«Ebbene, fratello?» domandò Gerard.
Rhys non ebbe bisogno di rispondere. Gerard capì dall’espressione sul volto di Rhys che le notizie non erano buone. Imprecò e rabbiosamente con la punta dello stivale scalciò una zolla di terra.
«Il giovanotto si è accordato per incontrarsi con una delle ragazze stasera in un luogo chiamato Panorama di Flint, un’ora dopo l’imbrunire», riferì Rhys.
«Possiamo parlare della questione più tardi. Dimenticate che io aspetto il piacere di una presentazione, sceriffo», disse la donna sconosciuta.
«Sua Signoria Jenna, presidente del Conclave dei Maghi», disse Gerard, «e questo signore è Dominique Helmsman, guerriero devoto a Kiri-Jolith. Il fratello Rhys Mason, ex monaco di Majere».
«Ex monaco?» ripeté Sua Signoria Jenna inarcando le sopracciglia.
Donna in avanti con gli anni, Sua Signoria Jenna era ancora attraente, ancora in grado di affascinare. Aveva occhi grandi e luminosi; le linee sottili attorno agli occhi sembravano svanire alla luce del loro splendore. Indossava una veste di velluto rosso decorata d’oro e d’argento. Alle dita scintillavano dei gioielli. I borsellini che portava alla cintola erano del cuoio più fine, dipinti a mano con fiori e animali fantastici. Al collo le pendeva una catena d’oro con un bellissimo smeraldo. Sua Signoria Jenna non era soltanto uno dei maghi più potenti di Ansalon, ma anche uno dei più ricchi.
«Non ho mai incontrato prima d’ora un "ex" monaco di Majere», proseguì maliziosamente, «e voi dovete spiegarmi perché la vostra veste è di una tonalità di verde piuttosto insolita».
Rhys si inchinò ma rimase in silenzio.
«Il fratello Mason ha incontrato favore agli occhi di Zeboim», disse Gerard.
«Non troppo favore, direi», disse Sua Signoria Jenna, scrutando divertita la veste verde mare di Rhys.
«Siete fortunato ad avere la considerazione di Zeboim, fratello.» Dominique Helmsman si fece avanti porgendo la mano. «Molto meglio avere la Strega del Mare a favore che contro, come la mia gente sa bene.»
Non serviva che Dominique chiamasse per nome la sua gente. Il suo cognome, «timoniere», e la pelle nera come l’inchiostro lo proclamavano ergothiano, una razza di costruttori navali e marinai che viveva sull’isola di Ergoth nella parte occidentale di Ansalon. Poiché Ergoth era un’isola e la sua gente dipendeva dal mare per vivere, gli ergothiani innalzavano numerosi templi a Zeboim ed erano fra i suoi seguaci più devoti. Così perfino un ergothiano guerriero devoto a Kiri-Jolith, dio della luce, poteva proclamare il suo rispetto per la tenebrosa e capricciosa dea del mare senza sentirsi in conflitto.
Rhys aveva sentito parlare di questi paladini di Kiri-Jolith, dio della guerra giusta, anche se prima d’ora non ne aveva mai incontrato nessuno. Dominique sembrava avere circa trentacinque anni. Era alto e muscoloso; aveva un bel viso, anche se pareva piuttosto severo e inavvicinabile, come stesse continuamente riflettendo sul lato serio della vita. Portava una sopravveste bianca e marrone con un emblema a testa di bisonte, simbolo di Kiri-Jolith, sopra una cotta di maglia luccicante. I capelli neri erano raccolti in un’unica treccia che gli pendeva sulla schiena, come era usanza tra la sua gente. Portava la spada lunga, che era l’arma sacra al dio, allacciata attorno alla vita dentro un fodero su cui erano incisi simboli sacri. Il cavaliere non teneva mai la mano lontano dalla spada. Da questo e da altri segni (un guaito di Nightshade) Rhys giudicò che la spada fosse un oggetto sacro e benedetto dal dio.
«Sono onorato di conoscervi entrambi.»
Rhys si inchinò di nuovo verso la signora maga e poi verso il guerriero devoto. Drizzandosi, rimase a guardarli, col bastone in mano. Atta, ben addestrata, sedeva tranquillamente al suo fianco. Rhys si vedeva nei loro occhi: un monaco alto, troppo magro, con addosso una veste stazzonata di un deplorevole colore verde. I suoi unici beni preziosi: un cane bianco e nero e un semplice bastone di legno. Il suo unico compagno: un kender che si succhiava tristemente le dita scottate. Nightshade aveva commesso l’errore di cercare di esaminare la spada sacra di Dominique.
Rhys non poteva fare una colpa a queste due persone importanti perché nutrivano dubbi su di lui, anche se erano troppo educate per darlo a vedere.
Sua Signoria Jenna ruppe il silenzio che incominciava a farsi imbarazzante.
«È un mistero piuttosto carino questo che ci avete messo sotto gli occhi, fratello Rhys Mason. Il signor sceriffo ci ha detto qualcosa di questi cosiddetti "Prediletti di Chemosh". Trovo affascinante questo suo racconto, specialmente l’idea che non possano essere annientati.» Fece un sorriso di condiscendenza. «Almeno da un monaco e da un kender mistico.»
«Io non ho niente contro i mistici», soggiunse Dominique con tono serio e severo, «né contro i kender. È solo che i vostri poteri di affrontare i morti viventi sono comprensibilmente limitati».
«Si è infuriato solo perché ho toccato la sua stupida spada», ringhiò Nightshade. Rivolse al paladino un’occhiata malevola. «È tutta colpa di Atta. Non mi teneva d’occhio. Osservava loro. Non credo che le piaccia nessuno dei due, specialmente la maga.»
Rhys aveva notato che Atta si teneva lontano da Sua Signoria Jenna. La cagna non ringhiava, come avrebbe fatto con uno dei Prediletti, ma si premeva forte contro Rhys e guardava con sospetto la maga.
Sua Signoria Jenna non avrebbe dovuto udire quelle parole, ma con un’alzata di spalle dimostrò di averle udite. «Ha ragione. Non le piaccio. I cani ce l’hanno con me, temo.»
«Mi dispiace, Vostra Signoria...» esordì Rhys.
«Oh, non scusatevi!» Jenna sorrise. «Quasi tutti i cani trovano difficile stare attorno ai maghi. Credo che dipenda dai componenti di incantesimi che portiamo con noi: guano di pipistrello, bulbi oculari di tritone, code di lucertola essiccate. Ai cani non piace l’odore. I gatti, invece, sembrano non badarci. È un motivo per cui i maghi tendono a utilizzare i felini come famigli, immagino.»
Gerard si schiarì la voce. «È tutto molto interessante, ma voi due avete fatto un lungo viaggio e ci sono cose di cui dobbiamo discutere...»
«Giustissimo, sceriffo», disse bruscamente Sua Signoria Jenna. «Ritorniamo alla questione. Dei cani possiamo parlare in un altro momento. Io ho una camera alla taverna. Possiamo parlare lì con maggiore agio e riservatezza. Fratello Mason, se volete porgermi il braccio per sostenere i miei deboli passi, ve ne sarò grata.»
Sua Signoria Jenna fece scivolare la mano ingioiellata sottobraccio a Rhys. I suoi passi non erano più vacillanti di quelli di Atta. Era evidentemente una donna abituata a essere obbedita, però, e Rhys fece come richiesto.
Sua Signoria Jenna trasse a sé Rhys e poi si guardò dietro le spalle vedendo Atta che trotterellava accanto a Nightshade.
«Gerard si è profuso in lodi per questa vostra cagna meravigliosa, fratello. È addestrata per radunare sia le pecore sia i kender, a quanto capisco.»
«Principalmente pecore, Vostra Signoria», disse Rhys con un sorrisetto.
«È stata addestrata a questo compito fin da cucciola?»
«È nata per questo, si potrebbe dire», rispose Rhys. «Entrambi i suoi genitori erano esperti cani pastori.»
«Il motivo per cui domando della cagna non è solo per oziosa curiosità. Io possiedo una bottega di forniture per maghi a Palanthas e ho un tale problema con i kender! Non potete immaginare! Impiego una guardia, ma la spesa è considerevole e quelle bestioline furbe sembrano comunque essere sempre più astute di lui. Stavo pensando che un cane potrebbe essere molto più affidabile, e certamente un cane mangia meno di questo bestione che ho assunto. Sarebbe possibile una cosa simile?»
Jenna pareva seria riguardo alla sua necessità e veramente interessata a ciò che avesse da dire Rhys. Lui immaginò che questa donna sapesse indurre per incanto gli uccelli a uscire dagli alberi di vallen, se si fosse messa in testa di farlo, e non soltanto mediante l’uso della magia. Era pure estremamente pericolosa. In quanto presidente del Conclave dei Maghi, Jenna era a capo della magia divina di Ansalon, una magia che era mancata per anni con l’assenza degli dèi ed era ritornata soltanto di recente. Quella donna era una forza potente in questo mondo e Rhys le vedeva quella potenza negli occhi: un tremolio di fuoco che ardeva senza fiamma in profondità sotto una superficie liscia e placida, un fuoco che parlava di battaglie micidiali combattute e vittorie conseguite ma soltanto a grande prezzo.