«Immagino abbia semplicemente pensato che era meglio morire libera che vivere da schiava» commentò Peggy. «Penso sapesse che qualsiasi vita avrebbe avuto il suo bambino qui da noi sarebbe stata sicuramente migliore di quella che avrebbe trascorso laggiù.»
La ragazza distesa davanti al fuoco respirava piano, a occhi chiusi.
«Dorme, eh?» chiese mamma.
«Non è ancora morta» ribatté Peggy «ma non può più sentire quello che diciamo.»
«E allora ve lo dirò a chiare note: questo è proprio un bel pasticcio» disse mamma. «Non possiamo permettere che la gente sappia che tu aiuti gli schiavi a fuggire da questa parte. La voce si diffonderebbe con tale rapidità che ci ritroveremmo con due dozzine di Cacciatori accampati qui davanti ogni giorno che Dio manda in terra, e prima o poi rimedieresti sicuramente una schioppettata.»
«Be’, non c’è bisogno che la gente lo sappia» replicò papà.
«E che cosa racconterai? Dirai che andando in giro per il bosco sei inciampato sul suo cadavere?»
Peggy avrebbe voluto urlare: ancora non è morta, badate a quel che dite! Ma la verità era che dovevano escogitare qualcosa, e in fretta. Che sarebbe accaduto se uno degli ospiti si fosse svegliato e fosse sceso a vedere? In tal caso non ci sarebbe stato modo di tenere il segreto.
«Quanto tempo le resta?» chiese papà. «Fino al mattino?»
«Prima dell’alba se ne sarà andata, papà.»
Suo padre annuì. «Allora sarà meglio darsi da fare. Della ragazza posso occuparmene io. Voi donne potete pensare al piccolo. Almeno mi auguro che ne siate capaci.»
«Certo che lo siamo: niente di più facile» rimbeccò mamma.
«Be’, io di sicuro non posso occuparmene, per cui tocca a voi.»
«Certo, potrei anche sostenere che è figlio mio.»
Papà non si arrabbiò. Si limitò a sorridere e disse: «La gente non crederebbe a una cosa del genere nemmeno se tuffassimo quel ragazzo nella panna tre volte al giorno».
Poi uscì di casa e si fece aiutare da Po Doggly a scavare la fossa.
«In fondo però non sarebbe una cattiva idea far sapere che il bambino è nato da queste parti» sostenne mamma. «Quella famiglia di Neri che vive vicino alla palude… Ricordi due anni fa, quando un tale ha cercato di dimostrare di essere il loro legittimo proprietario? Come si chiamano, Peggy?»
Peggy li conosceva molto meglio di qualsiasi altro Bianco della regione dell’Hatrack; li sorvegliava come sorvegliava chiunque altro, conosceva loro e i loro figli, sapeva i loro nomi. «Si fanno chiamare Berry» disse. «Come una famiglia di nobili. Si tengono quel nome qualunque sia il mestiere di ciascuno di loro.»
«Perché non potremmo far finta che il bambino sia loro?»
«Sono così poveri, mamma» spiegò Peggy. «Non potrebbero permettersi un’altra bocca da sfamare.»
«Potremmo aiutarli» insistette mamma. «I mezzi non ci mancano.»
«Ma, mamma, pensa un attimo all’idea che se ne farebbe la gente. Improvvisamente i Berry si ritrovano un bambino dalla pelle stranamente chiara: basta guardarlo per capire che è mezzo Bianco. E poi Horace Guester comincia a portare regali a casa dei Berry.»
Mamma arrossì. «Che ne sai tu di queste cose?» domandò.
«Per l’amor del Cielo, mamma, sono una fiaccola. E sai che la gente comincerebbe a chiacchierare, lo sai benissimo.»
La donna guardò la ragazza nera distesa sul pavimento. «Ci hai proprio messo nei guai, bambina.»
Il piccolo cominciò a protestare.
Mamma si alzò avvicinandosi alla finestra, come se avesse potuto scrutare nella notte e scorgere una risposta scritta nel cielo. Poi, a un tratto, si avvicinò alla porta e l’aprì.
«Mamma!» esclamò Peggy.
«C’è più di una maniera per spennare un’oca» la zittì la donna.
Peggy capì subito che cos’aveva pensato sua madre. Se non potevano portare il bambino dai Berry, forse avrebbero potuto tenerlo alla locanda, dicendo che lo facevano proprio per aiutare i Berry, visto che erano così poveri. Se poi i Berry avessero sostenuto quella versione, ciò avrebbe giustificato l’improvvisa comparsa di un piccolo mulatto. Inoltre, visto che a metterselo in casa sarebbe stata la stessa Peg Guester, nessuno avrebbe pensato che il bambino fosse il bastardo di suo marito.
«Sei sicura di renderti conto di quello che vuoi chiedere ai Berry?» la fermò Peggy. «Tutti penseranno che qualcun altro si sia messo ad arare con la vacca del signor Berry.»
Mamma parve così sorpresa che Peggy quasi si mise a ridere. «Non credevo che i Neri badassero a questo genere di cose.»
Peggy scosse la testa. «Mamma, i Berry sono probabilmente i migliori cristiani che ci siano in tutta Hatrack. E non può essere altrimenti, se sono capaci di perdonare i Bianchi per il modo in cui trattano loro e i loro figli.»
Sua madre chiuse la porta appoggiandosi contro il battente. «E come li tratta la gente, i loro figli?»
Era una domanda pertinente, Peggy se ne rese conto, e mamma l’aveva sollevata appena in tempo. Una cosa era guardare quel ranocchietto nero che sgambettava e piangeva e dire: «Mi prenderò cura di questo bambino e gli salverò la vita». Tutt’altra faccenda era vederselo davanti a diciassette anni d’età, un pezzo d’uomo proprio lì in casa loro.
«Non credo proprio che tu debba preoccupartene» mormorò la piccola Peggy. «La prima cosa da decidere è come tu hai intenzione di trattare questo ragazzo. Vuoi crescerlo per farne un servitore, una creatura sottomessa? Se è così, allora sua madre sarà morta per nulla. Avrebbe anche potuto lasciare che lo vendessero in qualche posto al Sud.»
«In questa casa non ho mai voluto schiavi» sbottò sua madre. «E non venirmi a dire che non è vero.»
«E allora? Hai intenzione di trattarlo come un figlio, di proteggerlo contro chiunque possa volergli male, come faresti se avessi avuto un figlio maschio?»
Peggy osservò sua madre riflettere sulla cosa, e a un tratto vide schiudersi nel suo fuoco vitale ogni sorta di nuovi sentieri. Un figlio… Ecco cos’avrebbe potuto essere per lei quel bambino mezzo Bianco. E se qualche vicino l’avesse guardato storto perché non era completamente Bianco, avrebbe dovuto fare i conti con Margaret Guester, sicuro, avrebbe trascorso un bruttissimo quarto d’ora, non avrebbe avuto più paura dell’inferno dopo quello che lei gli avrebbe fatto passare.
In tutti gli anni dacché Peggy scrutava nel cuore di sua madre, non aveva mai visto una determinazione più salda. Era una di quelle occasioni in cui vedeva trasformarsi proprio sotto i suoi occhi, l’intero futuro di una persona. Tutti i vecchi sentieri erano stati più o meno simili; sua madre non aveva mai avuto la possibilità di compiere scelte tali da cambiarle la vita. Ma ora quella ragazza morente aveva mutato ogni cosa. Centinaia di sentieri si erano schiusi, e in ciascuno di essi c’era un bambino debole e indifeso, un bambino che avrebbe avuto bisogno di lei come a sua figlia non era mai accaduto. Malvisto dagli estranei, maltrattato dai ragazzi del villaggio, ogni volta sarebbe corso da lei in cerca di protezione, di spiegazioni, d’incoraggiamento: proprio il genere di cose che Peggy non aveva mai fatto.
È per questo che ti ho sempre delusa, eh, mamma? Perché fin da piccola sapevo tante cose. Avresti voluto che venissi da te, turbata, con le mie domande. Ma io non ti chiedevo mai nulla, mamma, perché conoscevo tutto fin dall’inizio. Dai ricordi che ti portavi dietro, sapevo già cosa significasse essere donna. Senza che tu dovessi dirmi niente, conoscevo già l’amore coniugale. Non ho mai trascorso una notte in lacrime, appoggiata alla tua spalla, piangendo perché il ragazzo che mi piaceva non mi degnava di uno sguardo; nessuno dei ragazzi di queste parti mi è mai piaciuto. Non ho fatto mai nulla di tutto ciò che avevi sognato per la tua bambina, perché ero una fiaccola, e sapevo tutto, e non avevo bisogno di niente di ciò che potevi offrirmi.