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Effrim si stava avviando alla porta.

Giusto, Effrim. Colpisci e poi scappa. Niente di meglio.

Nel salutarli Effrim mise in atto il suo trucco più sbalorditivo: regalò loro un sorriso che, come quello dello Stregatto di Alice nel paese delle meraviglie, continuò a indugiare nella stanza anche dopo che lui si fu chiuso la porta alle spalle.

Mallory si alzò dal divano. «Verificherò l'esistenza di eventuali polizze sulla vita della prima e della seconda moglie a beneficio del padre del ragazzo.»

«Un momento, Mallory. Ci è stato chiesto di accertare le doti psicocinetiche del ragazzino, non di indagare sulla sua storia familiare.»

«Stai scherzando, vero?»

«Sì. Pranziamo?»

«Nel frigo non c'è niente.»

Era normale che il frigo dell'ufficio fosse vuoto. Mallory aveva affidato a lui il compito di fare la spesa. Lui aveva usato la lista per appuntarsi un paio di numeri telefonici e poi come segnalibro, ma aveva dimenticato di usarne una parte qualsiasi per la spesa.

«Andiamo da me.»

Attraversarono l'atrio che portava all'appartamento di Charles, dove l'occhiuta signora Ortega, impietosita dal pessimo rapporto che Charles mostrava di avere con i supermercati, si occupava dei rifornimenti. Quel giorno la donna delle pulizie aveva lasciato un biglietto sulla porta del frigorifero. Era una piantina della cucina con indicata la collocazione di tutte le trappole per topo da lei predisposte. Charles provò pena per il roditore che da qualche tempo frequentava casa sua.

Mallory si sedette al tavolo. La cucina era la stanza preferita di Charles. Sulle rastrelliere fissate ai muri erano allineate spezie, condimenti e strumenti per torturare gli ortaggi, affettarli, tagliarli a dadini e cuocerli nell'olio bollente. Charles posò sulla tavola tutto quanto trovò in frigo. Prelevando avanzi da vari contenitori di plastica e combinando cinque diversi tipi di formaggio, Mallory confezionò alcuni sandwich fin troppo creativi.

«Eri più felice alla Crimini Speciali, vero?» le chiese.

«Quando Markowitz era ancora vivo» rispose lei, dopo aver aperto un vasetto di sottaceti, averlo annusato e quindi approvato il contenuto con un cenno della testa. «Lavorare con Coffey non è la stessa cosa. Se torno, mi inchioda per sempre al centro informatico. Era veramente incazzato, l'ultima volta che ho visto la sua faccia. Non mi farà mai più lavorare sul campo.»

«Pensavo che la sospensione fosse solo una formalità.»

«Lo è. Quando spari a un criminale, vieni sospeso dal servizio e nel frattempo il Comitato civico di controllo esamina il caso.»

«Ma tu il rapinatore non l'hai ucciso, e lui aveva picchiato e derubato quel vecchio.»

«Coffey vede le cose sotto un'altra angolazione.»

«Allora non hai intenzione di sciogliere la nostra società?»

«No, non mi è mai passato per la mente. Ma questo non significa che non tornerò alla Crimini Speciali quando la sospensione sarà finita.»

Controllò l'orologio e andò ad accendere la piccola televisione poggiata sul bancone della cucina. Era l'ora del notiziario, e Mallory voleva tenersi aggiornata sui crimini che si verificavano in città.

«Credevo che il Dipartimento di Polizia vietasse agli agenti di avere un doppio lavoro.»

«Precisamente.» "E allora?" domandarono provocatoriamente le sue sopracciglia, inarcandosi.

Il telegiornale riferiva della carneficina quotidiana mostrando le immagini dell'Orologio della Morte di Times Square. Mentre il commentatore parlava, il numero delle morti per arma da fuoco degli Stati Uniti cresceva a ritmo vertiginoso sotto gli occhi di orde di automobilisti, di pedoni e di milioni di telespettatori.

«Odio quell'affare» disse Mallory, osservando l'avvicendarsi delle cifre sull'orologio.

«Mallory, mi sorprendi. Pensavo che apprezzassi questo approccio matematico alla morte per omicidio. Rende tutto così pulito ed efficiente.»

Mallory non replicò. Il suo volto si trasformò in una maschera gelida che indusse Charles a tacere a sua volta. Aveva sbagliato. Comprendere e anticipare le reazioni della sua socia era impossibile. Quel che le accadeva dentro era un mistero attorno al quale lui non riusciva a smettere di arrovellarsi.

Charles fissava il televisore, ma pensava all'ufficio in cui Mallory custodiva i suoi pericolosi giocattoli informatici. Indubbiamente, conservare la società aveva i suoi vantaggi per Mallory. Le permetteva di dedicarsi a una delle sue attività preferite fuori dal controllo di quanti nella sua attrezzatura avrebbero visto l'equivalente elettronico degli attrezzi di uno scassinatore.

«La notizia è appena pervenuta» disse lo speaker, riportando la mente di Charles in cucina e al momento presente. Sullo schermo televisivo era apparsa la faccia di Mallory.

«Un ufficiale di polizia è stato assassinato a Central Park. La vittima è il sergente Kathleen Mallory, figlia dello scomparso ispettore Louis Markowitz, morto in servizio nell'adempimento del suo dovere. Durante lo svolgimento delle indagini i particolari relativi all'omicidio non saranno resi pubblici.»

Charles guardò la Mallory viva, solida e tridimensionale che aveva di fronte come se avesse bisogno di verificarne l'esistenza. Nessuno dei due parlò.

Un po' di zapping confermò che anche gli altri telegiornali stavano dando la notizia della morte di Kathy.

Il telefono e il campanello della porta trillarono contemporaneamente. Le prime chiamate di condoglianze, pensò Charles. Mallory andò alla porta mentre lui sollevava il ricevitore.

«Pronto?»

«Charles, sono Riker. Non ascolti mai i messaggi in segreteria?»

«Riker, è per la notizia della morte di Mallory?»

«Sì» disse Riker. «Ti chiamo dall'ufficio del medico legale. Sono ore che cerchiamo inutilmente di rintracciare Mallory. È lì da te? Ti spiacerebbe passarmi la cara salma?»

Mallory tornò in cucina, seguita dalla dottoressa Henrietta Ramsharan dell'appartamento 3A. I morbidi capelli scuri di Henrietta erano sciolti sulle spalle. Indossava un paio di vecchi jeans e una camicia di denim. Nei suoi occhi c'era la confusione che chiunque proverebbe nel vedersi aprire la porta da un morto.

Il tenente Jack Coffey sedeva alla sua scrivania, nell'ufficio dell'ispettore Markowitz. Nonostante Louis Markowitz fosse morto, sarebbe per sempre rimasto il capo della Sezione Crimini Speciali, e quello sarebbe sempre stato il suo ufficio. Jack Coffey ringraziava il cielo che lo stipendio non fosse intestato al vecchio. Ma in quel momento stava pensando alla figlia di Markowitz, Kathleen Mallory.

Il rapporto di Palanski giaceva sulla sua scrivania, circondato da informazioni preliminari sul luogo del delitto inviate per fax dai colleghi del distretto della West Side. Sui fax le foto apparivano buie, ma i capelli chiari risaltavano attraverso le ombre sgranate, e così il profilo del corpo sottile, i jeans, le scarpe da jogging e il blazer dalla linea familiare. Per completare il rapporto mancava soltanto l'identificazione definitiva da parte di un amico della vittima.

Il sergente Riker sarebbe crollato dopo questa storia. La morte di Markowitz era stato un duro colpo. Quella di Mallory sarebbe stato troppo.

Coffey spense la lampada e, nonostante avesse solo trentasei anni, nell'alzarsi in piedi si aggrappò al tavolo come un vecchio.

Fissando la bacheca dei comunicati sul muro in fondo all'ufficio, si chiese se un po' d'acqua sulla faccia non lo avrebbe fatto sentire meno esausto.

Quale bastardo poteva essersi avvicinato a lei tanto da colpirla in quel modo? Nessuno. Non poteva essere.

Ma la prova era sul suo tavolo, nero su bianco, e il suo volto grazioso era su tutti i canali della televisione. Quando avesse trovato il poliziotto responsabile della soffiata ai media, una testa sarebbe saltata.

Ah, Mallory.

Se solo avesse potuto riaverla per qualche minuto, avrebbe subito volentieri il suo sarcasmo, lo sguardo duro e affilato con cui pareva tranciare di netto le palle di quanti osavano preoccuparsi per lei.