Nightshade guardò intensamente Krell e il suo spirito. Il cavaliere della morte sembrava totalmente immerso nella partita e nella tortura di Rhys. Krell pareva ben saldo sul piano mortale, al pari del suo spirito piccolo e orribile.
«Scusatemi», chiamò Nightshade con un sussurro educato, cercando di guardare entrambi i cavalieri più Krell, «sto cercando Lord Ariakan. Potete farvi riconoscere, per favore?».
Attese con ansia, ma nessuno rispose al suo richiamo. L’onda impetuosa di furia non si placò, tuttavia. Ariakan era lì, il kender ne era sicuro.
Nightshade veniva ignorato.
Con la coda dell’occhio Nightshade vide la mano ferita di Rhys librarsi sopra il tabellone del khas. Nightshade alzò timoroso lo sguardo per vedere che cosa stesse per fare Rhys. Avevano messo a punto diverse strategie con l’obiettivo di far avanzare Nightshade sul tabellone verso i cavalieri. Il kender si tese nel vedere le dita abbassarsi ed emise un breve sospiro di sollievo quando Rhys eseguì la mossa giusta. Nightshade sospirò di nuovo, in maniera più profonda e addolorata. Con questa mossa Rhys avrebbe sacrificato un pezzo. Krell gli avrebbe spezzato un altro osso. Nightshade si risolse a farsi più deciso.
«Lord Ariakan...» cominciò a dire a voce più alta, assumendo un tono più spiccio.
«Zitto», gli ingiunse una voce, fredda e sepolcrale.
«Oh, siete lì!» Nightshade si concentrò sul cavaliere nero collocato sul suo lato del tabellone. «Sono contento di avervi trovato. Siamo venuti a salvarvi. Io e il mio amico.» Non poteva girarsi, ma roteò gli occhi e fece un piccolissimo gesto col capo verso Rhys.
La furia si ridusse parzialmente. Nightshade adesso aveva attirato in pieno l’attenzione dello spirito.
«Un kender e un monaco di Majere qui per salvarmi da Chemosh?» Ariakan emise una risata amara. «Improbabile.»
«Io sono un kender. Lo ammetto. Ma Rhys non è più un monaco di Majere. Be’, lo è, ma non lo è, se capite quello che voglio dire, mio signore, ma probabilmente no, perché non lo capisco bene neanch’io. E non è stata una nostra idea venire qui. Ci ha mandati vostra madre.»
«Mia madre!» Ariakan sbuffò. «Adesso tutto ha un senso.»
«Credo che stia cercando di esservi d’aiuto», accennò Nightshade.
Ariakan sbuffò di nuovo.
Dietro le spalle Nightshade udì spezzarsi un altro osso. Rhys gemette e poi rimase in silenzio, tanto in silenzio che per un attimo Nightshade temette che l’amico avesse perso i sensi. Quindi udì un respiro aspro e vide la mano di Rhys spostarsi sul tabellone.
Dalla carne gli spuntava un osso dai margini frammentati. Il sangue schizzò sul tabellone del khas. Il kender deglutì, il cuore gli si contorse per la sofferenza dell’amico.
«Adesso che sapete che siamo qui per salvarvi, mio signore», proseguì Nightshade, affrettando disperatamente le cose, «ecco il nostro piano...».
«State sprecando tempo. Io non vengo via di qui», ribatté ferocemente Ariakan, «finché non strappo via il fegato a mani nude a questo traditore e non glielo faccio mangiare a pezzetti».
«Lui non ha un fegato», disse irritato Nightshade. «Non più. E vorrei solo dire che è questo genere di atteggiamento negativo ad avervi tenuto in prigione per tutti questi anni. Ora, ecco il piano. Rhys vi catturerà» (Nightshade lo affermò con sicurezza, anche se nutriva dei dubbi in proposito) «e vi sposterà sul suo lato del tabellone. Io distrarrò Krell. Rhys vi metterà in tasca e noi fuggiremo e vi riporteremo sano e salvo alla dea vostra madre. Tutto quello che dovete fare voi è...».
«Io non voglio essere salvato», ribadì Ariakan. «Se ci provate, scatenerò un inferno. Nemmeno Krell potrà mancare di notarlo. Ho paura che abbiate sprecato il vostro tempo. E la vostra vita.»
«Decisamente ha preso da sua madre», mormorò Nightshade. «Povero Rhys», soggiunse, sobbalzando nell’udire l’amico trattenere il fiato. «Non può sopportarne molte di più. Oh, no! Eccolo che sta per muovere il pezzo sbagliato!»
Nightshade ebbe uno scatto violento col capo e roteò gli occhi e fortunatamente Rhys colse il suggerimento. La sua mano (adesso usava la sinistra) si spostò dalla regina a una torre. Nightshade emise un sospiro profondo e diede un’occhiata a Krell.
«Questa dovrebbe dargli da pensare», disse il kender con soddisfazione.
Il cavaliere della morte rimase impressionato dalla mossa. Krell si chinò sul tabellone, fece per muovere un pezzo, ci ripensò. Tamburellando con le dita guantate sul bracciolo di legno scolpito della sedia, si appoggiò all’indietro e fissò il tabellone.
Nightshade diede un’occhiata di nascosto a Rhys. Il monaco era pallidissimo, aveva il viso ricoperto da una patina di sudore. Sedeva con la mano destra avvolta nella sinistra. Aveva le vesti chiazzate di sangue. Non emetteva suoni, non gemeva, anche se il dolore doveva essere lancinante. Ogni tanto Nightshade udiva quell’inspirare lieve e rapido.
I kender sono per natura bonari, disposti a scordarsi il passato, a vivere e lasciar vivere, a porgere l’altra guancia, a non giudicare un libro dalla copertina e a non piangere sul latte versato. Ma qualche volta si incattiviscono. E chiunque su Krynn potrà confermare che non vi è nulla al mondo di più pericoloso di un kender che abbia perso le staffe.
«Eccoci qui», disse fra sé Nightshade, «a rischiare la vita per salvare questo cavaliere, solo per scoprire che questo somaro rivestito d’acciaio si rifiuta di essere salvato. Be’», affermò arcignamente, «lo vedremo!».
Non era necessario «prendere a prestito» niente alla maniera dei kender. Nessun abile gioco di prestigio, nessuna manovra astuta. Soltanto un rozzo arraffa-arraffa. Nightshade non aveva modo di avvertire Rhys del cambiamento di piano. Poteva solo sperare che il suo compagno seguisse il suggerimento, che, dopo tutto, sarebbe stato estremamente evidente.
Krell allungò la mano guantata per eseguire la mossa. Come Nightshade aveva previsto, il cavaliere della morte stava per prendere in mano il cavaliere nero. Stava per muovere Lord Ariakan.
Nightshade abbassò la testa come aveva visto fare a un toro a una fiera e attaccò.
10
Qualcosa in Rhys era consapevole del tabellone del khas e dei pezzi su di esso e di ciò che avveniva nella partita. Qualcos’altro in lui no. Questo qualcos’altro si trovava sul fianco della collina, coi piedi nudi freschi nell’erba verde spruzzata di rugiada, il sole caldo sulle spalle. Rhys trovava però sempre più difficile rimanere sulla collina.
Acute fitte di dolore gli scombussolavano lo stato meditativo. Ogni volta che Krell posava su Rhys la mano fredda e disincarnata, quel tocco orribile gli prosciugava ulteriormente le forze e la volontà.
Secondo il loro piano, doveva andare avanti ancora per diverse mosse. Avrebbe dovuto perdere altri pezzi.
Fuori era calata la notte. Attraverso la finestra Rhys vedeva il tremolio dei fulmini all’orizzonte; Zeboim attendeva notizie con impazienza.
Dentro non ardeva nessun fuoco, non era accesa nessuna candela. Il tabellone era illuminato dal bagliore rosso degli occhi di Krell. Rhys cercava di concentrarsi... ma trovava impossibile trarre un senso da una partita che non aveva mai avuto senso. Cercando di ricordare quale pezzo dovesse muovere, si allarmò nel vedere gli esagoni neri sollevarsi dal tabellone e librarsi a cinque centimetri buoni dalla superficie. Rhys sbatté gli occhi e inspirò profondamente, e gli esagoni neri ritornarono nella posizione normale.
Krell tamburellava con le dita sulla sedia. Si chinò in avanti, allungando la mano verso uno dei cavalieri neri. Quando Nightshade si mise all’improvviso a correre, Rhys temette che gli occhi lo stessero di nuovo ingannando. Fissò quel pezzo del khas, intimandogli di ritornare normale.
Krell emise un grugnito stupefatto e Rhys si rese conto che non aveva visioni. Nightshade aveva preso in mano la partita. La pedina stava muovendo da sola.
Scansando di qua e di là i pezzi del khas, Nightshade attraversò difilato il tabellone e si lanciò dritto contro il cavaliere nero. Il kender avvolse entrambe le braccia attorno alle gambe del drago azzurro e continuò a correre.