Un Nero senza pantaloni che scappa da casa mia, dove un istante fa una donna ha lanciato un grido. Per un istante, Cavil fu combattuto fra il desiderio d’inseguire il Nero per ucciderlo a mani nude, e il bisogno di salire in camera di Dolores per accertarsi che non le fosse accaduto niente. Sperò con tutto se stesso di essere giunto in tempo per salvarla da qualsiasi contaminazione.
Cavil salì i gradini a quattro per volta irrompendo in camera di sua moglie. Dolores era a letto con le lenzuola tirate fino al mento, e lo guardava con gli occhi sgranati dalla paura.
«Che cos’è successo?» esclamò Cavil. «Stai bene?»
«Certo che sto bene!» rispose lei bruscamente. «Che ci fai a casa?»
Non era la risposta che ci si poteva aspettare da una donna che aveva appena gettato un grido di paura. «Ho sentito il tuo grido» disse Cavil. «Non mi hai sentito rispondere?»
«Da quassù sento tutto» ribatté Dolores. «Da mattina a sera non ho altro da fare che starmene qui distesa ad ascoltare. Sento tutto quello che si dice e tutto quello che si fa in questa casa. Sì, ti ho sentito. Ma non ti avevo chiamato.»
Cavil era sbalordito. Dolores sembrava infuriata. Era la prima volta che la sentiva parlare così. Negli ultimi tempi, anzi, lei non gli aveva quasi rivolto la parola… Quando lui faceva colazione lei dormiva ancora, e le loro cene venivano consumate nel più assoluto silenzio. E adesso quella rabbia… Perché? Perché proprio in quel momento?
«Ho visto un Nero scappare da questa casa» mormorò. «Ho pensato che forse…»
«Forse che cosa?» Dolores aveva pronunciato quelle parole come una sfida, una provocazione.
«Forse ti aveva fatto del male.»
«No, non mi ha fatto del male.»
Nella mente di Cavil cominciò a insinuarsi un’idea, un’idea così spaventosa che egli non riusciva nemmeno a considerarla. «E che cosa ti ha fatto, allora?»
«La stessa santa opera che tu hai compiuto per tutti questi anni, Cavil.»
Cavil ammutolì. Dolores sapeva. Sapeva tutto.
«L’estate scorsa, quando è venuto il tuo amico, il reverendo Thrower, io ero qui distesa ad ascoltare mentre voi due discorrevate al piano di sotto.»
«Stavi dormendo. Avevi la porta…»
«Ho sentito tutto. Ogni parola, ogni sussurro. Vi ho sentiti uscire. Vi ho sentiti parlare a colazione. Lo sai? Avrei voluto ammazzarti. Per anni avevo creduto che tu fossi un marito amorevole, una specie di santo, e invece te la spassavi con tutte le Nere su cui riuscivi a mettere le mani. E poi vendevi i tuoi figli come schiavi. Ho pensato che tu fossi un mostro. Un essere così malvagio che lasciarti vivere un secondo di più sarebbe stato un abominio. Ma le mie mani non potevano stringere un coltello o premere il grilletto di una pistola. Perciò me ne sono rimasta qui distesa, a pensare. E sai che cos’ho pensato?»
Cavil non sapeva che rispondere. Da come lo raccontava lei, sembrava tutto così sporco e peccaminoso. «Non era così, era un’opera santa!» esclamò.
«Era adulterio!»
«Avevo avuto una visione!»
«Ah, già, la tua visione. Be’, signor Cavil Planter, a quanto pare la tua visione ti ha convinto che generare bambini mezzi Bianchi fosse una buona cosa. Benissimo. Ma ora ho una grande notizia per te. Anch’io posso partorire bambini mezzi Bianchi!»
Ora tutto era chiaro. «Ti ha violentata!»
«Non mi ha affatto violentata, Cavil. Sono stata io a invitarlo qui. Gli ho detto che cosa doveva fare. L’ho convinto a dirmi che ero la sua donna e a recitare preghiere prima e dopo, in modo che la cosa non fosse meno santa di quella che facevi tu. Abbiamo rivolto le nostre preghiere anche al tuo dannato Sorvegliante, ma chissà perché non si è mai fatto vivo.»
«Non è possibile. Non è mai accaduto.»
«Molto spesso, invece. Ogni volta che lasciavi la piantagione, tutto l’inverno, tutta la primavera.»
«Non ci credo. Stai mentendo per ferirmi. L’ha detto il dottore che non potevi farlo… che ti faceva troppo male.»
«Cavil, prima che io scoprissi ciò che facevi con quelle Nere, pensavo di sapere che cosa fosse il dolore, ma tutta quella sofferenza non era niente, capisci? Potrei sopportarla ogni giorno fino al giorno del Giudizio, e considerarla una festa. Sono incinta, Cavil.»
«Ti ha violentata. Questo è quello che diremo a tutti, e per dare l’esempio impiccheremo quel lurido stupratore, e…»
«Impiccarlo? In questa piantagione c’è un solo stupratore, Cavil, e non pensare per un solo istante che non andrei a raccontarlo. Se osi mettere le mani addosso al padre di mio figlio, racconterò all’intera contea quello che hai fatto. Una domenica andrò in chiesa e lo racconterò dal pulpito.»
«L’ho fatto al servizio del…»
«E pensi davvero che ti crederanno? Non più di me. La parola giusta per ciò che hai fatto non è santità. È concupiscenza. Adulterio. Passione carnale. E quando mio figlio nascerà Nero e lo si saprà in giro, tutti quanti ti si rivolteranno contro. Ti cacceranno.»
Cavil capì che aveva ragione. Nessuno gli avrebbe creduto. Era rovinato. A meno di non fare una cosa semplicissima.
Uscì dalla stanza di Dolores. Distesa nel suo letto, lei continuava a ridere, a provocarlo. Cavil andò in camera sua, prese il fucile dalla parete, versò la polvere, infilò uno stoppaccio, quindi mise una doppia carica di pallettoni e la calcò ben bene con un secondo stoppaccio.
Quando rientrò in camera di Dolores, questa non rideva più. Aveva il viso rivolto alla parete e piangeva. Troppo tardi per le lacrime, pensò Cavil. Lei non si voltò neanche mentre Cavil avanzava verso il letto e le strappava di dosso le coperte. Sotto, era nuda come un pollo spennato.
«Coprimi!» piagnucolò lei. «È scappato così di fretta che non mi ha rivestita. Ho freddo! Coprimi, Cavil…»
Poi vide il fucile.
Gettò in aria le mani deformate dalla malattia. Il suo corpo si rattrappì sul letto. Il tentativo di muoversi troppo in fretta le strappò un grido di dolore. Poi Cavil premette il grilletto e il corpo di Dolores ricadde di colpo, mentre un ultimo sospiro le gorgogliava dalla sommità del collo.
Cavil tornò in camera sua e ricaricò il fucile.
Trovò Volpe Grassa vestito di tutto punto, intento a lucidare la carrozza. Quell’incorreggibile bugiardo pensava di poter imbrogliare Cavil Planter. Ma Cavil non si curò nemmeno di ascoltare le sue menzogne. «La tua donna vuole vederti di sopra» disse.
Volpe Grassa continuò a protestare la sua innocenza finché non entrò nella stanza e non vide il corpo sul letto. Allora cambiò musica. «Mi ha costretto! Che cosa potevo fare, padrone? Come voi con le nostre donne, padrone! Che cos’altro può fare uno schiavo nero? Deve obbedire, non è vero? Come le donne con voi!»
Cavil sapeva riconoscere di primo acchito un ragionamento diabolico, e non gli prestò il minimo ascolto. «Spogliati e fallo di nuovo» disse. Volpe Grassa gridò e pianse, ma quando Cavil gli piantò fra le costole la canna del fucile fu costretto a ubbidire. Chiuse gli occhi per non vedere ciò che il fucile di Cavil aveva fatto a Dolores, e fece ciò che gli era stato ordinato. Poi Cavil premette nuovamente il grilletto.
Pochi minuti dopo, Lashman giunse di corsa dal campo più lontano, tutto affannato per lo sforzo e per la paura suscitata in lui dagli spari. Cavil gli andò incontro in fondo alle scale. «Rinchiudi gli schiavi, Lashman, e poi corri a chiamare lo sceriffo.»
All’arrivo dello sceriffo, Cavil lo condusse al piano di sopra e gli mostrò quel che era successo. Lo sceriffo impallidì. «Buon Dio» mormorò.