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Sempre nella Città Vecchia c’era poi un edificio del Secondo Ciclo che agli occhi miei e di Olmayne presentava un interesse molto più concreto. Mentre scrutavamo tra l’oscurità quei sacri luoghi, Olmayne disse: — Domani dovremmo fare richiesta alla casa del rinnovamento.

— Certo. Ora mi accorgo che desidero scrollarmi di dosso qualche anno.

— Mi accetteranno, Tomis?

— È inutile azzardare ipotesi — le risposi. — Andremo, e rivolgeremo la richiesta, e i vostri interrogativi saranno soddisfatti.

Lei disse qualche altra cosa ma non udii le sue parole, perché in quel momento tre Alati passarono sopra di me, sfrecciando verso est. Uno era maschio, due femmina; volavano nudi, secondo il costume della loro Corporazione; e l’Alata al centro del gruppo era una ragazzina magra, fragile, un mucchietto di ossa e ali, ma si muoveva con una grazia eccezionale, anche per la sua specie che è signora dell’aria.

— Avluela! — boccheggiai.

I tre Alati scomparvero oltre i confini della Città Vecchia. Stupefatto, scosso, mi appoggiai a un albero per reggermi in piedi e calmare l’ansia del respiro.

— Tomis? — disse Olmayne. — Tomis, state male?

— Sono certo che è Avluela. Mi hanno detto che è tornata in Ind, ma no, quella era Avluela! Come potrei sbagliarmi?

— Avete detto le stesse cose da quando siamo partiti da Perris, ogni volta che vedevate un’Alata — notò freddamente Olmayne.

— Ma questa volta ne sono certo! Dov’è una cuffia pensante? Devo controllare subito alla Loggia degli Alati!

La mano di Olmayne si posò sul mio braccio. — È tardi, Tomis. Vi comportate da pazzo. E perché vi emozionate tanto per un’Alata rinsecchita? Cosa significava per voi?

— Lei…

Mi arrestai, incapace di tradurre in parole le idee. Olmayne conosceva la storia del mio viaggio dall’Agupt in compagnia della ragazza, e sapeva che allora, quando ero una Vedetta votata al celibato, provavo per lei una sorta d’amore paterno, che forse in realtà sentivo qualcosa di più profondo, che il falso Diverso Gormon me l’aveva tolta, e che a sua volta il Principe di Roum l’aveva tolta a lui. Ma con tutto ciò, cos’era per me Avluela? Perché la sola vista di qualcuno che poteva essere lei mi metteva in uno stato di confusione? Cercai un simbolo nella mia mente agitata, e non ebbi risposta.

— Torniamo all’ostello a riposare — disse Olmayne. — Domani dovremo chiedere il rinnovamento.

Prima, però, cercai una cuffia ed entrai in contatto con la Loggia degli Alati. I miei pensieri scivolarono lungo l’interfaccia protettiva, fino al cervello del registro della Corporazione; chiesi e ottenni la risposta che cercavo. Avluela degli Alati si trovava davvero a Jorslem. — Riferitele questo messaggio — dissi. — La Vedetta che conobbe al Roum è adesso qui come Pellegrino, e desidera incontrarla domani a mezzogiorno davanti alla casa del rinnovamento.

Fatto questo, accompagnai Olmayne al nostro alloggio. Sembrava irritata e distante; quando, nella mia stanza, si tolse la maschera, il suo viso parve teso dalla… gelosia? Sì. Olmayne considerava suoi vassalli tutti gli uomini, anche un vecchio bacucco come me; e le ripugnava ammettere che un’altra donna potesse accendere in me una fiamma così forte. Quando tirai fuori la mia pietra di stella, Olmayne non volle dapprima unirsi a me nella comunione. Accettò solo quando ebbi dato inizio ai rituali. Ma quella notte ero talmente scosso che non riuscii a immergermi nella Volontà: anche a lei fu impossibile: restammo a scrutarci accigliati per mezz’ora, e infine rinunciammo al tentativo e ci dividemmo per la notte.

23

Alla casa del rinnovamento si va da soli. All’alba mi destai, feci una breve e più soddisfacente comunione e uscii senza Olmayne, a digiuno. Dopo mezz’ora ero davanti alle mura dorate della Città Vecchia; in un’altra mezz’ora avevo finito di traversare le aggrovigliate stradine della città. Oltrepassato il muro grigio tanto caro agli antichi Ebarii, affrontai la salita del poggio; sfiorai nel mio cammino la cupola dorata sacra agli scomparsi Mislami e, girando a sinistra, mi misi a seguire il fiume di Pellegrini che già a quell’ora s’incanalava verso la casa del rinnovamento.

La casa è un edificio del Secondo Ciclo, perché fu allora che venne concepita la tecnica del rinnovamento; di tutta la scienza di quel periodo, solo il rinnovamento ci è giunto più o meno integro, e lo pratichiamo oggi come dovevano praticarlo allora. Come le altre poche costruzioni del Secondo Ciclo che sono sopravvissute, la casa del rinnovamento è agile e liscia, architettonicamente semplice, con curve accentuate e superfici sobrie ed è priva di finestre: non reca decorazioni esterne di sorta. Ha molte porte. Mi piazzai di fronte all’entrata più a est, e nel giro di un’ora potei passare all’interno.

Appena varcata la soglia fui accolto da un membro della Corporazione dei Rinnovatori, nel suo saio verde: il primo membro di quella Corporazione che avessi mai visto. I Rinnovatori sono reclutati fra i Pellegrini che intendono fermarsi a lavorare a Jorslem, per aiutare gli altri nel rinnovamento. La loro Corporazione fa tutt’uno, amministrativamente, con quella dei Pellegrini; un unico Maestro dirige le sorti di entrambe; anche il saio è identico, eccettuato il colore. In effetti, Pellegrini e Rinnovatori formano una sola Corporazione, e rappresentano fasi diverse della stessa affiliazione. Ma una distinzione ci deve pur essere.

La voce del Rinnovatore era limpida e cordiale. — Benvenuto a questa casa, Pellegrino. Chi sei, da dove vieni?

— Sono il Pellegrino Tomis, già Tomis dei Ricordatori, e prima ancora Vedetta, nato col nome di Wuellig. Sono originario dei Continenti Scomparsi e ho molto viaggiato, sia prima che dopo l’inizio del mio Pellegrinaggio.

— Che cosa cerchi qui?

— Rinnovamento. Redenzione.

— Che la Volontà ti sia propizia — disse il Rinnovatore. — Seguimi.

Traversammo un corridoio stretto, poco illuminato, e giungemmo a una celletta di pietra. Il Rinnovatore mi disse di togliere la maschera, entrare in stato di comunione, e attendere. Mi liberai della griglia di bronzo e strinsi con forza la pietra di stella. Fui penetrato dalla nota sensazione, ma non si verificò il contatto con la Volontà; sentii invece che si formava uno specifico collegamento con la mente di un altro essere umano. Per quanto stupito, non opposi resistenza.

Qualcosa frugò nella mia anima. Tutto venne scavato portato alla luce come per un’ispezione, tutto si depositò sul pavimento della cella: i miei atti d’egoismo e viltà, i miei errori e i miei difetti, i miei dubbi, le mie disperazioni e, soprattutto, il più vergognoso dei miei atti: la vendita del documento dei Ricordatori al capo degli invasori. Osservavo quelle cose e capivo di essere indegno del rinnovamento. Questa casa poteva estendere di altre due o tre volte la durata di una vita; ma perché i Rinnovatori avrebbero dovuto offrire simili benefici a un uomo privo di meriti come me?

Rimasi a lungo a contemplare i miei errori. Poi il contatto s’interruppe e nella cella entrò un altro Rinnovatore, un individuo di notevole statura.

— La misericordia della Volontà è su di te, amico mio — disse, tendendo le dita (dita di lunghezza straordinaria) a incontrare le punte delle mie.

Udendo la sua voce profonda e scorgendo le sue dita bianche, riconobbi un uomo che avevo già incontrato fugacemente in passato, quando ero fuori delle porte di Roum, nella stagione precedente la conquista della Terra. Allora quell’uomo era un Pellegrino, e mi aveva invitato ad accompagnarlo nel suo viaggio verso Jorslem, ma io avevo rifiutato, perché Roum esercitava su di me il suo fascino.