Lei annuì terrorizzata.
Il Principe allungò una mano e l’afferrò, sollevandola di peso fino al palanchino. Poi, con un sorriso così malvagio da parere la parodia della perfidia, il giovane Dominatore la tirò dentro, attraverso le cortine. Istantaneamente due Padroni ristabilirono la barriera sonica, ma il corteo non si mosse. Io me ne stavo lì, muto; Gormon, accanto a me, pareva impietrito: il suo corpo vigoroso era rigido come una sbarra. Spinsi il mio carrello in un luogo meno esposto; passarono attimi eterni, mentre i cortigiani aspettavano in silenzio, guardando discretamente da un’altra parte.
Infine le cortine si aprirono di nuovo, e Avluela uscì barcollando, pallidissima. Sbatteva rapidamente le palpebre, pareva stordita, e rivoli di sudore le scorrevano giù per le guance. Inciampò, rischiando di cadere, e un neutro l’afferrò prontamente, posandola a terra. Sotto il giacchetto, le sue ali, parzialmente aperte, le davano un aspetto gobbuto; doveva essere sconvolta dall’emozione. Con passi incerti si diresse verso di noi tremante e silenziosa; poi mi lanciò uno sguardo indescrivibile e si gettò fra le braccia di Gormon.
I portatori sollevarono nuovamente il palanchino e il Principe di Roum uscì dal suo palazzo.
Quando se ne fu andato, Avluela balbettò con voce rauca: — Il Principe ci concede ospitalità nella foresteria reale!
4
I servi, naturalmente, non volevano crederci.
Soltanto gli ospiti del Principe venivano alloggiati nella foresteria reale, che si trovava sul retro del palazzo, in un piccolo giardino di felci e di fiordibrine. Generalmente la foresteria era abitata da Padroni e da qualche Dominatore occasionale; a volte, a un Ricordatore di particolare importanza, in viaggio di studio, o a un Difensore di alto rango in visita per discutere un piano strategico, veniva assegnata una cameretta nell’edificio. Ma alloggiare un Alato nella foresteria reale sarebbe parso notevolmente strano; ammettervi una Vedetta, improbabile; accogliervi un Diverso, o in genere una persona non appartenente ad alcuna Corporazione, addirittura impensabile. Perciò quando ci presentammo, i Servitori dapprima sembrarono divertirsi un mondo come per una barzelletta; poi cominciarono a seccarsi e, infine, tentarono di allontanarci con parole sprezzanti. — Andatevene — urlarono infine. — Feccia! Immondezzai!
Allora Avluela disse con voce grave: — Il Principe ci ha concesso di alloggiare qui, e voi non potete proibircelo.
— Via! Via!
Un Servitore dai denti sporgenti tirò fuori un manganello neurale, lo agitò sotto il naso di Gormon e gridò un insulto volgare al suo indirizzo, alludendo alla sua mancanza di Corporazione. Gormon, senza curarsi delle punture dolorose, gli strappò il manganello di mano, e sferrò un calcio nel ventre all’insolente, che si piegò in due, sputando sangue. All’istante, una squadra di neutri scattò allora dall’interno della foresteria e si precipitò addosso a Gormon. Lui agguantò un altro Servitore e lo scagliò addosso a loro, mandandoli tutti a gambe all’aria, in una massa informe. Infine, quelle urla e quelle imprecazioni furiose attirarono l’attenzione di uno Scriba venerando, che comparve sulla porta e, reclamato il silenzio con voce tonante, ci interrogò. — È facile controllare — disse infine, quando Avluela gli ebbe raccontata tutta la faccenda. E, rivolto a uno dei Servitori, ordinò con disprezzo: — Manda un messaggio a un Classificatore. Svelto!
Presto la confusione cessò e fummo fatti entrare. Ci vennero assegnate stanze separate, ma contigue. Non avevo mai visto un lusso simile, e probabilmente non lo vedrò mai più. Le camere erano spaziosissime, e vi si entrava attraverso ingressi telescopici, collegati all’emissione termica dell’ospite, per assicurare un’assoluta indipendenza. Le luci si accendevano a un semplice cenno, poiché, appese a globi assicurati al soffitto o agglomerate in cupolette alle pareti, c’erano spugne di luce-schiava, strappate ai mondi di Splendidia e addestrate, mediante il dolore, a ubbidire ai comandi. Le finestre comparivano o scomparivano, secondo il capriccio dell’occupante. Quando non servivano, erano nascoste da cascate di veli semintelligenti, importati da altri mondi, che non avevano soltanto un effetto decorativo, ma servivano anche da schermi su cui erano in grado di far scorrere scene deliziose, secondo gli schemi richiesti. Le stanze erano anche dotate di cuffie pensanti individuali, collegate alle banche generali della memoria, con condotti supplementari per chiamare Servitori, Scribi, Classificatori e Musici. Naturalmente un membro della mia umile Corporazione non avrebbe mai osato servirsi di altri esseri umani a quel modo, per timore del loro risentimento. Comunque, avevo ben poco bisogno di loro.
Non domandai ad Avluela che cosa fosse accaduto nella lettiga del Principe per procurarci tutte quelle delizie: potevo immaginarmelo. E poteva immaginarlo anche Gormon: l’ira che riusciva a trattenere a malapena rivelava chiaramente l’amore inconfessato per la mia pallida e fragile Alata.
Ci sistemammo. Misi il mio carrello accanto alla finestra, gli drappeggiai intorno i veli, e lo lasciai lì, pronto per il prossimo periodo di Vigilanza. Poi mi lavai e mi ripulii, mentre altre entità inserite nelle pareti cantavano canzoni piene di pace. Più tardi pranzai. Dopo mangiato, Avluela venne da me, rinfrescata e rilassata; mi si sedette accanto e parlammo a lungo delle nostre esperienze. Gormon non si fece vedere per alcune ore: pensai che se ne fosse andato definitivamente, trovando troppo rarefatta l’atmosfera della reggia, e che avesse preferito la compagnia di altri senza Corporazione come lui. Così, al crepuscolo, Avluela e io uscimmo a passeggio nel cortile della foresteria e salimmo poi una scala che conduceva a una terrazza, per vedere le stelle spuntare nel cielo di Roum. Gormon era là! E con lui stava un uomo emaciato e dinoccolato, avvolto nella sciarpa dei Ricordatori; i due parlavano sottovoce.
Gormon mi fece un cenno e disse: — Vedetta, vi voglio presentare il mio nuovo amico.
Il tipo emaciato cincischiò con le dita la sciarpa. — Sono il Ricordatore Basil — bisbigliò con voce sottile: sottile come un affresco staccato dalla sua parete. — Sono venuto da Perris, per indagare sui misteri di Roum. Rimarrò qui molti anni.
— Racconta storie molto interessanti — disse Gormon. È una personalità, nella sua Corporazione. Quando siete arrivati voi, stava descrivendomi le tecniche di cui si servono per svelare il passato. Scavano pozzi attraverso gli strati di depositi del Terzo Ciclo e, con speciali aspiratori, sollevano le molecole di terra, liberando i livelli più antichi.
— Con questo sistema — disse Basil — abbiamo scoperto le catacombe della Roum Imperiale, i detriti del Tempo del Rifiuto, e alcuni libri scritti su lastre di metallo bianco verso la fine del Secondo Ciclo. Tutto materiale che andrà a Perris per essere esaminato, classificato, decifrato; poi lo rispediranno qui. Vi interessa il passato, Vedetta?
— Fino a un certo punto. — Sorrisi. — Questo Diverso, invece, ne sembra affascinato. A volte sospetto che mi nasconda la sua vera identità: non riconoscete, per caso, un Ricordatore, sotto le sue sembianze?
Basil scrutò Gormon, indugiando sui lineamenti bizzarri e la corporatura troppo muscolosa. — Non è un Ricordatore — disse infine. — Ma devo convenire che ha dei notevoli interessi per l’antichità. Mi ha posto diverse domande molto impegnative.
— Per esempio?
— Vorrebbe conoscere l’origine delle Corporazioni; mi ha chiesto il nome del chirurgo genetico che ha plasmato i primi Alati capaci di riprodursi, e gli interessa sapere perché ci sono dei Diversi e se veramente questi sono stati maledetti dalla Volontà.