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«Dove siamo diretti?» arrischiò Riker. «A Brooklyn?»

«No» disse lei. «A Brooklyn ci sono già stata. Anna ha portato i vestiti a un centro di raccolta che li ha mandati in camion a un magazzino di Manhattan. Il mucchio di Anna è stato destinato a una casa d'accoglienza per le donne maltrattate nell'East Village.

«Allora stiamo andando lì?»

«Ci sono già stata. Il blazer di cashmere non era nell'inventario. Qualcuno al magazzino deve aver deciso di tenerlo per sé. Ecco dove stiamo andando, al magazzino.»

«Potrebbe averlo sottratto un volontario della casa di accoglienza. Come fai a escluderlo?» Ahi, domanda stupida. Probabilmente Mallory aveva rivoltato il posto come un guanto, inimicandosi chiunque nel raggio di…

«È un'amica di Anna a gestire la casa. Ha aperto lei stessa il pacco di Anna. Niente blazer. Perciò adesso andiamo al magazzino e parliamo con tutti quelli che potrebbero averlo avuto per le mani.»

Fecero dieci minuti di strada in silenzio. Questo era il bello di stare con Mallory, non parlava di cose futili. Se apriva la bocca, era per assestargli un colpo o per puntualizzare qualcosa. Quando si fermarono accanto al deposito, Riker scelse le parole con cura. Le mise una mano sulla spalla prima di entrare nell'edificio.

«Mallory, niente bravate da cowboy questa volta. Ti ho sostenuta con Coffey, ma aveva ragione, e tu lo sai. Se devi spendere una pallottola, cerca di fare un lavoro pulito. Okay? Fine della lezione.»

Attraversarono il corridoio in un silenzio risentito e salirono al terzo piano in una scatola di metallo grigio delle dimensioni di una bara. Le porte dell'ascensore si aprirono su un'unica stanza, lunga e larga quanto un isolato. Corridoi irregolari, formati da pacchi sovrapposti e mucchi di indumenti, si estendevano in lontananza producendo l'illusione ottica di convergenze parallele. La polvere volteggiava nell'aria attorno al muletto che faceva la spola tra le estremità dell'ampia corsia centrale, sollevando scatole di cartone mentre un uomo dalle gambe arcuate e dallo stomaco da bevitore di birra urlava dei numeri in un megafono.

Mallory fece luccicare il distintivo e si diresse verso l'uomo del megafono. Una luce sudicia filtrava dalle finestre mai lavate nell'ambiente che sapeva di vecchio e di sudore. Riker riconobbe l'odore degli abiti usati che aveva portato da bambino.

Raggiunse Mallory ed estrasse il taccuino.

Il caposquadra dalle gambe arcuate leggeva dei numeri da un foglio e contemporaneamente rispondeva alle domande di una Mallory apparentemente distratta.

«Nessuno toccherebbe uno di quei pacchi» disse il caposquadra. «Chi rischierebbe il lavoro per uno schifo di straccio di seconda mano?»

Riker sorrise. Lo straccio in questione doveva essere costato a Mallory almeno novecento dollari, forse di più. Solo il meglio, per Mallory. Helen Markowitz si era assicurata che fosse così, fin dai tempi in cui a Riker era ancora consentito chiamare Mallory Kathy. Ma a dispetto degli abiti firmati che Helen regalava alla bambina, la piccola Kathy preferiva indossare blue jeans, scarpe da tennis e t-shirt.

Oggi la tenuta era la stessa, con l'aggiunta di un blazer di lana grigia tagliato su misura, sotto il quale la fondina da spalla contenente la grossa pistola formava un vistoso rigonfiamento. Le scarpe da tennis di tela erano state rimpiazzate dal paio di calzature sportive di pelle più costoso che fosse mai stato realizzato.

«Chi smista i pacchi man mano che arrivano?» chiese Mallory.

«Uno degli otto ragazzi» disse il capo, prima di urlare «489» nel megafono.

«Falli venire qua, tutti e otto.»

«Ascolta, dolcezza, sono sempre felice di collaborare con la polizia, ma non…»

«Ho forse chiesto la tua collaborazione? Ho detto falli venire.»

Con un brivido Riker comprese che il caposquadra era un tipo all'antica: non tollerava di essere cazziato da una donna. L'uomo si girò verso Mallory con l'espressione rabbiosa di un pitbull, le labbra aperte a mostrare i denti. Ma qualcosa nel viso di lei lo zittì. Forse quel qualcosa gli aveva rammentato che quella mattina era uscito disarmato.

Si schiarì la gola, sollevò il megafono e chiamò i nomi degli otto uomini. Quelli comparvero da dietro le pile di cartoni, sudati, con in mano raccoglitori e matite. Si disposero in una fila irregolare, osservando Mallory con malizia e curiosità.

Sotto lo sguardo indagatore di Mallory, la malizia evaporò, sostituita da espressioni di disagio. Mallory si concentrò su uno dal pomo d'Adamo sporgente. Sudava più degli altri, aveva i capelli rossi e il viso coperto di efelidi. L'uomo ingobbì le spalle e abbassò la testa nel tentativo di occupare meno spazio possibile. I suoi muscoli si tesero, gonfiandosi sotto il tessuto sottile della sua t-shirt.

Mallory si girò verso Riker e sollevò impercettibilmente il mento. Si voltò nuovamente verso l'uomo dai capelli rossi, mentre Riker andava a piazzarsi alla sua destra. L'uomo esitò, poi si mise a correre. Riker cercò senza riuscirci di agguantarlo per la maglietta. Ora Mallory tallonava il rosso, e Riker trotterellava nella scia di polvere sollevata dalle scarpe dei due.

«Jimmy» stava gridando il caposquadra, «torna indietro, idiota! È solo una giacca di seconda mano!»

Ma Jimmy non era più a portata di orecchio.

Jimmy Farrow stava correndo più veloce di quanto non avesse mai fatto per sfuggire a un poliziotto, e ne aveva seminati non pochi. Voltando la testa vide che il vecchio arrancava, paonazzo per lo sforzo, ma la donna gli era quasi addosso, il blazer svolazzante aperto a mostrare una pistola enorme.

Oh, Cristo, stava sogghignando? Sì.

Puttana!

Lo marcò stretto lungo le strade anguste, poi attraverso gli incroci trafficati di Houston, oltre il muro del cortile di un palazzo del West Village.

Jimmy saltò, si aggrappò alla scala antincendio e vi si issò. Prese a salire, guardando in basso attraverso la grata del primo pianerottolo. Nessuna traccia della sua inseguitrice. A un tratto una mano, dall'alto, lo afferrò per i capelli.

Da dove diavolo spuntava la puttana? Come era arrivata fin lì?

Un calcio sul ginocchio gli fece perdere l'equilibrio. Rotolò fin sull'orlo della grata della scala antincendio.

Il sangue gli affluì alla testa mentre annaspava con le braccia nel vuoto. Guardò il marciapiede tre piani sotto di lui. Torcendo la testa, vide la donna che lo afferrava per la parte posteriore dei jeans e gli si inginocchiava sulle gambe. Era nelle sue mani. Una mossa e lui sarebbe finito di sotto.

«Così hai rubato tu la giacca di cashmere e…»

«La giacca!» urlò Farrow. «È per questo? Quella fottutissima giacca?»

«L'hai rubata tu, vero?»

Vide il suolo avvicinarsi di qualche centimetro. Una brezza invernale gli gelò il sudore sul corpo, facendolo rabbrividire.

«Sì, l'ho rubata! Va bene?»

«Le è piaciuta?»

Pazza di una puttana. Cosa vuole?

«Sì, le è piaciuta! Le è piaciuta molto!»

Sotto di lui apparve il poliziotto più vecchio. Se la prese comoda a salire le scale, come se fosse una cosa da niente vedere un povero bastardo che penzolava a mezz'aria con la testa puntata verso il cemento.

Sbirri maledetti.

«Mallory, non farmi questo» disse il vecchio. «Se non vuoi che Coffey si accanisca sulle mie povere chiappe.»

La donna tacque.

«Se cade di sotto, tre giorni di scartoffie da compilare non ce li leva nessuno.»

Mallory allentò la presa e Farrow scivolò di qualche centimetro verso il basso.

«Va bene, va bene! Farò tutto quello che volete» urlò. «Ho già detto che sono stato io! Tiratemi su!»

Quattro mani rudi lo sollevarono e lo misero a sedere sulla piattaforma. Il vecchio tirò fuori un taccuino. «Parla, ragazzo. Ti ascoltiamo.»

«Questo mese l'assegno dell'assistenza sociale di mia nonna è saltato. La vicina si è occupata di farle la spesa finché mia madre non ha potuto passarle del denaro. Volevo soltanto darla ad Amanda, la vicina di casa. Volevo darle qualcosa. È stata un'idea di mia nonna.»