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— Non ero presente. Due Sonnambuli presso la Senn possono testimoniare che ero con loro mentre i delitti venivano commessi.

Qualcuno rise alla mia menzione dei Sonnambuli. Facessero pure; non mi curavo certo di conservare la dignità in un momento come quello. Sapevo di essere in pericolo.

Il Cancelliere disse lentamente: — Andrete nella vostra camera, apprendista, e ci resterete in attesa di un completo interrogatorio. Dopo di che lascerete l’edificio e uscirete da Perris nel giro di venti ore. In virtù della mia autorità vi dichiaro espulso dalla Corporazione dei Ricordatori.

Pur essendo stato preavvisato da Samit, fui egualmente stordito dalla notizia.

— Espulso? Ma perché?

— Non possiamo più fidarci di voi. Troppi misteri circondano la vostra persona. Conducete nella nostra casa un Principe e ci tacete i vostri sospetti; siete presente a una disputa che sfocerà in due omicidi; fate visita al Procuratore nel cuore della notte. Forse siete perfino responsabile della disastrosa perdita sofferta dai nostri archivi questa mattina. Non desideriamo avere tra noi uomini così pieni di enigmi. Oggi recidiamo qualsiasi rapporto con voi. — Il Cancelliere alzò una mano con una grande curva. — Alla vostra camera, ora, ad attendere l’interrogatorio, e poi andatevene!

Fui spinto alla porta. Mentre la cavità dell’ingresso si richiudeva alle mie spalle, diedi uno sguardo indietro e vidi il Cancelliere, il viso cinereo, afflosciarsi fra le braccia dei compagni, mentre nello stesso istante il Ricordatore Olmayne si ridestava dalla sua immobilità e cadeva sul pavimento, urlante.

16

Solo, nella mia camera, impiegai molto tempo a radunare tutte le mie proprietà, benché possedessi ben poco. Il mattino era già inoltrato quando entrò un Ricordatore che non conoscevo, portando con sé l’occorrente per l’interrogatorio. Occhieggiai preoccupato quegli strumenti, pensando che se i Ricordatori avessero scoperto che ero stato io a fornire agli invasori la collocazione del documento sulle riserve, per me sarebbe stata finita. Già mi sospettavano: il Cancelliere aveva esitato a formulare l’accusa solo perché gli pareva strano che un apprendista come me si fosse preso la briga di svolgere ricerche personali negli archivi della Corporazione.

Ma ebbi fortuna. Il mio inquisitore si occupò solamente dei particolari delle due uccisioni: una volta chiarito che non ne sapevo nulla mi lasciò, ammonendomi di allontanarmi dal Collegio entro il termine stabilito. Gli dissi che l’avrei fatto.

Ma prima avevo bisogno di riposo. Quella notte non ne avevo avuto; presi allora un sonnifero da tre ore e mi immersi in un sonno calmante. Quando mi svegliai, c’era una figura al mio fianco: il Ricordatore Olmayne.

Sembrava terribilmente invecchiata dalla sera precedente. Indossava una tunica molto riservata, in un singolo pezzo, di colore scuro, e non portava né gioielli né cosmetici. Aveva i lineamenti rigidi. Dominai la sorpresa nel trovarla là e mi rizzai a sedere mormorando scuse per non essermi subito accorto della sua presenza.

— State comodo — mi disse lei con gentilezza. — Ho interrotto il vostro sonno?

— No, ho dormito le mie ore.

— Io non ci sono riuscita. Ma avrò tempo in seguito per dormire. Ci dobbiamo reciprocamente delle spiegazioni, Tomis.

— Sì. — Mi alzai titubante. — Vi sentite bene? Vi ho vista prima, e sembravate perduta nella trance.

— Mi hanno dato qualche medicina — replicò lei.

— Ditemi quel che potete sulla scorsa notte.

Le sue palpebre si chiusero per qualche istante. — Voi eravate presente quando Elegro si scagliò contro di noi e venne poi allontanato dal Principe. Alcune ore dopo, Elegro tornò. Con lui c’erano il Procuratore di Perris e vari altri invasori. Elegro pareva giubilante. Il Procuratore mostrò un cubo e ordinò al Principe di posarvi sopra la mano. Il Principe esitò, ma Governatore dell’Uomo Sette lo convinse a cooperare.

Quando egli ebbe toccato il cubo, il Procuratore ed Elegro se ne andarono, lasciando me e il Principe di nuovo soli; nessuno di noi due aveva compreso nulla dell’accaduto. Vennero poste guardie all’uscita per impedire che il Principe si allontanasse. Non molto tempo dopo, il Procuratore ed Elegro fecero ritorno. Ora Elegro sembrava sottomesso e perfino confuso, mentre il Procuratore era chiaramente allegro. Nella nostra stanza il Procuratore annunciò che era stata concessa l’amnistia all’ex Principe di Roum e che nessuno doveva fargli del male. Dopo di che tutti gli invasori se ne andarono.

— Continuate.

Olmayne parlava come una Sonnambula. — Elegro non sembrava capire cosa fosse successo. Si mise a urlare che era stato commesso un tradimento; gridò che era stato ingannato. Fu una scena penosa. Elegro, nella sua ira, non sembrava più neppure un uomo: strillava come una donna; il Principe divenne sempre più altezzoso; ognuno ordinò all’altro di lasciare l’appartamento. La disputa si fece così violenta che lo stesso tappeto cominciò a morire. I petali caddero; le piccole creature boccheggiavano. E presto si giunse al culmine. Elegro afferrò un’arma e minacciò di usarla se il Principe non se ne fosse andato subito. Il Principe interpretò male lo stato di furia di Elegro; pensando che minacciasse a vuoto, si fece avanti come per gettare fuori Elegro. Elegro uccise il Principe. L’istante successivo, io afferrai un dardo dal nostro scaffale di manufatti e lo scagliai nella gola di Elegro. Il dardo era avvelenato; Elegro morì subito. Chiamai qualcuno, e dopo non ricordo altro.

— Una notte strana — dissi.

— Troppo strana. Ora parlate voi, Tomis: perché venne il Procuratore, e perché non prese in custodia il Principe?

Le dissi: — Il Procuratore venne perché glielo avevo chiesto io, dietro ordine del vostro defunto marito. Il Procuratore non arrestò il Principe perché la libertà del Principe era stata comprata.

— A che prezzo?

— A prezzo della vergogna di un uomo — le dissi.

— Parlate per enigmi.

— La verità mi disonora. Vi prego di non insistere su questo punto.

— Il Cancelliere ha parlato di un documento prelavato dal Procuratore…

— Ha a che fare con quello — confessai, e Olmayne chinò gli occhi sul pavimento senza più fare domande.

Alla fine le chiesi: — Allora avete commesso un omicidio. Quale sarà la vostra punizione?

— Il delitto fu commesso per paura e per eccitazione — rispose lei. — Non ci saranno pene da parte dell’amministrazione civile. Ma sono espulsa dalla Corporazione per l’adulterio e per il mio atto di violenza.

— Ne sono addolorato, credetemi.

— E mi è stato ordinato di intraprendere il Pellegrinaggio a Jorslem per purificare la mia anima. Devo partire entro oggi, o la Corporazione disporrà a piacere della mia vita.

— Anch’io sono stato espulso — le dissi. — E anch’io devo andare a Jorslem, sebbene per mia scelta spontanea.