattiva turistica — disse amaramente al mio fianco il Principe di Roum.

Governatore dell’Uomo Sette proseguì: — Il Cancelliere mi ha pregato di informarvi di un mutamento amministrativo che sarà necessario apportare in seguito allo stato di occupazione militare del pianeta. In passato, ogni vostra controversia interna veniva sottoposta ai tribunali della Corporazione e il Cancelliere Kenishal si riservava il supremo diritto di appello. Nel quadro di un’amministrazione efficiente, ci troviamo ora costretti a imporre la nostra giurisdizione al di sopra di quella della Corporazione. D’ora in avanti, il Cancelliere delegherà a noi tutte le controversie che non riterrà più comprese entro la sua sfera d’autorità.

I Ricordatori restarono a bocca aperta. Al piano inferiore ci furono improvvisi cambiamenti di posti e scambi di occhiate.

— Il Cancelliere si dimette! — balbettò accanto a me un apprendista.

— Quale altra scelta gli rimane, sciocco? — sussurrò con durezza un altro.

La riunione terminò fra una certa confusione. I Ricordatori si riversarono nei corridoi, discutendo e gesticolando fra rimostranze di ogni genere. Un venerabile portatore della sciarpa era così scosso che si accoccolò sul pavimento e prese a formulare la sequenza dell’equilibrio emotivo, senza curarsi della calca. La marea travolse perfino noi apprendisti, spingendoci indietro. Tentai di proteggere il Principe, nel timore che potesse venire gettato a terra e calpestato, ma fummo separati e lo persi di vista per alcuni minuti. Quando lo rividi, stava con il Ricordatore Olmayne. Il viso della donna era eccitato, gli occhi accesi; parlava rapidamente e il Principe la stava a sentire, con la mano che le stringeva il gomito come cercando sostegno.

12

Concluso quel primo periodo orientativo, mi vennero assegnati incarichi banali. Per lo più, dovevo svolgere compiti che in passato sarebbero spettati a una macchina; per esempio, sorvegliare le linee di alimentazione che portavano sostanze nutritizie alle custodie dei cervelli dei serbatoi memoria. Per varie ore al giorno camminavo nello stretto corridoio dei pannelli d’ispezione, alla ricerca di ostruzioni in linea. Quando una linea si bloccava, le pressioni lungo il tubo afferente, illuminato da una speciale luce polarizzata, formavano una configurazione perfettamente rilevabile dal sorvegliante. Svolsi così il mio umile servigio, scovando di tanto in tanto qualche linea inceppata, e feci gli altri piccoli lavori adatti alla mia condizione di apprendista.

Tuttavia, avevo anche la possibilità di proseguire le mie ricerche personali fra i passati avvenimenti del mio pianeta.

A volte, il valore delle cose s’impara solo dopo averle perdute. Per tutta la vita avevo servito come Vedetta, con lo scopo di dare in tempo l’allarme della promessa invasione, ma non mi ero mai chiesto chi poteva volerci invadere, o perché. Per tutta la vita avevo vagamente saputo che la Terra aveva conosciuto giorni più gloriosi di quelli del Terzo Ciclo in cui ero nato io, eppure non avevo mai cercato di sapere l’esatta natura di quei giorni, e neppure i motivi della nostra attuale decadenza. Solo quando le astronavi degli invasori erano sbocciate nel cielo, solo allora avevo provato improvvisamente il desiderio di conoscere quel passato perduto. E ora io, il più anziano degli apprendisti, io, Tomis dei Ricordatori, frugai fra gli archivi del tempo scomparso.

Ogni cittadino ha il diritto di accedere a una cuffia pensante pubblica e di chiedere ai Ricordatori informazioni su qualsiasi argomento. Nulla viene tenuto celato. Ma i Ricordatori non corrono spontaneamente a offrire le loro notizie; bisogna sapere come chiedere, vale a dire bisogna sapere cosa chiedere. Pezzo a pezzo, si devono andare a cercare le informazioni che interessano. Una simile procedura è utile, ad esempio, per chi voglia conoscere le variazioni climatiche secolari in Agupt, oppure i sintomi del mal cristallino, o i privilegi di una Corporazione specifica; ma è del tutto inutile a chi desideri risposta a informazioni molto più generali. Si dovrebbero richiedere mille informazioni solo per iniziare. La spesa sarebbe enorme; pochi se ne occuperebbero.

Come apprendista Ricordatore, io avevo libero accesso a tutte le informazioni. Ma, oltre a ciò, avevo accesso agli indici di classificazione. La Corporazione dei Classificatori è inferiore a quella dei Ricordatori, una Corporazione ausiliaria, di sgobboni che registrano e dispongono in ordine cose che il più delle volte non capiscono nemmeno. Il risultato delle loro fatiche va a beneficio della Corporazione più grande, ma i loro indici non sono accessibili a tutti. Senza di essi non sarebbe possibile affrontare i problemi della ricerca.

Non starò a riferire i vari stadi da me attraversati prima di giungere a sapere quanto ora so, le ore trascorse a vagare in corridoi labirintici, i secchi rifiuti, i dubbi, il martellare nel cervello. Io, sciocco apprendista, ero alla mercé di ogni burlone, e parecchi compagni apprendisti, perfino un paio di membri della Corporazione, mi indirizzarono lungo strade sbagliate per il puro gusto di farlo. Ma presto imparai quali vie seguire, come costruire le domande in serie, come seguire un sentiero di riferimenti bibliografici, sempre più avanti, finché la luce della verità non trapelava da uno di essi. Con insistenza, più che con grande intelligenza, estrassi dagli archivi dei Ricordatori un coerente racconto della caduta dell’uomo.

Eccolo:

Ci fu un tempo, nelle ere passate, nel quale la vita sulla Terra era brutale e primitiva. A questo tempo abbiamo dato il nome di Primo Ciclo. Non parlo del periodo che precedette la civiltà, quello dei bruti pelosi e dei grugniti, delle caverne e degli utensili di pietra. Noi poniamo l’inizio del Primo Ciclo a quando l’uomo imparò per la prima volta a conservare le informazioni e a dominare l’ambiente. Ciò avvenne in Agupt e Sumir. Secondo i nostri calcoli, il Primo Ciclo ebbe inizio 40.000 anni fa… tuttavia, non siamo certi della sua effettiva durata secondo i suoi anni, poiché la durata dell’anno cambiò alla fine del Secondo Ciclo, e finora non siamo riusciti a determinare quanto tempo impiegasse il nostro mondo, nelle ere precedenti, a percorrere l’orbita intorno al sole. Un tempo maggiore di quello odierno, probabilmente.

Il Primo Ciclo fu il periodo della Roum Imperiale e della prima fioritura di Jorslem. L’Eyrop rimase selvaggia ancora per lungo tempo quando già l’Ais e parte dell’Afrik erano civili. A ovest, due grossi continenti occupavano gran parte dell’Oceano Terrestre, e anch’essi erano abitati da selvaggi.

È evidente che in questo Ciclo l’umanità non aveva alcun contatto con altri mondi o con le stelle. Una tale solitudine è difficile da comprendere; eppure era proprio così. L’umanità non conosceva altro modo di produrre la luce che il fuoco; non poteva curare i propri mali; la vita non aveva possibilità di rinnovamento. Fu un’epoca priva di comodità, un’epoca grigia, dura nella sua semplicità. La morte giungeva presto; si aveva appena il tempo di mettere al mondo qualche figlio e già si era costretti a lasciarlo. Si viveva in preda alla paura, e perlopiù non alla paura di cose reali.