Rhys disse educatamente che senza dubbio un cane poteva venire addestrato a eseguire quel compito, però (diversamente da quanto aveva fatto con Gerard) non si offrì di eseguire lui stesso l’addestramento. Dopo avere esaurito l’argomento, mentre salivano le scale che conducevano ai piani superiori della taverna, Jenna presentò le proprie scuse.
«Veramente non intendevo offendervi quando ho detto che a voi e al kender manca la potenza per affrontare questi Prediletti, fratello. Temo di avervi insultato.»
«Forse appena un po’», rispose lui.
«Me ne sono accorta.» Jenna gli diede una pacca sul braccio. «Io ho una spiacevole mancanza di tatto, come mi è stato detto spesso. O forse, come la vostra cagna, a voi non piace il fetore della magia.»
Ammiccò verso di lui.
Rhys non sapeva che cosa dire. Era confuso per il modo in cui la donna sembrava penetrargli nel profondo della sua anima e vedere che cosa ci fosse dentro di lui.
«A ogni modo», proseguì Jenna, prima che lui potesse raccattare qualche scusa, «spero che mi perdonerete. Ecco la mia camera. Attento, fratello!» disse con decisione Jenna, sollevando la mano con un gesto protettivo. «Non toccate la maniglia della porta. Fareste meglio a stare indietro.»
Rhys indietreggiò, evitando per poco di scontrarsi con Gerard e col paladino, che salivano le scale dietro di lui, entrambi tanto immersi nella loro discussione sul famigerato fuorilegge barone Samuval, il quale si era impadronito di metà dell’Abanasinia, che nessuno dei due prestava particolare attenzione a dove stessero andando. Nightshade avanzava a passi pesanti dietro di loro, brontolando di avere saltato la cena.
Attesero tutti mentre Jenna pronunciava alcune parole nella misteriosa lingua della magia che Rhys, rinchiuso nel monastero per gran parte della sua vita, non aveva mai udito in precedenza. Gli venivano in mente zampe di ragno, ragnatele filamentose e campane d’argento. Nightshade rimase fermo a canticchiare una canzoncina e a guardarsi attorno con aria annoiata. La porta emise un breve bagliore azzurrino e poi si aprì.
«Immagino che lei pensi di impressionarci così», disse Nightshade in disparte ad Atta. «Potrei farlo anch’io... se volessi.»
La cagna, a vederla, sembrava condividere i sentimenti del kender.
«Uso sempre la magia per sbarrare la porta», spiegò Jenna mentre li faceva entrare nella camera, la quale era la più bella che la taverna potesse offrire. «Non perché io abbia granché di valore da proteggere. È solo che io sono una frana e perdo sempre le chiavi. Sono perfettamente seria quando dico di volere uno dei vostri cani», soggiunse mentre Rhys le passava accanto. «Non intendevo soltanto rendermi simpatica.»
Jenna conquistò Nightshade facendo girare un vassoio di dolciumi e offrendo loro la scelta fra una birra e un vino pallido e fresco. Quando si furono sistemati, con Nightshade stretto in un angolo da Atta, tutti si volsero verso Rhys.
«Gerard ci ha raccontato una parte della storia, fratello», disse il paladino. «Ma noi vorremmo sentirla dalle vostre parole.»
Rhys narrò con riluttanza la sua storia. Immaginò che nessuno dei due gli credesse. Non gliene faceva una colpa. Al posto loro, lui avrebbe trovato difficile digerire quella storia. Rhys si risolse di non perdere tempo a discutere con loro né a cercare di convincerli che quanto diceva lui era la verità. Se l’avessero schernito, se ne sarebbe andato. Doveva trovare Lleu. Già così aveva perso fin troppo tempo.
Né Jenna né Dominique parlarono durante il discorso di Rhys. Nessuno dei due lo interruppe. Entrambi lo osservavano con solenne attenzione. Nel punto in cui Rhys descrisse brevemente l’assassinio dei monaci, Dominique mormorò qualche parola, e Rhys si rese conto che il paladino recitava una preghiera per le anime dei fedeli di Majere. Dominique si accigliò quando udì Rhys raccontare di come avesse abbandonato Majere e trasferito la sua fedeltà a Zeboim, ma il paladino non pronunciò alcuna parola di rimprovero.
Rhys invitò apposta Nightshade a presentare la sua versione degli eventi. Rhys era giunto ad apprezzare il coraggio e la determinazione del kender e voleva chiarire che loro due erano amici e compagni. Il racconto di Nightshade fu prolungato e sconnesso. Saltava da un pensiero a un altro, per cui di quando in quando risultava incoerente. Sia Jenna sia Dominique ascoltarono con pazienza, ma talvolta Sua Signoria Jenna fu costretta a mettersi la mano sulle labbra che le si contraevano, per impedirsi di ridere.
Quando Rhys e Nightshade non ebbero più nulla da dire, la maga e il paladino rimasero per un attimo in silenzio. Entrambi apparivano estremamente solenni. Nemmeno Gerard disse alcunché. Aspettava che parlassero loro.
Nightshade si dimenava sulla sedia, cercando di attirare lo sguardo di Rhys. Allungò la testa eloquentemente verso la porta e pronunciò col solo movimento delle labbra le parole: «Andiamocene da qui!».
Rhys scrollò il capo, e Nightshade emise un sonoro sospiro e con i tacchi scalciò le traverse della sedia.
«Ebbene, fratello», disse Jenna dopo un attimo, «è una bella storia».
Rhys piegò la testa ma non commentò.
Nightshade si schiarì la gola e disse ad alta voce: «Ehi, sento profumo di braciole di maiale. Qualcun altro sente profumo di braciole di maiale?».
Gerard si piegò in avanti sulla sedia. «Noi riteniamo di avere individuato uno di questi Prediletti. Quello che io propongo è di predisporre una trappola per lui...»
«Per "esso"», lo corresse Dominique. «Questi Prediletti sono involucri di carne, nient’altro. L’anima è riuscita a scappare, o almeno io così devotamente spero e prego.»
«Esso, allora», disse tristemente Gerard, rammentando che «esso» era stato un amico. «Predisporremo una trappola per esso. Dobbiamo cercare di cogliere Cam di sorpresa, interrogarlo.»
Jenna era scettica. «Possiamo provare a interrogare il Prediletto, ma non credo che scopriremo niente di valido. Come dice il paladino, l’anima se n’è andata. Questo qui non è altro che uno schiavo di Chemosh, senza cervello. Se lasciato vivo, commetterà altri crimini efferati nel nome del Signore dei Morti Viventi. Io penso che dovremmo annientarlo.»
«Sono d’accordo», disse con fermezza Dominique. «Anche se, da quanto ci ha detto il fratello Rhys, annientarlo potrebbe non essere facile.»
Rhys alternò lo sguardo fra l’uno e l’altra con uno stupore che si accalorò diventando una sensazione di sollievo travolgente. Gli credevano. Aveva combattuto questa battaglia terribile con soli due amici (una cagna e un kender) ad aiutarlo. Adesso aveva alleati, alleati formidabili. Adesso poteva condividere con altri almeno una parte di questo fardello insopportabilmente pesante.
Quando Gerard chiese il parere di Rhys, questi non riuscì a rispondere subito. Finalmente disse, con voce roca: «Temo di essere d’accordo con loro, sceriffo. Lo so che questo Cam vi è noto, ma il paladino di Kiri-Jolith ha ragione. Questo essere non è più il giovanotto che conoscevate. È un mostro senza cervello e senza anima che ucciderà ancora se non viene fermato».
«È tutto molto facile a dirsi per voi tre, ma io non posso andare in giro ad assassinare i cittadini di Solace!» esclamò Gerard furiosamente. «La popolazione insorgerebbe in armi se io permettessi a una maga di ridurre in cenere il povero Cam o a un paladino di trafiggerlo con una spada sacra! La gente non vedrà in lui un mostro. Vedrà Cam, il ragazzo che ha vinto la corsa nei sacchi alla fiera l’anno scorso! Maledizione, devo riuscire a parlargli. Mi serve la prova che lui sia uno dei Prediletti. Immagino che anche voi due vogliate una prova. Voglio dire, tutti noi ci fidiamo del fratello Rhys, ma...»