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Spiegai che portavo importanti notizie per il Governatore dell’Uomo Sette; entro brevissimo tempo, passando per una serie incredibilmente breve d’intermediari, fui ammesso alla presenza del Procuratore.

L’invasore aveva arredato il suo ufficio con semplicità ma con evidente buon gusto. Era adorno di oggetti di produzione esclusivamente terrestre: un arazzo tessuto in Afrik, due boccali di alabastro dell’antico Agupt, una statuetta in marmo che poteva risalire ai primi imperi di Roum, e un nero vaso talyano dentro il quale languivano alcuni fiori della morte appassiti. Quando entrai, l’invasore sembrava occupato a leggere vari cubomessaggi; da quel che avevo sentito dire, sapevo che gli invasori sbrigavano gran parte del lavoro durante le ore notturne: e non fui affatto stupito di trovarlo così indaffarato. Dopo un istante sollevò gli occhi e disse: — Cos’è questa storia, vecchio? Cosa sai di un Dominatore in fuga?

— Il Principe di Roum — dissi. — Conosco il suo nascondiglio.

Di colpo i suoi occhi freddi s’illuminarono di interesse. Fece scorrere le mani dalle molte dita sul ripiano della scrivania, dove erano sistemati gli emblemi di parecchie Corporazioni: Trasportatori e Ricordatori e Difensori e Clown fra le altre.

— Continua — mi disse.

— Il Principe è in questa città. Si trova in un luogo ben preciso e non ha modo di fuggirne.

— E tu sei qui per dirmi dove si trova?

— No — dissi. — Sono qui per comprare la sua libertà.

Governatore dell’Uomo Sette parve perplesso. — A volte voi umani mi riuscite incomprensibili — disse. — Affermi di avere catturato questo Dominatore fuggitivo, e io allora penso che tu voglia vendercelo; invece dici che vuoi comprarlo. Perché allora vieni da noi? È uno scherzo?

— Permettete che vi spieghi?

Se ne stette a rimuginare fissando la sua immagine riflessa dalla lucida superficie della scrivania, mentre gli raccontavo brevemente il mio viaggio da Roum in compagnia del Principe accecato, gli parlavo del nostro arrivo al Collegio dei Ricordatori, della seduzione di Olmayne operata dal Principe Enric e del meschino, iroso desiderio di vendetta di Elegro. Dissi chiaramente che ero venuto dagli invasori solo perché costretto, e che non era mia intenzione consegnare il Principe nelle loro mani. Poi aggiunsi: — So che su tutti i Dominatori c’è la pena di morte. Ma questo ha già pagato un alto prezzo per la sua libertà. Vi chiedo perciò di notificare ai Ricordatori che il Principe di Roum è stato amnistiato, e che gli è permesso di continuare il suo viaggio a Jorslem come Pellegrino. In tal modo Elegro non avrà più alcuna autorità su di lui.

— E cosa ci offri tu — chiese Governatore dell’Uomo Sette — in cambio di questa amnistia per il tuo Principe?

— Ho svolto alcune ricerche nei serbatoi memoria dei Ricordatori.

— E allora?

— Ho trovato quello che cercate.

Governatore dell’Uomo Sette mi studiò con attenzione.

— Come puoi avere idea di ciò che cerchiamo?

— Esiste, nei più profondi recessi del Collegio dei Ricordatori — dissi con calma — una registrazione visiva della riserva nella quale vissero i vostri antenati rapiti, durante la loro prigionia sulla Terra. Mostra le loro sofferenze con particolari sconvolgenti. È una superba giustificazione per la conquista della Terra da parte di H362.

— Impossibile! Non esiste un tale documento!

Dalla veemenza della reazione dell’invasore seppi di averlo colpito in un punto vulnerabile.

Egli proseguì: — Abbiamo frugato con ogni attenzione nei vostri archivi. Esiste una sola registrazione di vita nelle riserve, e non mostra la nostra gente, bensì una razza piramidiforme, non umanoide, probabilmente di uno dei mondi dell’Ancora.

— L’ho vista — dissi. — Ce ne sono altre. Ho passato molte ore in quella ricerca, allo scopo di conoscere le nostre passate ingiustizie.

— Gli indici…

— …possono anche essere incompleti. Ho trovato questa registrazione soltanto per caso. I Ricordatori stessi non sanno di averla. E io vi guiderò a essa… se acconsentite a non recare alcun danno al Principe di Roum.

Il Procuratore rimase in silenzio per un istante. Infine disse: — Mi rendi perplesso. Non riesco a decidere se sei un farabutto o un uomo altamente virtuoso.

— Conosco la vera lealtà.

— Però, tradire i segreti della tua Corporazione.

— Io non sono un Ricordatore, soltanto un apprendista; e prima ancora ero Vedetta. Non voglio che facciate del male al Principe solo perche così desidera uno sciocco, che si è fatto fare becco. Il Principe è nelle sue mani; solo voi potete ottenere la sua liberazione ora. E perciò vi devo offrire quel documento.

— Che i Ricordatori hanno accuratamente cancellato dagli indici, per non farlo cadere in mano nostra.

— Che i Ricordatori, per trascuratezza, hanno messo fuori posto e poi dimenticato.

— Ne dubito — disse Governatore dell’Uomo Sette. — Non sono affatto trascurati. Quella registrazione l’hanno nascosta; e tu, consegnandola a noi, non tradisci il tuo mondo? Non diventi un collaboratore dell’odiato nemico?

Sospirai. — Ciò che mi interessa è la libertà del Principe di Roum. Altri fini e altri mezzi non m’interessano. Saprete dove si trova quel documento in cambio della vostra assicurazione che il Principe sarà amnistiato.

L’invasore fece sfoggio di quel che doveva essere il suo sorriso. — Non è nei nostri interessi permettere che membri della Corporazione dei Dominatori restino in libertà. La tua posizione è alquanto precaria, non ti pare? Potrei estrarre con forza dalla tua memoria la collocazione di quel documento… e tenermi anche il Principe.

— Potreste farlo — convenni. — È un rischio che corro. Ma suppongo che un popolo venuto a vendicare un crimine antico possegga un certo senso dell’onore. Io sono nelle vostre mani, e la collocazione del documento è nella mia mente, pronta a essere estratta con la forza, se così volete.

Ora l’invasore rideva con inconfondibile mostra di buon umore.

— Attendi un istante — mi disse. Mormorò alcune parole nella sua lingua madre in un dispositivo ambrato, e quasi subito un secondo membro della sua specie entrò nella stanza. Lo riconobbi all’istante, benché ora gli mancasse parte dello sgargiante travestimento indossato quando viaggiava con me come Gormon, il falso Diverso. Mi offrì l’ambiguo sorriso della sua razza e disse: — Vi saluto, Vedetta.

— Il mio saluto a voi, Gormon.

— Il mio nome è ora Vittorioso Tredici.

— Ora mi chiamo Tomis dei Ricordatori — dissi io.

Governatore dell’Uomo Sette intervenne: — Quand’è che voi due siete diventati amici?

— All’epoca della conquista — disse Vittorioso Tredici. — Mentre svolgevo i miei compiti di esploratore in avanscoperta, incontrai quest’uomo in Talya e viaggiai con lui fino a Roum. Ma in realtà fummo solo compagni, non amici.

Tremai. — Dov’è l’Alata Avluela?

— A Pars, credo — rispose lui con fare disinvolto. — Diceva spesso di voler tornare a Ind, il luogo d’origine della sua gente.

— Allora l’avete amata solo per un poco?

— Eravamo più compagni che amanti — disse l’invasore. — Per noi fu solo una cosa passeggera.

— Per voi, forse — dissi.

— Per entrambi.

— E per questa cosa passeggera rubaste a un uomo gli occhi?

Colui che era stato Gormon scrollò le spalle. — Lo feci per dare a un superbo una lezione di orgoglio.

— A quel tempo diceste che il vostro motivo era la gelosia — gli ricordai. — Pretendeste di agire per amore.