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Invece questo piccolo mulatto avrà bisogno di te, qualunque dono possa avere. In tutti quei sentieri vedo che, se lo accoglierai e lo crescerai, sarà tuo figlio molto più di me, sebbene il sangue che mi scorre nelle vene sia per metà tuo.

«Figlia» disse mamma «se oltrepasso questa soglia, cosa ne sarà di lui? E di noi?»

«Mi stai chiedendo di vedere per te, mamma?»

«Sì, piccola Peggy, anche se non te l’ho mai chiesto in vita mia, almeno non per me stessa.»

«Allora te lo dirò.» Peggy non aveva certo bisogno di scrutare lontano nei sentieri della vita di sua madre per scoprire quanto piacere avrebbe ricavato da quel ragazzo. «Se lo accogli e lo tratti come un figlio, non avrai mai di che pentirtene.»

«E tuo padre? Lo tratterà bene?»

«Non conosci forse tuo marito?»

Sua madre fece un passo verso di lei stringendo i pugni, anche se non aveva mai levato la mano su Peggy in vita sua. «Non fare l’insolente» disse.

«Ti sto parlando come parlo quando vedo» spiegò Peggy. «Hai chiesto i miei servigi di fiaccola, e io ti parlo da fiaccola.»

«Allora di’ quello che hai da dire.»

«È semplice. Se non sai come tuo marito tratterà questo ragazzo, significa che non lo conosci.»

«Dunque forse non lo conosco» ribatté mamma. «Forse non lo conosco affatto. O forse lo conosco, e voglio che tu mi dica se ho ragione.»

«Hai ragione» la tranquillizzò Peggy. «Lo tratterà bene, e farà in modo che si senta amato ogni giorno che il Signore gli concederà.»

«Ma gli vorrà bene davvero?»

Era una domanda cui Peggy non si sarebbe mai sognata di rispondere. Per papà l’amore non era nemmeno una lontana prospettiva. Si sarebbe preso cura del ragazzo per senso del dovere, tuttavia il giovane non avrebbe mai avvertito la differenza, l’avrebbe sentito come amore, e in fondo sarebbe stato un vincolo molto più saldo dell’amore. Spiegare tutto questo a mamma avrebbe significato però rivelarle quante cose in realtà suo padre facesse solo perché avvertiva il peso di quel suo antico peccato, e nella vita di sua madre non sarebbe mai giunto il momento in cui lei sarebbe stata pronta ad ascoltare quella storia.

Perciò Peggy si limitò a guardare sua madre e a risponderle come rispondeva a tutti coloro che spingevano lo sguardo troppo addentro a cose che in realtà non volevano conoscere. «Questo dovrà dirlo lui» replicò. «Ti basti sapere che la scelta che hai già preso in cuor tuo è una buona scelta. Questa decisione è già sufficiente a cambiarti la vita.»

«Ma ancora non ho deciso» ribatté mamma.

Nel suo cuore non c’era più un solo sentiero, nemmeno uno, in cui la vecchia Peg non convinceva i Berry a sostenere che il bambino era loro, e a lasciare che lei lo crescesse in casa sua.

«Sì che hai deciso» disse Peggy. «E ne sei felice.»

Sua madre si voltò e se ne andò, chiudendosi piano la porta alle spalle per non svegliare il predicatore itinerante che dormiva nella camera al piano di sopra.

Peggy si sentì per un istante a disagio, senza riuscire a comprenderne il motivo. Se ci avesse pensato sopra, avrebbe capito che quel disagio era dovuto al fatto che aveva ingannato sua madre, anche se sul momento non se n’era resa conto. Quando Peggy veniva consultata da qualcun altro, si preoccupava sempre di esplorare per un bel tratto i diversi sentieri della sua esistenza, in cerca di tenebre generate da cause imprevedibili. Ma Peggy era così sicura di conoscere suo padre e sua madre che non si era curata di guardare nient’altro all’infuori di ciò che sarebbe accaduto nell’immediato futuro. È così che succede con i propri familiari. Si crede di conoscerli così bene che si finisce col non conoscerli affatto. Sarebbero trascorsi anni prima che Peggy ripensasse a quel giorno per scoprire come mai non aveva visto ciò che sarebbe accaduto. A volte s’immaginava perfino che il suo dono l’avesse tradita. Ma non era stato così. Era stata lei a tradire il suo dono. Non era la prima persona a farlo, né l’ultima, né la più colpevole. Ma pochi se ne sarebbero crucciati più di lei.

Quel momento di disagio passò, e Peggy non ci pensò più: rivolse la sua attenzione alla piccola Nera distesa sul pavimento di cucina. Era sveglia, con gli occhi aperti. Il bambino continuava a frignare. Senza che la ragazza pronunciasse una sola parola, Peggy capì che voleva che il bambino le venisse attaccato al seno, ammesso che gli fosse rimasto qualcosa da succhiare. La ragazza non aveva nemmeno la forza di aprirsi la logora camicetta di cotone. Peggy dovette sedersi accanto a lei stringendo il bambino a sé, mentre con la mano libera cercava di sbottonare la camicetta. Il torace della ragazza era così magro che le si potevano contare le costole, e le mammelle somigliavano a borse da sella gettate su una staccionata. Ma i capezzoli erano ancora abbastanza eretti perché il bambino vi si potesse attaccare, e ben presto sulle labbra del piccolo comparve una schiuma bianca, cosicché si capì che c’era ancora qualcosa, perfino in quel momento, perfino negli ultimi attimi di vita di sua madre.

La ragazza era troppo debole per parlare, ma non ce n’era bisogno. Peggy udì quel che avrebbe voluto dire, e le rispose. «Il tuo bambino lo prenderà mia madre» mormorò. «E sta’ sicura che nessuno si azzarderà a farne uno schiavo.»

Queste erano le parole che la ragazza desiderava udire più di tutte… queste, e il rumore del bambino che avidamente succhiava, deglutiva e mugolava attaccato al suo seno.

Ma Peggy voleva che, prima di morire, la Nera sapesse anche qualcos’altro. «Il tuo bambino conoscerà tutto di te» disse alla ragazza. «Saprà che hai sacrificato la tua vita per volare via e donargli la libertà. Non temere che possa mai dimenticarti, perché così non sarà.»

Poi Peggy scrutò nella fiamma vitale del bambino, la esplorò per scoprire che cosa sarebbe diventato. Ah, certo vide molta sofferenza, perché la vita di un piccolo mulatto in una cittadina di Bianchi sarebbe stata difficile, qualunque sentiero avesse deciso d’intraprendere. Eppure vide abbastanza per comprendere la natura del bambino le cui dita afferravano e stringevano il petto nudo di sua madre. «Diventerà un uomo per cui varrà la pena di aver perso la vita. Anche questo ti prometto.»

La ragazza fu felice di udire quelle parole. Esse anzi la rassicurarono al punto che riuscì ad assopirsi. Qualche tempo dopo anche il bambino, sazio, si addormentò. Peggy lo tirò su, lo avvolse in una coperta e lo depose di nuovo nell’incavo del braccio piegato della ragazza. Fino all’ultimo istante di vita di tua madre, tu sarai con lei, disse silenziosamente al bambino. Ti racconteremo anche questo, che tua madre, morendo, ti stringeva tra le braccia.

Morendo… Papà era fuori con Po Doggly, a scavarle la fossa; la mamma era dai Berry, a chieder loro di aiutarla a salvare la vita e la libertà di suo figlio; e Peggy intanto la immaginava già morta.

Ma non era morta, per il momento almeno. E all’improvviso a Peggy venne in mente, con un lampo di rabbia, che era stata troppo stupida a non pensarci prima, a non pensare che al mondo esisteva una persona capace di guarirla. Alvin non si era forse inginocchiato accanto a Ta-Kumsaw alla battaglia di Detroit, quando il grande guerriero rosso non era altro che un corpo crivellato di pallottole? Non si era forse inginocchiato accanto a lui e non l’aveva guarito? Alvin avrebbe potuto salvare la ragazza, se fosse arrivato in tempo.

Peggy gettò lo sguardo nelle tenebre, in cerca della fiamma vitale che ardeva così vividamente, la fiamma vitale che lei conosceva meglio di qualsiasi altra, persino della propria. Ed eccolo infatti, che correva nell’oscurità alla maniera dei Rossi, quasi dormisse, e la terra intorno a lui fosse la sua anima. Stava arrivando più in fretta di quanto avrebbe potuto fare qualsiasi Bianco, perfino montando il cavallo più veloce e sulla migliore delle strade che univano il Wobbish all’Hatrack, ma non sarebbe giunto prima dell’indomani a mezzogiorno, e a quell’ora la schiavetta fuggiasca si sarebbe già trovata nel cimitero di famiglia. Per una questione di nemmeno mezza giornata, la Nera non avrebbe incontrato l’unico uomo di quella terra che avrebbe potuto guarirla.