Выбрать главу

«È omicidio, sceriffo? Sono stato io. Avete intenzione di portarmi in prigione?»

«Nossignore» disse lo sceriffo. «Da queste parti nessuno lo definirebbe omicidio.» Poi guardò Cavil con un’espressione sgradevole. «Che razza d’uomo siete, Cavil?»

Per un istante Cavil non capì.

«Mostrarmi vostra moglie in quello stato. Per quanto mi riguarda, preferirei morire prima di lasciare che qualcun altro vedesse mia moglie ridotta in quel modo.»

Lo sceriffo se ne andò. Lashman ordinò agli schiavi di ripulire la stanza. Nessuno dei due ebbe un funerale. Entrambi vennero seppelliti nello stesso luogo in cui riposava Salamandy. Cavil non dubitò che sulla tomba fosse stato sgozzato più di un pollo, però a quel punto non gliene importava un fico secco. Era alla decima bottiglia di bourbon, e alla decimillesima preghiera borbottata a fior di labbra. Ma il Sorvegliante si guardava bene dal farsi vedere.

Circa una settimana dopo, o forse qualche giorno di più, lo sceriffo tornò a fargli visita, stavolta accompagnato dal prete cattolico e dal pastore battista. I tre destarono Cavil dal suo sonno da ubriaco, sventolandogli davanti agli occhi un assegno da venticinquemila dollari. «I vostri vicini hanno fatto una colletta» spiegò il prete.

«Non ho bisogno di soldi» borbottò Cavil.

«Non avete capito. Comprano la piantagione.»

«Non è in vendita.»

Lo sceriffo scosse la testa. «Non ci siamo capiti, Cavil. Certo, è stata una brutta faccenda. Ma lasciare che la gente vedesse vostra moglie in quello stato…»

«L’ho fatta vedere solo a voi.»

«Non siete un gentiluomo, Cavil.»

«E poi c’è la questione dei bambini» intervenne il pastore battista. «Per essere figli di schiavi hanno una carnagione singolarmente chiara, considerando che i vostri soggetti da riproduzione sono tutti neri come la pece.»

«È un miracolo del Signore» biascicò Cavil. «Dio vuole schiarire la razza nera.»

Lo sceriffo gli porse un pezzo di carta. «È un atto di cessione di tutte le vostre proprietà — schiavi, edifici e terreni — a una società per azioni costituita dai vostri vicini.»

Cavil lesse il documento. «Qui si tratta degli schiavi che si trovano attualmente nella proprietà» disse. «Ma io vanto diritti anche su uno schiavo fuggiasco, un ragazzo che in questo momento si trova al Nord.»

«Non c’interessa. Se riuscite a trovarlo, potete tenervelo. Spero abbiate notato che questo atto comprende anche una clausola per cui non farete mai ritorno in questa contea o in nessuna delle contee confinanti per il resto dei vostri giorni.»

«L’ho letta» disse Cavil.

«Posso assicurarvi che, se non rispetterete i termini dell’accordo, i vostri giorni giungeranno a una fine prematura. Nemmeno uno sceriffo coscienzioso e lavoratore come me potrebbe proteggervi da ciò che vi accadrebbe.»

«Avevate assicurato che non ci sarebbero state minacce» mormorò il prete.

«Cavil deve essere al corrente delle possibili conseguenze» precisò lo sceriffo.

«Non tornerò» disse Cavil.

«Pregate il Signore perché vi conceda il Suo perdono» mormorò il pastore.

«Statene certo» disse Cavil. Poi firmò il documento.

Quella sera stessa se ne andò con in tasca un assegno da venticinquemila dollari: aveva con sé un cavallo da soma, un cambio d’abiti e una settimana di provviste. Nessuno era venuto ad augurargli il buon viaggio. Gli schiavi innalzavano canti di giubilo nelle loro baracche. Il cavallo depositò una montagnola di letame in fondo al viale d’ingresso. Intanto la mente di Cavil era occupata da un solo pensiero. Il Sorvegliante mi odia, o tutto questo non sarebbe mai accaduto. Ho solo un modo per riconquistare il Suo amore. Trovare Alvin Smith, ammazzarlo, e riprendere mio figlio, l’ultimo schiavo che ancora mi appartiene.

Se ci riuscirò, mio Sorvegliante, vorrai concedermi il Tuo perdono e sanare le terribili piaghe che la Tua sferza ha aperto nella mia anima?

XXI

IL VIAGGIATORE

Alvin restò tutta l’estate a Vigor Church dai suoi genitori, imparando daccapo a conoscere i suoi familiari. Ciascuno di loro era cambiato, e non di poco: Cally era ormai un uomo, Measure aveva una moglie e dei bambini, i gemelli Wastenot e Wantnot si erano sposati con due sorelle francesi di Detroit, papà e mamma avevano entrambi un sacco di capelli grigi e si muovevano più lentamente di quanto ad Alvin sarebbe piaciuto vedere. Ma certe cose non erano cambiate… In tutti loro era ancora presente l’antico spirito giocoso, e l’atmosfera di cupa tristezza che era piombata su Vigor Church dopo il massacro del Tippy-Canoe era… be’, non scomparsa, si era piuttosto trasformata in una specie di ombra che aleggiava su tutto, cosicché i momenti felici sembravano per contrasto ancor più luminosi.

Tutti si affezionarono immediatamente ad Arthur Stuart. Piccolo com’era, non gli pesò udire da tutti gli abitanti del villaggio la storia del Tippy-Canoe, e il modo migliore per contraccambiare fu, secondo lui, quello di raccontar loro la propria storia, che in realtà era un guazzabuglio tra la vicenda della sua vera mamma, quella di Alvin, e quella dei Cacciatori e di come la sua mamma bianca ne avesse ammazzato uno prima di morire.

Alvin di solito lo lasciava fare. Se ad Arthur Stuart piace tanto raccontare le cose in quel modo, non c’è motivo di farlo passare per bugiardo, pensava. D’altro canto, era dispiaciuto perché si rendeva conto che Arthur Stuart non parlava più con una voce diversa dalla propria. La gente di Vigor Church non avrebbe mai saputo quanto fosse divertente udire un bambinetto che ti rispondeva con la tua stessa voce. Anche così, comunque, era un vero piacere sentirlo parlare, perché Arthur Stuart continuava a ricordare alla perfezione tutto ciò che gli altri dicevano, senza dimenticarsi neanche una sillaba. Perché Alvin avrebbe dovuto sminuire ciò che restava del suo dono?

A parere di Alvin, inoltre, era un bene che di certe cose non si parlasse mai. C’era per esempio un certo fagotto di tela di sacco che nessuno aveva mai visto aprire. Non era proprio il caso di spargere la voce che un certo oggetto d’oro era stato visto a Vigor Church: il villaggio, che in pratica non aveva più conosciuto visitatori dal terribile giorno del massacro, ne avrebbe ben presto avuti molti più del necessario, e tutti del genere sbagliato, gente che andava in cerca d’oro e non si curava se qualcuno ne ricavava un danno. Quindi non fece mai parola del vomere d’oro. L’unica persona cui permise di sapere che egli aveva un segreto fu quella tomba di sua sorella Eleanor.

Alvin andò a farle visita all’emporio che lei e suo marito Corazza-di-Dio possedevano proprio sulla piazza cittadina, fin dai tempi in cui in quel posto non esisteva nemmeno una piazza. Una volta l’emporio era un punto d’incontro dove Bianchi e Rossi provenienti da tutta la regione si recavano per procurarsi mappe e notizie, all’epoca in cui i territori dal Mizzipy a Dekane erano ancora quasi completamente ricoperti dai boschi. Adesso era ancora piuttosto frequentato, ma soprattutto da gente del luogo, venuta a far spese o ad ascoltare le ultime novità provenienti dal mondo esterno. Poiché Corazza-di-Dio era l’unico maschio adulto di Vigor Church che non fosse stato colpito dalla maledizione di Tenska-Tawa, era anche l’unico che poteva recarsi senza difficoltà ad acquistare rifornimenti e a raccogliere le ultime notizie, riportando il tutto ai contadini e ai mercanti di Vigor Church. Il caso volle che quel giorno Corazza-di-Dio fosse in viaggio verso la cittadina di Mishy-Waka per ritirare una spedizione di oggetti di vetro e porcellana. Così all’emporio Alvin trovò solo Eleanor e il suo primogenito, Hector.

Le cose erano cambiate parecchio dai vecchi tempi. Eleanor, che nella fabbricazione dei talismani era quasi all’altezza di Alvin, non doveva più nascondere i suoi disegni esagonali in composizioni di fiori e piante aromatiche. Ora alcuni talismani erano chiaramente visibili, e questo significava che erano molto più precisi e potenti. Corazza-di-Dio doveva essersi un po’ ammorbidito riguardo alla magia e ai poteri segreti. Meglio così… Ai vecchi tempi Alvin aveva trovato quasi intollerabile che la povera Eleanor dovesse fingere di non essere ciò che era, o di non sapere ciò che sapeva.