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Avluela, che era rimasta in disparte, col viso rabbuiato, durante tutto il colloquio, mi lanciò uno sguardo pieno di terrore.

— Non li abbandonerò — dichiarai.

— Allora, andrò a Jorslem da solo — disse il Pellegrino, e dalla sua veste spuntò una mano ossuta, dalle dita lunghe, bianche, decise. Pieno di riverenza, sfiorai la punta di quelle dita e il Pellegrino disse: — Che la Volontà vi usi misericordia, amico Vedetta. Quando verrete a Jorslem, cercate di me.

E si incamminò lungo la strada, senza aggiungere altro.

— Vi sarebbe piaciuto andare con lui, eh? — disse Gormon.

— Ho preso in considerazione la cosa.

— Che potrebbe offrirvi Jorslem, che non possiate trovare qui? Anche questa è una città santa. Qui potrete riposare un poco. Non siete in grado di camminare ancora.

— Forse avete ragione — convenni. E, raccogliendo le mie ultime forze, mi diressi verso la porta di Roum.

Occhi attenti ci osservavano dalle feritoie. Quando fummo sotto l’arco, una grossa Sentinella dalle guance flaccide ci fermò e domandò che cosa andassimo a fare a Roum. Io rivelai il nome della mia Corporazione e le mie intenzioni, e quella fece una smorfia di disgusto.

— Andate altrove, Vedetta! Vogliamo uomini utili, qui.

— La Vigilanza non è inutile — dissi io, calmo.

— Certo, certo. — L’uomo sbirciò Avluela. — E questa, chi è? Non sono scapoli, i membri della vostra Corporazione?

— È soltanto una compagna di viaggio.

La Sentinella scoppiò a ridere fragorosamente. — Non che sia un gran che. Cos’ha, tredici, quattordici anni? Vieni qui, bambina. Devo perquisirti per il contrabbando. — Le passò le mani sopra rapidamente, rabbuiandosi quando queste toccarono i seni e alzando un sopracciglio, perplesso, quando inciamparono nei due mucchietti delle ali, dietro le spalle. — Cos’è questo? Più di dietro che davanti! Sei un’Alata, tu? Sporco affare, un’Alata che si mette con una vecchia e stupida Vedetta. — Rise di nuovo, e le mise le mani addosso in un modo che fece balzare avanti Gormon, furibondo, gli occhi iniettati di sangue. Lo afferrai in tempo e gli strinsi un polso con tutte le forze, trattenendolo per impedirgli di rovinarci tutt’e tre con un assalto alla Sentinella. Lui si liberò con uno strappo che per poco non mi mandò a gambe levate; poi, all’improvviso si calmò, e, freddo come il ghiaccio, aspettò che il grassone finisse di perquisire Avluela “per contrabbando”.

Infine la Sentinella si rivolse, disgustata, a Gormon e gli domandò: — Che genere di cosa siete, voi?

— Non appartengo a nessuna Corporazione, vostra grazia — rispose lui, brusco. — Sono l’umile e vile prodotto della teratogenesi, e, purtuttavia, un uomo libero che desidera entrare in Roum.

— Credete che abbiamo bisogno di altri mostri, qui?

— Mangio poco e lavoro molto.

— Lavorereste anche di più, se vi facessero neutro.

Gormon lanciò fiamme dagli occhi. Intervenni io: — Dunque, possiamo entrare?

— Un momento. — Infilatasi in testa una cuffia pesante, la Sentinella socchiuse gli occhi e trasmise un messaggio ai serbatoi memoria. La sua faccia si tese nello sforzo, poi si rilassò; subito dopo arrivò la risposta. Dall’espressione di disappunto dell’uomo, era evidente che non esistevano ragioni per rifiutarci l’ingresso in Roum.

— Entrate — disse. — Tutt’e tre. In fretta!

Attraversammo la porta.

— Gli avrei spaccato il muso con un pugno — disse Gormon.

— E vi avrebbero fatto neutro prima di sera. Con un po’ di pazienza, invece, siamo entrati in Roum.

— In che modo la toccava!…

— Prendete un’aria troppo prepotente, con Avluela — dissi. — Non dimenticate che è un’Alata e che non può avere rapporti sessuali con uno che non appartiene a nessuna Corporazione.

Gormon ignorò la mia frecciata. — Non suscita la mia passione più di quanto la suscitiate voi, Vedetta. Ma non mi va di vederla trattare a quel modo. L’avrei ucciso, se non mi aveste trattenuto!

Avluela disse: — Dove alloggeremo, a Roum?

— Prima di tutto andrò alla sede centrale della mia Corporazione — risposi io — e mi immatricolerò all’Ostello delle Vedette. Poi potremmo forse andare alla Loggia degli Alati, per mangiare.

— E infine — disse Gormon, asciutto — ci metteremo alla Cantonata dei senza Corporazione, a chiedere la carità.

— Mi fate pena perché siete un Diverso — gli dissi. — Ma non è bello che vi autocommiseriate. Venite.

Salimmo per un vicolo acciottolato e serpeggiante, allontanandoci dalle porte della città e inoltrandoci nel centro. Ci trovavamo nella zona esterna, una fascia residenziale fatta di case basse e piatte, dominate dalla mole incombente delle installazioni difensive. All’interno stavano le torri scintillanti che avevamo scorto dai campi, la sera avanti, e mille altre cose: i resti dell’antica Roum, religiosamente conservati attraverso più di diecimila anni; il mercato; l’area industriale; il centro delle comunicazioni; i templi della Volontà; i serbatoi memoria; i rifugi per la notte; i bordelli per gli stranieri venuti da altri mondi; gli edifici del governo; le sedi delle varie Corporazioni.

All’angolo, presso un edificio del Secondo Ciclo, dai muri di materiale gommoso, trovai una cuffia pensante pubblica e me la calcai sulla fronte. Subito i miei pensieri guizzarono giù per il condotto finché giunsero all’interfaccia protettiva che dava accesso a un cervello del serbatoio memoria. Trapassai l’interfaccia e vidi il cervello stesso, pallido, rugoso, grigio contro il verde scuro del suo contenitore. Un Ricordatore mi aveva detto che, nei cicli passati, l’uomo costruiva macchine che pensavano per lui, benché quelle macchine fossero terribilmente costose, richiedessero una gran quantità di spazio e bevessero energia a fiumi. Quella non era stata la sola follia dei nostri antenati, né la peggiore; ma perché creare cervelli artificiali, quando la morte ne libera ogni giorno a decine di naturali, di splendidi, da rinchiudere nei serbatoi memoria? Forse non sapevano come servirsene? Non riesco a crederlo.

Dissi al cervello il nome della mia Corporazione e chiesi le coordinate del nostro ostello. Le ricevetti e mi avviai, con Avluela e Gormon, spingendo come il solito il carrello degli strumenti.

Le strade erano piene di gente. Non avevo mai visto una folla simile durante il mio viaggio, neanche nell’Agupt ardente e assonnato. C’erano un’infinità di Pellegrini, segreti e mascherati, e, gomito a gomito con loro, camminavano Ricordatori indaffarati e Mercanti accigliati. Di quando in quando, passava la portantina di un Padrone. Avluela vide un gruppetto di Alati, ma il regolamento della sua Corporazione le vietava di salutarli prima di essersi sottoposta alla purificazione rituale. Devo ammettere con dispiacere che anch’io incontrai molte Vedette e che tutte mi guardarono con disprezzo, senza neppure salutarmi. Notai anche un discreto numero di Difensori e nutrite rappresentanze di Corporazioni minori: Venditori, Servitori, Manufattori, Scribi, Comunicatori e Trasportatori. Naturalmente, uno stuolo di neutri compiva in silenzio i più umili doveri, e numerosi esseri di altri mondi, di ogni tipo e forma, affollavano le strade. Erano in gran parte turisti, probabilmente, ma alcuni erano venuti per combinare qualche misero affare con i poveri, squallidi abitanti della Terra. Notai parecchi Diversi zoppicare tra la folla, e nessuno aveva il portamento altezzoso di Gormon. Lui era unico nel suo genere: gli altri erano chiazzati, pezzati, e asimmetrici, con qualche arto in meno o in più, deformati in mille modi fantasiosi e artistici. Avanzavano furtivi, con gli occhi socchiusi, strascicando i piedi, strisciando; facevano i borsaioli, gli estrattori di cervelli, i venditori ambulanti di organi e di indulgenze, i compratori di luce. E nessuno si teneva ritto come se si considerasse un uomo.