«Il dio spera di spaventarci per non farci indagare sulla questione», congetturò Dominique.
«Si prende gioco di noi», disse Gerard, facendo una smorfia mentre si massaggiava il collo dolorante. «Come un assassino che volontariamente lascia un indizio accanto al cadavere.»
Sua Signoria Jenna non pareva soddisfatta di queste risposte. «Che ne pensate, fratello?»
«Il dio sa che il suo segreto è stato svelato. D’ora in poi, ogni mago e ogni chierico di Ansalon cercheranno questi Prediletti. La notizia si diffonderà. Si scatenerà il panico. Il vicino accuserà il vicino. I genitori si metteranno contro i figli. L’unico modo per dimostrare l’innocenza di una persona sarà ucciderla. Se resta morta, non è dei Prediletti. Il prezzo per annientare queste creature sarà davvero elevato.»
«E Chemosh guadagnerà altre anime», soggiunse Nightshade. «È una cosa piuttosto scaltra.»
«Credo che voi ci sottovalutiate, fratello», disse Dominique, accigliandosi. «Noi faremo in modo che nessun innocente ne soffra.»
«Come facevano i chierici del vostro dio ai tempi del Re-Sacerdote?» disse aspramente Sua Signoria Jenna. «Oserei dire che noi maghi saremmo tra i primi a essere accusati! Lo siamo sempre.»
«Vostra Signoria Jenna», disse freddamente Dominique, «vi assicuro che opereremo in stretto contatto con i nostri confratelli delle Torri».
Jenna lo scrutò, quindi sospirò. «Non badatemi, sono soltanto stanca, e ho davanti a me una lunga notte.» Prese a infilarsi nuovamente gli anelli alle dita. «Devo ritornare al Conclave per esporre la mia relazione. È stato bello conoscervi, Rhys Mason, ex monaco di Majere.»
Sottolineò quella parola. I suoi occhi, brillanti sotto la luce rossa di Lunitari, sembravano sfidarlo.
Rhys non raccolse la sfida. Non le domandò che cosa intendesse dire. Temeva una risposta canzonatoria. Per lo meno così disse a se stesso.
«Anche voi, Nightshade. Possano i vostri borsellini essere sempre pieni e le celle di prigione sempre vuote. Dominique, amico mio, mi dispiace di avere parlato con tanto malanimo. Ci terremo in contatto, sceriffo Gerard, grazie per avere sottoposto alla mia attenzione questa terribile faccenda. Infine, addio a voi, signora Atta.» Jenna abbassò la mano per dare una pacca alla cagna, che si fece piccola per la paura sotto quel gesto ma acconsentì a essere accarezzata.
«Prendetevi cura del vostro padrone perduto e badate che trovi la strada di casa. E adesso, amici e conoscenti, vi auguro buona notte!»
Jenna pose la mano destra su un anello che portava al pollice sinistro, pronunciò un’unica parola e scomparve alla loro vista.
«Fiuuu!» sospirò Nightshade. «Ricordo quando l’abbiamo fatto anche noi. E tu, Rhys? Quella volta che Zeboim ci ha condotti per magia al castello del cavaliere della morte...»
Rhys posò la mano sulla spalla del kender.
Nightshade, capendo l’antifona, si zittì.
Dominique aveva ascoltato. Guardò solennemente Rhys, non gradendo che Rhys seguisse una dea malvagia. Parve sul punto di dire qualcosa quando Gerard lo prevenne.
«Una bella serata di lavoro», disse mestamente Gerard. «E tutto quello che abbiamo da far vedere è dell’erba schiacciata, qualche schizzo di sangue e della cera di candela fusa.» Sospirò. «Dovrò riferire tutto questo al sindaco. Vi sarei grato, signor Dominique, se veniste con me. Palin crederà a voi, se non a me.»
«Sarò lieto di accompagnarvi, sceriffo», disse il paladino.
«Non so che cosa lui intenda fare, naturalmente», soggiunse Gerard, mentre si incamminavano giù per la collina, «ma io gli proporrò di indire un’assemblea civica domani per avvertire la popolazione».
«Ottima idea. Potete tenere l’assemblea nel nostro tempio. Concluderemo pregando per avere forza e protezione. Manderemo messaggeri a tutti i nostri chierici, nonché a quelli di Mishakal e di Majere...»
«A proposito di Majere...» Gerard si fermò. «Dov’è fratello Rhys?»
Si girò e vide Rhys, Nightshade e Atta ancora in piedi sotto gli alberi. «Non tornate a Solace con noi, fratello?»
«Credo che resterò qui per un po’», rispose Rhys. «Lascio ad Atta la possibilità di riposare.»
«Io resto con lui», soggiunse Nightshade, anche se nessuno gliel’aveva chiesto.
«Fate come volete. Ci vediamo domattina, fratello», disse Gerard. «Grazie per il vostro aiuto di stasera, e grazie ad Atta per avermi salvato la vita. Troverà un grosso osso di manzo nella ciotola domani.»
Lo sceriffo e Dominique ripresero il cammino e i loro progetti e presto scomparvero alla vista di Rhys.
La notte si era fatta assai buia. Le luci di Solace si erano spente. La città era scomparsa, inghiottita nel sonno. Lunitari sembrava avere perduto interesse per loro, adesso che Jenna non c’era più. La luna rossa si avvolse in un banco di nubi temporalesche e si rifiutò di tornare fuori. Cadde qualche goccia di pioggia. In lontananza rimbombò un tuono.
«Noi non torniamo a Solace, vero?» Nightshade emise un sospiro.
«Pensi che dovremmo?» domandò con tranquillità Rhys.
«Domani è giorno di gnocchi di pollo», disse Nightshade con tono ansioso. «E Atta troverebbe un osso di manzo. Ma immagino che tu abbia ragione. Hanno preso in mano la situazione le persone importanti. Noi saremmo soltanto d’impiccio. Inoltre», soggiunse, rallegrandosi, «ci saranno gnocchi di pollo dovunque capitiamo. Dove andiamo?».
«A est», disse Rhys. «Dietro al Prediletto.»
Monaco, cagna e kender si incamminarono lungo la strada proprio mentre scoppiava il temporale e incominciava a piovere.
9
Nuitari arrivò tardi al Conclave dei Maghi che era stato convocato in tutta fretta nella Torre dell’Alta Magia di Wayreth. Trovò i suoi cugini, Solinari e Lunitari, già lì. L’espressione sul volto degli dèi era arcigna e rifletteva l’espressione altrettanto arcigna sul volto dei maghi. Qualunque fosse l’argomento in discussione, non lasciava presagire niente di buono per i maghi delle varie Vesti di Ansalon, a quanto pareva.
A Nuitari bastò sentire le parole «Prediletti di Chemosh» per conoscerne il motivo. I cugini al suo ingresso lo guardarono ma non dissero nulla, non volendo perdersi niente della relazione di Jenna ai suoi colleghi.
Questa riunione dei maghi che costituivano il Conclave non era un’assemblea ufficiale. Le assemblee ufficiali del Conclave, convocate a intervalli programmati, erano pianificate con mesi di anticipo. Erano cerimonie sontuose, celebrate secondo i riti prescritti nella Sala dei Maghi della Torre. Questa riunione di emergenza era stata convocata in fretta, senza tempo da perdere in formalità, e si teneva nella biblioteca della Torre, dove i maghi avevano facile accesso ai rotoli e ai libri di consultazione risalenti ai tempi antichi. I maghi si radunarono attorno a un grande tavolo di legno; Vesti Nere sedevano accanto a Vesti Bianche sedute accanto a Vesti Rosse.
Una convocazione di emergenza da parte del presidente del Conclave è generalmente considerata una questione di vita o di morte, che richiede a ogni membro del Conclave di interrompere ciò che sta facendo e percorrere subito i corridoi della magia fino alla Torre dell’Alta Magia di Wayreth. Le sanzioni per la mancata partecipazione sono gravi e possono avere come risultato l’espulsione del mago dal Conclave.
Un antico incantesimo, noto soltanto al presidente del Conclave, permetteva al mago di emettere una simile convocazione di emergenza. Al suo ritorno a casa a Palanthas, Jenna aveva prelevato una scatola di palissandro dal suo nascondiglio nelle pieghe del tempo. All’interno della scatola vi era uno stilo d’argento. Jenna l’aveva immerso in sangue di capra e quindi aveva scritto su pelle di agnello le parole della convocazione. Aveva passato la mano sulle parole da sinistra a destra e poi da destra a sinistra e daccapo, sette volte. Le parole erano scomparse. La pelle di agnello si era raggrinzita ed era svanita.
Nel giro di pochi istanti la convocazione sarebbe apparsa a ciascun membro del Conclave sotto forma di lettere di sangue e di fuoco. Una Veste Bianca, che sonnecchiava nel suo letto, fu svegliata dalla luce vivida di tracciati infuocati che ardevano sul soffitto della camera da letto. Una Veste Nera vide le parole materializzarsi sulla parete del suo laboratorio. Partì subito, ancorché riluttante, poiché aveva appena finito di evocare dall’Abisso un demone, che in sua assenza gli avrebbe indubbiamente spaccato il mobilio. Una Veste Rossa era impegnata a combattere i goblin quando vide le parole incise sulla fronte del suo avversario. La Veste Rossa arrivò piena di lividi e senza fiato, con le mani coperte di sangue di goblin. Il mago era stato costretto ad abbandonare un gruppo di cacciatori di goblin, che adesso si guardavano attorno perplessi e stupiti, domandandosi che ne fosse stato del loro fornitore di magia.