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Con una folata di vento gelido, la porta si aprì, lasciando entrare Mock Berry. Sembrava stanco e mezzo congelato, e in effetti lo era.

I ragazzi non fecero il minimo caso alla sua presenza. «Dietro il fienile non ci sono stufe» protestò Daisy.

«E allora pensateci un momento su, prima di aprir bocca» tagliò corto Vanderwoort.

Alvin vide Mock Berry lanciare un’occhiata di sbieco alla stufa, senza fare il minimo tentativo di avvicinarsi. In una giornata come quella, nessun uomo con un briciolo di cervello sarebbe restato lontano dalla stufa. Ma Mock Berry sapeva che esistevano cose peggiori del freddo. Perciò si diresse senza esitare verso il bancone.

Vanderwoort non poteva non averlo notato, tuttavia per qualche tempo rimase a osservare Martin e Daisy che facevano compitare ad Arthur Stuart le parole più difficili, senza prestare la minima attenzione a Mock Berry.

«Suskwahenny» disse Daisy.

«S-U-S-K-W-A-H-E-N-N-Y» compitò Arthur.

«Scommetto che quel ragazzo potrebbe vincere qualsiasi gara di ortografia» borbottò Vanderwoort.

«È arrivato un cliente» disse Alvin.

Vanderwoort si voltò lentamente, guardando Mock Berry con volto inespressivo. Poi, sempre muovendosi con estrema lentezza, si avvicinò al banco e restò in piedi davanti a Mock senza dire una parola.

«Mi servirebbero solo due libbre di farina e dodici piedi di quella corda da mezzo pollice» disse Mock.

«Hai sentito?» ridacchiò Daisy. «Forse ha intenzione d’imbiancarsi la faccia e poi impiccarsi.»

«Come si scrive ‘suicidio’, ragazzo?» domandò Martin.

«S-U-I-C-I-D-I-O» compitò Arthur Stuart.

«Non facciamo credito» disse Vanderwoort.

Mock posò sul bancone alcune monete. Vanderwoort le considerò per qualche istante. «Sei piedi di corda.»

Mock tacque.

Vanderwoort tacque.

Alvin sapeva che quel denaro era più che sufficiente per ciò che Mock voleva acquistare. Non riusciva a credere che Vanderwoort alzasse i prezzi per un uomo povero in canna ma onesto lavoratore come pochi altri in città. Anzi, cominciava a capire come mai Mock fosse rimasto così povero. Alvin comunque sapeva di non poter fare molto per aiutarlo; ma per lo meno poteva fare ciò che Horace Guester una volta aveva fatto per lui con il suo padrone, Makepeace: costringere Vanderwoort a venire allo scoperto, rinunciando a ogni ipocrisia. Perciò Alvin posò sul banco il conto che Vanderwoort gli aveva appena consegnato. «Mi spiace di sentire che non fate più credito» disse Alvin. «Andrò a prendere i soldi da Goody Guester.»

Vanderwoort lo guardò fisso. A questo punto aveva due possibilità: mandare Alvin a prendere i soldi, o dichiarare apertamente che ai Guester avrebbe fatto credito, e a Mock Berry no.

Naturalmente Vanderwoort scelse una terza soluzione. Senza dire una parola, andò nel retrobottega e pesò la farina. Poi misurò dodici piedi di corda da mezzo pollice. Vanderwoort era noto per la sua onestà non solo nei pesi e nelle misure ma anche nei prezzi, ed era per questo motivo che Alvin c’era rimasto male nel vederlo comportarsi diversamente con Mock Berry.

Mock prese la fune e la farina, e fece per andarsene.

«Dimentichi il resto» disse Vanderwoort.

Mock si voltò, cercando di mascherare la sorpresa. Tornò indietro e guardò Vanderwoort contare sul bancone un decino e tre centesimi. Poi, dopo un attimo di esitazione, Mock raccolse le monetine dal piano di legno e se le mise in tasca.

«Grazie, signore» disse. Poi uscì nel gelo.

Vanderwoort tornò a voltarsi verso Alvin, con espressione adirata o forse solo stizzita. «Non posso fare credito a chiunque.»

Be’, Alvin avrebbe potuto dire qualcosa a proposito del fatto che per lo meno avrebbe potuto fare gli stessi prezzi a Bianchi e Neri, ma non voleva guastare i propri rapporti col signor Vanderwoort, che in fondo era una brava persona. Perciò sorrise affabilmente e disse: «Certo, lo so bene. Quei Berry sono poveri quasi come me».

Vanderwoort si rilassò, il che significava che teneva di più alla stima di Alvin che a rifarsi per la brutta figura. «Devi capire, Alvin, che per un commerciante non è bene avere gente simile in giro per il negozio. Nessuno ha niente da ridire su quel tuo mulattino — da piccoli sono così carini — ma se la gente pensasse di poter trovare qui uno di loro se ne starebbe alla larga.»

«So che Mock Berry è uno che sa mantenere la parola data» disse Alvin. «E non ho mai sentito dire che rubasse, battesse la fiacca e via dicendo.»

«No, nessuno ha mai detto di lui cose del genere.»

«Sono felice di sapere che considerate sia me sia lui tra i vostri clienti» sorrise Alvin.

«Ehi, Daisy, sta’ un po’ a sentire» disse Martin. «Penso che Alvin l’apprendista abbia cambiato mestiere e si sia messo a fare il predicatore. Come si scrive ‘reverendo’, figliolo?»

«R-E-V-E-R-E-N-D-O.»

Vanderwoort vide che le cose rischiavano di prendere una brutta piega, per cui cercò di cambiare argomento. «Come ti dicevo, Alvin, è facile che in una gara di ortografia questo ragazzo si piazzi al primo posto in tutta la contea, non credi? Perché non s’iscrive al campionato della contea, la settimana prossima? Penso proprio che con lui la città di Hatrack potrebbe vincere i campionati regionali. E se vuoi proprio sapere la mia opinione, potrebbe vincere addirittura i campionati nazionali.»

«Come si scrive ‘campionato’?» domandò Daisy.

«La signorina Larner non me l’ha spiegato» disse Arthur Stuart.

«Be’, cerca di arrivarci da solo» lo incoraggiò Alvin.

«C-A-M-P…» fece Arthur. «…E-O-N-A-T-O.»

«A me sembra che vada bene» disse Daisy.

«Da questo si capisce quanto ne sai» commentò Martin.

«Sapresti fare di meglio?» chiese Vanderwoort.

«Non devo mica partecipare alla gara di ortografia, io» ribatté Martin.

«Gara di ortografia?» chiese Arthur Stuart. «Che cos’è?»

«È ora di andare» disse Alvin. Sapeva fin troppo bene che Arthur Stuart non figurava ufficialmente fra gl’iscritti della scuola elementare di Hatrack, e perciò non aveva nessuna speranza di partecipare alla competizione. «Ah, signor Vanderwoort, devo pagarvi i biscotti.»

«Non farò certo pagare due biscotti a un amico» disse Vanderwoort.

«Sono orgoglioso di sapere che mi considerate fra i vostri amici» disse Alvin. Ed era vero: solo una brava persona poteva essere sorpresa a fare qualcosa che non andava, e poi trattare da amico colui che l’aveva colta in fallo.

Alvin riavvolse Arthur Stuart nelle sue numerose sciarpe, poi si coprì ben bene a sua volta e infine si buttò a testa in avanti nella bufera, stavolta portandosi sulle spalle il sacco di tela in cui c’erano gli acquisti. Infilò il sacco sotto il sedile della slitta in modo che la neve non lo bagnasse. Poi sollevò di peso Arthur Stuart sulla slitta e vi salì a sua volta. I cavalli parvero ben felici di rimettersi in movimento: rimanere tutto quel tempo immobili al freddo non era stato piacevole.

Sulla via del ritorno verso la locanda, raggiunsero Mock Berry che avanzava faticosamente nella neve e gli diedero un passaggio fino a casa. Nessuno disse una sola parola a proposito di ciò che era accaduto nell’emporio del signor Vanderwoort, ma Alvin sapeva che ciò non significava che l’altro non avesse apprezzato il suo gesto. Pensò che Mock Berry fosse tremendamente imbarazzato all’idea che ci fosse voluto un apprendista diciottenne per ottenere misure giuste e prezzi equi all’emporio di Vanderwoort… e solo perché quel ragazzo era bianco. Non era il genere di cose di cui un uomo si divertisse a chiacchierare.

«Salutami Goody Berry» gridò Alvin quando Mock saltò giù dalla slitta davanti al viottolo che conduceva a casa sua.

«Certo» disse Mock. «E grazie per il passaggio.» Fatti non più di sei passi scomparve in mezzo alla neve che turbinava da ogni parte. Il vento era sempre più forte.