Forse lo fece e forse no. Sicuramente Makepeace Smith non tentò alcun espediente legale per recuperare il vomere di Alvin, ovunque quest’ultimo fosse finito. Ma quella storia la raccontò eccome, aggiungendo ogni volta qualche particolare: per esempio, che Alvin lo derubava in continuazione, che quel vomere d’oro era un’eredità di famiglia che lui aveva rifuso in forma di vomere dipingendolo di nero, e Alvin se n’era accorto grazie ai suoi poteri diabolici e poi gliel’aveva sottratto con l’inganno. Sua moglie, finché restò in vita, riuscì in qualche modo a tenerlo a bada; ma, poco dopo la partenza di Alvin, Gertie Smith morì per una vena scoppiata mentre urlava a suo marito che panzane come quelle poteva raccontarle solo un perfetto idiota. Da quel momento in poi, Makepeace raccontò la storia a modo suo, arrivando addirittura a dire che era stato Alvin a uccidere Gertie con una maledizione che le aveva fatto schiantare le vene del cervello. Era una menzogna spaventosa, ma al mondo c’è sempre gente disposta ad ascoltare storie del genere, e questa non solo si sparse da un capo all’altro dell’Hio, ma qualche tempo dopo giunse addirittura a varcarne i confini. Fu così che essa venne all’orecchio di Pauley Wiseman, così come del reverendo Thrower, di Cavil Planter e di molte altre persone.
E fu per questo motivo che, quando Alvin finalmente trovò il coraggio di lasciare Vigor Church, in giro c’era un sacco di gente con l’occhio particolarmente attento agli stranieri che viaggiavano con un fagotto più o meno delle dimensioni di un vomere d’aratro; gente che scrutava tra le pieghe della tela di sacco per cogliere un riflesso dorato; gente che squadrava da capo a piedi ogni sconosciuto nell’eventualità che potesse trattarsi di un certo apprendista fuggiasco che aveva rubato l’eredità del suo padrone. Certuni, se fossero riusciti a mettere le mani sul vomere d’oro, sarebbero forse andati a Hatrack per restituirlo a Makepeace Smith. Ma in quanto a molti altri, potete star certi che un’idea del genere non li avrebbe sfiorati neanche di lontano.
RINGRAZIAMENTI
Nella preparazione di questo volume della saga di Alvin, ho, come sempre, usufruito della collaborazione di molte persone. Per lo sconfinato aiuto che hanno voluto darmi riguardo ai primi capitoli di questo libro ringrazio con tutto il cuore i generosi partecipanti al secondo Sycamore Hill Writers Workshop, in particolare: Carol Emshwiller, Karen Joy Fowler, Gregg Keizer, James Patrick Kelly, John Kessel, Nancy Kress, Shariann Lewitt, Jack Massa, Rebecca Brown Ore, Susan Palwick, Bruce Sterling, Mark L. Van Name, Connie Willis e Alien Wold.
Un grazie anche allo Utah State Institute of Fine Arts per aver voluto premiare il mio poema narrativo Prentice Alvin and the No-Good Plow. Quell’incoraggiamento mi ha indotto a svilupparne l’intreccio in prosa e in maniera più estesa; questo è il primo volume a comprendere parte della storia narrata in quel poema.
Per i particolari riguardanti la vita quotidiana, gli usi e i costumi della frontiera, ho attinto al meraviglioso libro di John Seymour The Forgotten Crafts (Knopf, New York, 1984) e al volume di L. Brownstone A Field Guide to America’s History (Facts on File, Inc., New York, 1984).
Sono grato a Gardner Dozois per aver concesso che alcune parti delle storie di Alvin comparissero nelle pagine dell’Isaac Asimov’s Science Fiction Magazine, consentendo loro di trovare un pubblico ancor prima dell’uscita in veste definitiva.
Beth Meacham della casa editrice Tor appartiene a quella specie di editors dal tocco magico ormai in via di estinzione; i suoi consigli non sono mai invadenti, sempre opportuni; e — tratto più unico che raro nell’ambiente editoriale — quando la cerco al telefono mi richiama sempre. Già per questo meriterebbe la beatificazione.
Ringrazio gli allievi del corso di scrittura da me tenuto a Greensboro nell’inverno e nella primavera del 1988 per i loro suggerimenti, che hanno condotto a importanti miglioramenti del libro; e mia sorella Janice, amica e assistente, per il suo contributo nel farmi tenere ben presenti tutti i particolari della storia.
E grazie soprattutto a Kristine A. Card, che sopporta le mie scorribande attraverso le numerose versioni di ciascuno dei miei libri prima ancora che vengano messi su carta, legge pazientemente le prime stesure, come escono dalla stampante del computer, ed è l’alter ego dietro a ogni pagina di tutto ciò che scrivo.
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