Nuitari attese pazientemente di vedere l’esito del confronto. Questi scoppi d’ira tra i due erano frequenti. L’antipatia e la diffidenza reciproche impallidivano però in confronto alla paura che i due nutrivano per lui, e finora dai loro alterchi non era mai venuto fuori nulla. Questo confronto era più teso del solito, poiché entrambi erano nervosi e irritati dopo l’incontro con Chemosh. Volavano scintille e incantesimi, ma Nuitari diede un forte colpo di tosse.
La testa di Basalt si girò di scatto. Gli occhi di Caele tremolarono per la paura. La tensione magica uscì sibilando dalla sala come l’aria da una vescica di maiale gonfiata.
Basalt si infilò le mani nelle maniche della veste per non essere tentato di usarle. Caele deglutì diverse volte, facendo lavorare le mascelle come se dovesse letteralmente masticare la collera prima di mandarla giù.
«Volete sapere perché mi sono preso la briga di creare questa illusione di Mina?» domandò Nuitari, entrando nella sala.
«Soltanto se volete dircelo, padrone», disse umilmente Basalt.
«Io sono affascinato da questa Mina», disse Nuitari. «Trovo difficile credere che la morte di una semplice mortale possa avere un effetto tanto devastante su un dio, eppure Chemosh era quasi distrutto dal dolore! Che genere di potere esercita su di lui questa Mina? Mi interrogo poi sul rapporto di Mina con Takhisis. Vi sono dicerie secondo cui la Regina delle Tenebre fosse gelosa di questa ragazza. Mia madre! Gelosa di una mortale! Impossibile. È per questo che vi ho ordinato di proseguire l’incantesimo di illusione: per impedire a Chemosh di venire in soccorso di Mina, in modo che noi potessimo studiarla.»
«Avete appreso qualcosa al suo riguardo, padrone?» domandò Caele. «Ritengo che dobbiate avere trovato particolarmente illuminanti le mie relazioni...»
«Le ho lette», ammise Nuitari. Aveva in effetti trovato estremamente illuminanti le relazioni sul comportamento di Mina in cattività, specialmente sotto un certo aspetto, ma a loro due non l’avrebbe rivelato. «Adesso che ho soddisfatto la vostra curiosità, ritornate pure ai vostri doveri.»
Caele raccolse uno straccio e prese a lucidare la bacinella. Basali sciacquò lo straccio nell’acqua che adesso aveva una sfumatura rosea, e si rimise carponi.
Quando i passi di Nuitari non si sentirono più riecheggiare nei corridoi fra le sale della magia, Caele gettò lo straccio nel secchio dell’acqua.
«Finisci tu. Io ho i miei incantesimi da studiare. Se il Signore della Morte è in arrivo per abbattere la nostra Torre, ne avrò bisogno.»
«Vai pure, allora», disse cupo Basalt. «Non mi sei comunque di alcuna utilità. Però lavati i piedi prima di uscire da questa sala. Non voglio vedere impronte di sangue nei miei corridoi puliti!»
Caele, che non portava mai scarpe, infilò i piedi nudi nel secchio dell’acqua. Basalt scrutò il sangue rappreso spruzzato sulla veste già sudicia del mezzelfo ma non disse nulla, sapendo che sarebbe stato inutile. Basalt considerava già una fortuna che Caele si degnasse di indossare una veste. Il mezzelfo aveva trascorso anni a correre per le foreste nudo come un lupo e altrettanto selvaggio.
Caele fece per uscire dalla porta, poi si fermò e si voltò. «Volevo domandarti: quando sei rimasto solo con Mina, ti ha forse parlato di diventare discepolo di Chemosh?»
«Sì», disse Basalt. «Io le ho fatto marameo, naturalmente. E tu?»
«Io le ho riso in faccia», disse Caele.
I due si scrutarono a vicenda sospettosamente.
«Adesso prendo congedo», dichiarò Caele.
«Che liberazione», disse Basali, ma soltanto alla propria barba.
Scrollando il capo, si rimise a strofinare e a mormorare.
«Quel Caele è un maiale. Non mi interessa chi mi ascolta. Quel suo lungo naso è sempre per aria. Crede di essere le palle di Reorx, lui. Ed è anche un bastardo di pigrone. E un bugiardo. Fa fare a me tutto il lavoro e si prende lui la gloria.»
Il nano strofinò vigorosamente. «Non posso lasciare che il sangue inzuppi l’intonaco. Lascia una macchia permanente. Il padrone mi taglierebbe la barba. Mi domando», soggiunse Basalt, sedendosi sulle anche e cercando con lo sguardo il mezzelfo, «se Caele abbia davvero riso in faccia a Mina, o se abbia accettato la sua offerta di diventare uno degli eletti di Chemosh. Forse dovrei farne menzione al padrone...».
Caele si chiuse nella sua stanza ed estrasse un libro di incantesimi. Non lo aprì, però, ma rimase seduto a fissarlo.
«Mi domando se Basalt ci sia cascato con le menzogne di Mina. Non mi stupirebbe affatto. I nani sono così creduloni. Devo ricordarmi di informare Nuitari che Basalt potrebbe essere un traditore...»
3
La Torre rimaneva in piedi, indisturbata. Chemosh non venne ad abbatterla, pietra magica su pietra magica, per soccorrere la sua amata.
«Diamogli tempo», disse Nuitari.
Il dio si era appostato fuori della stanza in cui teneva imprigionata Mina, ad aspettare il Signore della Morte.
Passò altro tempo. Mina rimaneva in isolamento nella sua cella, tagliata fuori dal contatto con gli dèi e gli uomini, e ancora il suo innamorato non veniva a liberarla.
«Ti ho sottovalutato, mio signore», mormorò Nuitari al suo nemico che non si vedeva. «Per questo ti chiedo scusa.»
Chemosh doveva essere in estasi nel sapere che la donna da lui amata era ancora viva. Doveva essere furioso per l’inganno giocatogli. Il Signore della Morte non era il tipo, a quanto pareva, che permettesse alla gioia o alla collera di privarlo dell’intelletto. Chemosh voleva Mina, ma voleva anche i potenti oggetti sacri che Nuitari teneva sotto chiave dentro la Torre. Il Signore della Morte stava indubbiamente cercando un modo per conseguire l’una e gli altri.
«Che stai facendo?» domandò Nuitari al collega dio. «Sei corso a spifferare segreti agli altri dèi? Stai raccontando loro come il malvagio Nuitari abbia restaurato la Torre dell’Alta Magia di Istar? Come abbia recuperato e rivendicato per sé un tesoro di oggetti sacri? Hai raccontato tutto questo?»
Nuitari sorrise. «No, credo di no. Perché? Perché allora tutti gli dèi conoscerebbero il segreto degli oggetti sacri e, una volta venuti a conoscenza della cosa, vorrebbero tutti farsi restituire i loro giocattoli. E così dove finirebbe Chemosh? Di nuovo nel freddo e buio Abisso.»
Al termine dell’Era del Potere, il Re-Sacerdote di Istar aveva decretato che tutti gli oggetti sacri di quegli dèi che non erano dèi buoni e giusti (a giudizio del Re-Sacerdote) dovessero essere confiscati dagli eserciti di devoti del Re-Sacerdote. Oltre a quegli oggetti che furono confiscati, il Re-Sacerdote offrì laute ricompense per tutti gli oggetti sacri presumibilmente utilizzati per scopi malvagi. Tra i guerrieri devoti, i «buoni» cittadini, i ladri e i saccheggiatori, i templi di quasi ogni dio di Ansalon furono spogliati degli oggetti religiosi.
Prima di tutto si sequestrarono gli oggetti sacri provenienti dai templi degli dèi dichiaratamente malvagi: Chemosh e Takhisis, Sargonnas e Morgion. Toccò poi ai templi degli dèi neutrali cadere vittime dei cacciatori di oggetti sacri, poiché si affermava che «un dio che non è con noi è contro di noi.»
Infine, col diffondersi del fervore religioso (e dell’avidità), i guerrieri devoti razziarono i templi degli dèi della luce, compresi quelli della dea della guarigione, Mishakal, poiché, pur essendo lei consorte di Paladine, Mishakal aveva commesso l’errore di aprire le porte della guarigione a tutti i mortali, perfino a coloro che non erano ritenuti degni della benedizione di un dio. Si sapeva in effetti che i suoi chierici imponevano le mani per guarire ladri e prostitute, kender e nani, e perfino maghi. Quando i chierici di Majere, dio della giustizia, vennero a sapere che i sacerdoti di Mishakal venivano bastonati e gli oggetti sacri alla dea venivano rubati, cercarono di protestare. I loro monasteri furono allora razziati. Toccò ai loro oggetti sacri sparire.