«Adesso in Ansalon vi sono tre Torri dell’Alta Magia», disse Nuitari. «La Torre di Wayreth, la Torre del Nightlund e la mia Torre nel Mare di Sangue. Io propongo che, come avveniva all’epoca del Re-Sacerdote, a ciascun Ordine venga assegnata una sua Torre. Le Vesti Rosse assumeranno il controllo della Torre di Wayreth. Alle Vesti Bianche verrà ceduto il controllo della Torre del Nightlund. Le mie Vesti Nere si impossesseranno della Torre del Mare di Sangue.»
Gli altri due dèi rifletterono su questa proposta. La Torre di Wayreth era a tutti gli effetti sotto il controllo delle Vesti Rosse, poiché Jenna era presidente del Conclave e la Torre era la sede del potere del Conclave. La Torre del Nightlund era chiusa da quando Dalamar ne era stato scacciato per punizione. Nessun mago aveva il permesso di entrarvi, proprio perché gli dèi temevano che la Torre diventasse un pomo della discordia, con le Vesti Nere e le Vesti Bianche a cercare di rivendicarla.
Nuitari aveva appena fornito una soluzione al problema. Lunitari rifletté sul fatto che la nuova Torre del cugino si trovasse sul fondo del mare. Non sarebbe stata facilmente accessibile e pertanto era improbabile che ponesse una grave minaccia alla base di potere della dea. Quanto alla Torre del Nightlund, era situata in mezzo a uno dei luoghi più micidiali di Krynn. Se le Vesti Bianche effettivamente la rivendicavano, dovevano prima combattere per raggiungerne la soglia.
L’opinione di Solinari sulla Torre del Mare di Sangue era più o meno uguale a quella della cugina. La sua opinione sulla Torre del Nightlund era pure simile, a parte il fatto che lui era affascinato dalla possibilità di ripristinare quel territorio maledetto che ora languiva sotto ombre tenebrose. Se le sue Vesti Bianche avessero potuto rimuovere la maledizione che opprimeva il Nightlund, la popolazione avrebbe potuto di nuovo vivere e prosperare laggiù. Tutto Ansalon sarebbe stato in debito verso le Vesti Bianche.
«È una cosa da prendere in considerazione», disse di malavoglia Lunitari.
«Preferirei pensarci su. Ma sono interessato», disse Solinari.
Nuitari si guardò attorno, come temesse che altri orecchi immortali potessero essere in ascolto, e poi con un gesto fece avvicinare i cugini.
«Ho dovuto tenere segreta questa cosa», disse. «Perfino a voi, di cui mi fido più di tutti.»
Lunitari si accigliò, ma chiaramente era curiosa. «Perché?»
«Il Solio Febalas: la Sala del Sacrilegio.»
«È stata distrutta», disse categoricamente Lunitari.
«In effetti», disse Nuitari. «Ma gli oggetti sacri al suo interno no. Io adesso li tengo sotto chiave, sorvegliati da un drago marino di indole particolarmente cattiva.»
«Gli oggetti sacri rubati dal Re-Sacerdote», disse Solinari, meravigliato. «Li hai tu?»
«Forse adesso, poiché abbiamo raggiunto questo accordo fra di noi, dovrei dire che li abbiamo noi.»
«Qualcuno degli altri dèi lo sa?» domandò Lunitari.
«Chemosh è l’unico e finora ha tenuto la bocca chiusa, ma è solo questione di tempo perché lui diffonda la notizia.»
«Gli altri dèi darebbero qualunque cosa per avere indietro quegli oggetti!» disse esultante Lunitari. «D’ora in poi noi maghi, un tempo oltraggiati, saremo una potenza nel mondo.»
«Di qui in avanti nessun chierico oserà alzare la mano su di noi», concordò Solinari.
I tre si zittirono. Nuitari stava pensando che la cosa fosse andata inaspettatamente bene, quando Solinari disse tranquillamente: «Lo sai, cugino, che io non potrò mai più fidarmi di te in nessuna cosa».
«Niente fra di noi sarà mai più come prima», lamentò tristemente Lunitari.
Nuitari alternò lo sguardo fra l’uno e l’altra. Teneva socchiusi gli occhi dalle palpebre pesanti e comprimeva le labbra carnose.
«Prendetene atto, cugini, è sorta una nuova era. Osservate Mishakal. Non più la gentile dea della guarigione, si aggira a grandi passi per il cielo brandendo una spada di fiamma azzurra. I sacerdoti di Kiri-Jolith marciano in guerra. Perfino Majere ha smesso di guardarsi l’ombelico e si è impegnato nel mondo, anche se io non ho idea di che cosa stia combinando. La fiducia tra noi tutti è venuta meno nel momento in cui mia madre ha rubato il mondo. Hai ragione, cugina. Niente sarà mai più come prima. Eravate sciocchi a pensare di sì.»
Mentre si tirava il cappuccio sul viso a luna piena e si allontanava da loro, Nuitari si domandò che cosa avrebbero detto se lui avesse raccontato di avere catturato Mina...
10
«Basalt!» Caele apostrofò il nano mentre percorreva un corridoio. «È vero che il padrone ha lasciato la Torre?»
«È vero», rispose Basalt.
«Dov’è andato?»
«Come faccio a saperlo?» domandò stizzosamente Basalt. «Non è che mi chieda il permesso.»
Il nano continuò a camminare, e i suoi stivali chiodati risuonavano sul pavimento di pietra mentre lui scalciava l’orlo della veste per evitare di calpestarla. Caele si affrettò a rincorrerlo.
«Forse il padrone è andato a trattare con Chemosh», disse speranzoso il mezzelfo.
«O forse ci ha lasciati ad affrontare da soli il Signore della Morte», ribatté Basalt. Era di umore irritabile.
Caele sbiancò. «Credi davvero?»
A Basalt sarebbe piaciuto dire di sì, giusto per innervosire il mezzelfo. Gli serviva però l’aiuto di Caele, per cui con riluttanza scrollò il capo. «È qualcosa in cui c’entra Chemosh, ma non so che cosa.»
Caele non si sentiva rassicurato. Raggiunse Basalt. «Dove stai andando?»
«Venivo a prenderti. A Mina è concesso di passeggiare nei corridoi per un’ora... sotto la nostra sorveglianza, naturalmente.»
«Sotto la tua sorveglianza», disse Caele. Fece dietro front. «Io non ho alcuna intenzione di fare da balia a quella vacca intrigante.»
«Fai come vuoi», disse con compiacenza Basalt. «Quando ritorna il padrone, dove devo dirgli che ti può trovare? Nella tua stanza? A studiare gli incantesimi?»
Caele si fermò. Imprecando sottovoce, si girò. «Ripensandoci, vengo con te. Mi sentirei malissimo se ti cogliesse un destino terribile per mano di quella donna.»
«Che cosa pensi possa cogliermi?» domandò Basalt, irritandosi. «In lei non c’è neanche un briciolo di magia.»
«A quanto pare il padrone non condivide la tua sicurezza, poiché ha richiesto la presenza di tutti e due per sorvegliarla...»
«Piantala di parlare di lei, per favore», ringhiò Basalt.
«Tu hai paura di lei!» disse con soddisfazione Caele.
«Io no. È solo che... be’, se proprio vuoi saperlo, non mi piace starle vicino. C’è qualcosa di misterioso in quella femmina. Io non ho più trascorso una bella nottata di sonno dal momento in cui l’abbiamo scambiata per un pesce e l’abbiamo presa nella rete. Per la luna nera, magari Chemosh venisse a portarsela via, e non la rivedessimo più!»
«Qualcuno potrebbe ucciderla e gettare il suo corpo agli squali», suggerì Caele.
Fuori della porta della stanza di Mina, potevano udirla all’interno camminare su e giù.
«Potremmo sempre dire al padrone che lei ha cercato di scappare...»
Basalt sbuffò. «E come prevedi di ucciderla? Lanciarle un incantesimo? Può funzionare, ma solo se le dici anticipatamente quello che stai per fare di preciso e come influirà su di lei! Altrimenti puoi anche fare il balletto dei kender.»
Caele fece scivolare all’indietro la veste svelando un coltello allacciato all’avambraccio. «Non ci servirà dirle anticipatamente come influirà su di lei questo qui.»
Basalt scrutò il coltello. Il pensiero era allettante.
«Tu pensi che Chemosh sia furioso con noi adesso...»
«Bah! Nuitari sistemerà questo pasticcio.» Caele si chinò più vicino, parlò a voce più bassa. «Forse è questo che il padrone vuole da noi! Perché altrimenti ci avrebbe detto di farla uscire dalla prigione, se non per indurla a cercare di scappare? Ci ha dato perfino degli ordini su che cosa fare se dovesse succedere. "Se cerca di fuggire, uccidetela". Così ha detto.»