«Sii sarcastico quanto vuoi, amico mio», ribatté freddamente Jenna. «Ma così non si risolve questa terribile situazione. Hai qualcosa di costruttivo da suggerire, Maestro delle Vesti Nere?»
Dalamar rimase in silenzio per un attimo, tracciando distrattamente con le dita delicate un sigillo sul ripiano del tavolo.
«Ciò che trovo particolarmente affascinante è il coinvolgimento di Mina», disse alla fine.
«Mina!» ribatté Jenna, stupita. «Non vedo perché tu la trovi tanto affascinante. Quella ragazza non ha una mente propria. Un tempo era una pedina di Takhisis. Adesso è una pedina di Chemosh. Ha semplicemente cambiato un padrone con un altro.»
«Trovo affascinante che sia il segno delle sue labbra a essere marchiato a fuoco sulla carne di queste disgraziate creature», disse Dalamar.
«Per favore non fare scarabocchi!» disse Jenna mettendo la mano sopra quella di lui. «L’ultima volta che l’hai fatto, hai bucato il tavolo col fuoco. Quanto a Mina, non è altro che un bel visino che Chemosh usa per attirare giovanotti verso il loro destino.»
Dalamar cancellò il sigillo con la manica della veste nera. «Nondimeno io ritengo che sia lei la chiave in grado di aprire la porta su questo mistero.»
Nuitari non rimase sorpreso del fatto che i pensieri di questo mago puntassero nella stessa direzione imboccata da lui. Il legame fra Nuitari e Dalamar era stretto. I due, dio e mortale, avevano superato assieme molte prove. Nuitari progettava di insediare prima o poi Dalamar quale Maestro della Torre del Mare di Sangue. Non ancora, però. Non prima di avere sistemato tutto con i suoi due cugini.
«Scommetto che non saresti tanto interessato a Mina se lei fosse una vecchiaccia come me», disse Jenna, dando uno schiaffo canzonatorio alla mano di Dalamar.
Dalamar le prese la mano e se la portò alle labbra. «Tu non sarai mai una vecchiaccia, mia cara. E lo sai bene.»
Jenna, che lo sapeva davvero, gli sorrise e ritornò alla questione.
«Avevate qualcosa da aggiungere, Vostra Signoria Coryn?»
«A giudicare dall’indizio datovi dal Prediletto, il modo per annientare questi esseri non verrà scoperto facilmente da nessuno, chierico, mago o stregone. Io suggerirei che gli apprendisti attualmente intenti a studiare nella Torre venissero istruiti a cercare tra gli antichi documenti qualche menzione di esseri analoghi, in particolare in riferimento a Chemosh.»
«Sono già all’opera», disse Jenna. «Mi sono anche messa in contatto con gli Esteti e ho chiesto loro di consultare i libri della Grande Biblioteca. Non credo che avranno molto successo, però. Per quanto ne so, in Ansalon non si è mai visto niente di simile a questi Prediletti. C’è qualcos’altro? Altre domande?»
Jenna diede un’occhiata attorno al tavolo. I maghi sedevano in un silenzio tetro, scrollando le teste incappucciate.
«Molto bene, allora. Andiamo avanti. Il Conclave adesso prenderà in considerazione le direttive che i maghi dovranno seguire se si imbatteranno in qualcuno di questi Prediletti. Prima di tutto, dobbiamo trovare qualche metodo per individuarli.»
«E per proteggere gli innocenti, che sono destinati a essere accusati falsamente», soggiunse una Veste Bianca.
«E per proteggere noi stessi, che siamo destinati a essere accusati falsamente», disse una Veste Nera.
«E allora a me sembra...» disse una Veste Rossa.
Nuitari si voltò. Simili discussioni probabilmente sarebbero proseguite per ore prima che si giungesse a un accordo.
«Cugini miei», disse. «Vorrei parlare con voi.»
«Hai tutta la nostra attenzione, cugino», disse Lunitari, e Solinari, arrivando accanto a lei, annuì.
I tre dèi osservavano i lavori dal loro piano celeste e, malgrado il fatto che nessun occhio mortale potesse vederli, ciascuno aveva assunto il proprio aspetto preferito. Lunitari appariva come vivace donna dai capelli rossi, abbigliata con vesti rosse dalle decorazioni di ermellino e oro. Solinari aveva assunto la forma di un giovanotto fisicamente poderoso. Le sue vesti erano bianche, con decorazioni d’argento. Nuitari aveva assunto la sua forma abituale, quella di uomo dal viso a luna piena, con occhi dalle palpebre pesanti e labbra carnose. Le sue vesti nere come l’inchiostro erano semplici e disadorne.
Lunitari indovinò subito che c’era sotto qualcosa.
«Tu hai informazioni riguardo a questi Prediletti, cugino», disse emozionata. «Chemosh ti ha detto qualcosa.»
Nuitari era sdegnoso. «Chemosh è troppo indaffarato ad andarsene in giro a fare il galletto per parlare con me. Crede di avere fatto qualcosa di veramente astuto. Personalmente non ne sono poi tanto impressionato. Si troverà un modo per annientare questi cadaveri dinoccolati, e questo metterà fine a tutto.»
«Allora di che cosa volevi parlarci?» domandò Solinari.
«Ho costruito una Torre dell’Alta Magia», disse Nuitari. «La mia Torre.»
I cugini lo fissarono con sguardo assente.
«Come?» chiese Lunitari, incapace di credere di avere udito bene.
«Ho costruito una Torre dell’Alta Magia», ripeté Nuitari. «O meglio, ho ricostruito un’antica Torre, quella che si trovava a Istar. Ho riedificato le rovine e ho aggiunto qualche mio ritocco. La Torre è situata sotto il Mare di Sangue. Due mie Vesti Nere adesso ci abitano. Io progetto di invitare in seguito altri maghi a trasferirsi lì.»
«Hai fatto tutto questo in segreto!» disse Lunitari restando senza fiato. «Dietro le nostre spalle!»
«Sì», disse Nuitari. Che altro poteva dire? «Proprio così.»
Lunitari era furiosa. Si tuffò contro di lui e chissà che cosa gli avrebbe fatto se il loro cugino Solinari non l’avesse afferrata e trascinata indietro.
«Nel corso dei secoli, fin dall’epoca della nostra nascita, noi tre siamo stati a spalla a spalla, a fianco a fianco», disse Solinari, tenendo stretta la cugina infuriata. «Siamo rimasti uniti nella causa della magia e, grazie alla nostra unità, la magia ha prosperato. Quando tua madre ci ha traditi, ci siamo addolorati assieme e abbiamo unito le forze per cercare il mondo. Quando l’abbiamo effettivamente trovato, abbiamo agito di concerto per ristabilirvi la magia. E adesso scopriamo che tu ci hai traditi.»
«Domandiamoci chi di noi sia il vero traditore», disse Nuitari. «Mia madre, Takhisis, è stata deposta per il suo crimine, resa mortale e poi uccisa ignominiosamente da una mano di mortale. Tuo padre, cugino Solinari, un tempo era un dio. Adesso è un mendicante che vaga per Ansalon vivendo di elemosine.»
Nuitari scrollò il capo. «E che dire di Nuitari? Mia madre non c’è più. Mio padre, Sargonnas, il toro infuriato, intende far dominare Ansalon dai suoi minotauri! Ha scacciato gli elfi dalla loro patria e adesso invia navi cariche di coloni minotauri. Non gli importa niente di me o di ciò che faccio. Sappiamo tutti che i minotauri, compreso mio padre, tengono in scarsa considerazione i maghi.»
I suoi occhi dalle palpebre pesanti si spostarono su Lunitari. «Invece tuo padre, Gilean, adesso è il dio più potente dei cieli. È forse una coincidenza che le Vesti Rosse di sua figlia predominino sul Conclave?»
«Bisogna mantenere l’equilibrio!» disse Lunitari, ancora non del tutto placata. «Lasciami stare, cugino. Non gli farò del male. Anche se mi piacerebbe strappare via dal cielo la sua luna nera e ficcargliela nel...»
«Pace, cugina», disse Solinari con tono tranquillizzante. Si rivolse a Nuitari. «Il fatto che le Vesti Rosse siano potenti sarà anche vero, sebbene io non lo sostenga», soggiunse in disparte con un’occhiata fredda a Lunitari. «Comunque questo non è una scusante per quello che hai fatto.»
«No, certo», ammise Nuitari. «E io voglio farne ammenda. Ho una proposta, che credo possa piacere a voi due.»
«Ti ascolto, cugino», disse Solinari. Pareva più addolorato che incollerito.
Lunitari indicò, con un brusco cenno del capo, che pure lei era interessata a sentire ciò che aveva da dire Nuitari.