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«Solo che nel mezzo ci sono molti più passaggi, credo. Non capite che questo spiegherebbe tutto quanto? Il motivo, per esempio, per cui non devo far altro che immaginare una nuova forma o un nuovo disegno o un nuovo ordine, e costruirlo nella mia mente, e se lo penso in modo sufficientemente chiaro e solido, e ordino ai frammenti di trasformarsi… ebbene, si trasformano. Perché quei frammenti sono vivi. Possono essere piccolissimi e non troppo intelligenti, ma se lo mostro loro con sufficiente chiarezza, riescono a farlo.»

«Tutto questo è troppo strano per me, Alvin. Pensare che tutto quanto in realtà si riduca a nulla…»

«No, signorina Larner, non riuscite a capire la cosa fondamentale. La cosa fondamentale è che tutto è vivo. Che tutto è formato di atomi viventi, che obbediscono agli ordini ricevuti da Dio. E semplicemente obbedendo a quegli ordini, ebbene, alcuni di essi si trasformano in luce e calore, altri in ferro, altri in acqua, altri in aria, e altri ancora nella pelle e nelle ossa di cui siamo fatti noi. Tutte queste cose sono reali, e di conseguenza sono reali anche gli atomi.»

«Alvin, io ti ho parlato degli atomi perché mi sembrava una teoria interessante. I più grandi pensatori della nostra epoca però sono convinti che essi non esistano.»

«Vi chiedo scusa, signorina Larner, ma i più grandi pensatori non hanno mai visto le cose che ho visto io, perciò non sanno proprio un accidente. Per parte mia vi dico che è l’unica idea in base alla quale penso che si possa spiegare tutto, sia quello che vedo sia quello che faccio.»

«Ma questi atomi da dove vengono?»

«Non vengono da nessuna parte. Oppure in realtà vengono da tutte le parti. Forse esistono e basta. Sono sempre esistiti ed esisteranno in eterno. Non possono essere divisi. Non possono morire. Non si possono creare né distruggere. Sono eterni.»

«Allora non è stato Dio a creare il mondo.»

«Ma certo che è stato Dio. È stato Lui a collocare ciascun atomo in un certo posto in modo da sapere dove si trovava, e in modo che anche l’atomo stesso sapesse dove si trovava… e tutto ciò che esiste nell’universo è composto di quegli atomi.»

La signorina Larner rifletté molto, molto a lungo. Alvin la osservava in silenzio. Era tutto vero, ne era certo, o per lo meno più vero di qualsiasi altra cosa avesse udito o pensato fino a quel momento. A meno che lei non riuscisse a trovare qualche pecca nel suo ragionamento. Tante volte nel corso di quell’anno era accaduto che la signorina Larner mettesse in rilievo qualcosa che lui aveva dimenticato, qualche motivo per cui la sua idea non poteva funzionare. Perciò attese che la signorina Larner sollevasse un’obiezione. Qualcosa che non tornava.

Forse sarebbe successo proprio così. Tuttavia, mentre la signorina Larner rifletteva davanti alla fucina, entrambi udirono un rumore di zoccoli che risalivano al piccolo galoppo la strada di Hatrack. E naturalmente entrambi alzarono lo sguardo per vedere chi stesse arrivando così di fretta.

Erano lo sceriffo Pauley Wiseman e due uomini che Alvin non aveva mai visto prima d’allora. Dietro di loro sobbalzava la carrozza del dottor Physicker, a cassetta della quale c’era il vecchio Po Doggly. E non passarono oltre. Si fermarono proprio sulla curva davanti alla fucina.

«Signorina Larner» disse Pauley Wiseman. «Arthur Stuart è per caso da queste parti?»

«Perché me lo chiedete?» domandò lei. «Chi sono questi uomini?»

«È qui» annunciò uno degli uomini. Quello dai capelli bianchi. In mano aveva una minuscola scatola. Entrambi gli stranieri la guardarono, poi alzarono lo sguardo verso il deposito. «Lassù» indicò l’uomo dai capelli bianchi.

«Vi servono altre prove?» chiese Pauley Wiseman. Si era rivolto al dottor Physicker, che adesso era sceso dalla carrozza. Appariva sconvolto, con un’espressione di furia impotente.

«Cacciatori» mormorò la signorina Larner.

«Proprio così» disse l’uomo dai capelli bianchi. «E lassù si nasconde uno schiavo fuggiasco, signora.»

«Niente affatto» si oppose lei. «È un mio allievo, legalmente adottato da Horace e Margaret Guester…»

«Abbiamo una lettera del suo proprietario con la data di nascita, ed ecco qui il suo contrassegno. È proprio lui. Siamo Cacciatori giurati e certificati, signora. Ciò che catturiamo nessuno ce lo può togliere. Questa è la legge. Se v’intromettete, ostacolate il corso della giustizia.» L’uomo aveva parlato a bassa voce, con grande pacatezza e cortesia.

«Non dovete preoccuparvi, signorina Larner» disse il dottor Physicker. Ho già un’ordinanza del sindaco, e questa basterà a trattenerlo qui fino all’arrivo del giudice, domani.»

«Trattenerlo in prigione, si capisce» precisò Pauley Wiseman. «Meglio evitare che a qualcuno venga in mente di scappare con lui, nevvero?»

«Comunque non gli servirebbe a molto» disse il Cacciatore dai capelli bianchi. «Se a qualcuno venisse un’idea del genere, noi non faremmo altro che seguirlo. E a quel punto probabilmente spareremmo, come si spara a un ladro che fugge con un oggetto rubato.»

«Non avete nemmeno avvertito i Guester, immagino!» esclamò la signorina Larner.

«E come avrei potuto farlo?» disse il dottor Physicker. «Dovevo restare con loro, per assicurarmi che non se lo portassero via.»

«Noi rispettiamo la legge» affermò il Cacciatore dai capelli bianchi.

«Eccolo lì» gridò il Cacciatore dai capelli neri.

Arthur Stuart era in piedi sulla soglia del vecchio deposito.

«Resta dove sei, ragazzo!» urlò Pauley Wiseman. «Se muovi un dito, ti frusto fino a ridurti la pelle a brandelli!»

«Non avete nessun bisogno di minacciarlo» protestò la signorina Larner, ma non c’era più nessuno che potesse udirla perché tutti stavano risalendo di corsa il pendio.

«Non fategli male!» gridò il dottor Physicker.

«Se non scappa, nessuno gli farà niente» disse il Cacciatore dai capelli bianchi.

«Alvin» mormorò la signorina Larner. «Non farlo.»

«Non devono prendere Arthur Stuart…»

«Non devi usare i tuoi poteri in questo modo. Non per far del male a qualcuno.»

«Vi ho detto…»

«Pensaci bene, Alvin. Abbiamo tempo fino a domani. Forse il giudice…»

«Rinchiuderlo in prigione!»

«Se succedesse qualcosa ai Cacciatori, arriverebbe immediatamente la polizia federale per applicare il Trattato sugli Schiavi Fuggiaschi. Capisci? Non sarebbe un delitto di competenza locale come l’omicidio. Ti porterebbero negli Appalachi e là ti processerebbero.»

«Non posso starmene qui senza far nulla.»

«Corri ad avvertire i Guester.»

Alvin restò immobile per un istante. Se fosse dipeso da lui, avrebbe carbonizzato le mani a quei Cacciatori non appena si fossero provati a toccare Arthur. Ma il ragazzo era già in mezzo a loro, e le dita dei due Cacciatori gli stringevano le braccia come artigli. La signorina Larner aveva ragione. Dovevano trovare il modo di liberare Arthur una volta per tutte. Agire con precipitazione non avrebbe fatto che peggiorare le cose.

Alvin corse a casa dei Guester. La loro reazione lo sorprese. Pareva che avessero trascorso gli ultimi sette anni aspettandosi da un momento all’altro qualcosa del genere. La vecchia Peg e Horace si limitarono a scambiarsi un’occhiata, e senza dire una parola la vecchia Peg cominciò a fare i bagagli, impacchettando le sue cose e quelle di Arthur Stuart.

«Come mai prende anche i suoi vestiti?» chiese Alvin.

Horace sorrise amaramente. «Non ha nessuna intenzione di lasciare che Arthur Stuart trascorra una notte in prigione da solo. Perciò si farà rinchiudere insieme a lui.»

Non si poteva darle torto… Ma era strano pensare a gente come Arthur Stuart e la vecchia Peg Guester in prigione.