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Basalt si lambiccava il cervello, cercando di immaginare perché Nuitari avesse accettato di liberare Mina da quella prigione sicura. Per quanto lui detestasse ammetterlo, Caele diceva una cosa sensata.

«Noi la uccidiamo soltanto se cerca di scappare», affermò Basalt.

«Cercherà», previde Caele. Gli occhi gli luccicarono di brama sanguinaria. La bava gli macchiò le labbra.

«Sei un maiale», disse Basalt e pose la mano sulla porta incominciando a cantilenare l’incantesimo che avrebbe aperto la serratura magica.

Dentro la stanza, Mina interruppe il suo camminare. «Le due Vesti Nere stanno arrivando, mio signore», riferì a Chemosh. «Li sento camminare nel corridoio. Siete certo che Nuitari se ne sia andato?»

«Altrimenti non potrei parlare con te, amore mio. Solo Nuitari sa mantenere attorno a te un incantesimo tanto potente. Ti spaventa, Mina?»

«Nuitari non mi spaventa, mio signore, ma mi fa accapponare la pelle, come toccare un serpente o sentirmi cadere un ragno giù per il collo.»

«Tutti e tre i cugini sono così. È la magia. Alcuni di noi hanno avvertito gli dèi: "Non permettete ai vostri figli di maneggiare una simile potenza! Teneteli sottomessi a voi!". Takhisis non ha voluto ascoltare, però, e nemmeno Paladine e Gilean. Solo più tardi, quando i figli si sono rivoltati contro di loro, hanno incominciato ad ascoltare la nostra saggezza. Ormai, naturalmente, era troppo tardi. Adesso io ho la possibilità di umiliare i cugini, portare loro via il potere, strappare loro le zanne.»

«Come intendete farlo, mio signore?» domandò Mina.

Fuori della stanza, Mina udì una delle Vesti Nere armeggiare con la serratura della porta.

«Presto il mondo vedrà che i maghi sono inermi, impotenti contro i miei Prediletti, e che farà il mondo? Si allontanerà da loro con disgusto! Già adesso i maghi frugano freneticamente nei libri di incantesimi e nei rotoli e negli oggetti sacri, cercando qualche modo per fermarmi. Non ci riusciranno. Niente di ciò che faranno avrà il minimo effetto sui Prediletti.»

«E Nuitari?» Mina ricondusse la conversazione verso il punto da cui era incominciata.

«Ti chiedo perdono per avere divagato dall’argomento, mia cara. Nuitari è andato a partecipare alla riunione del suo Conclave, dove presumo stia dicendo ai cugini che li ha traditi costruendosi una Torre per sé. Non tornerà tanto presto, e fra qualche istante qui attorno si scatenerà il caos. Stai pronta.»

«Sono pronta, mio signore», disse calma Mina.

Udiva cantilenare la voce sonora del nano.

«Hai capito che cosa devi fare?» domandò Chemosh.

«Sì, mio signore.» Mina riprese a camminare su e giù, come non vi fosse nulla fuori posto.

«La Sala del Sacrilegio è ubicata in fondo alla Torre. C’è un guardiano, e la Sala è probabilmente colma di trappole, ma io ti assisterò.»

«Mio signore...» esordì Mina, poi si zittì.

«Parla liberamente, amore mio.»

«Questa cosa è tanto importante per voi, mio signore. Perché non venite voi stesso? È un’altra prova? Dubitate ancora del mio amore e della mia fedeltà?»

«No, Mina, non dubito», rispose Chemosh. «Come dici tu, recuperare questi oggetti sacri è di vitale importanza per me. Non conosco niente di più importante. Ma io non posso entrare nella Torre. Non più. Nuitari ha bloccato il pertugio da cui sono riuscito a infilarmi dentro l’altra volta. Ha fatto di questa Torre il suo dominio. Non può entrarvi nessun altro dio.»

«Allora come vi impadronirete della Torre, mio signore?»

«Molti Prediletti sono già qui e altri ne arrivano ogni giorno. Ho messo al comando Krell, che sta costituendo una legione di guerrieri diversa da ogni altra mai vista finora su Krynn: guerrieri che possono uccidere ma non essere uccisi. Tu non devi preoccuparti di questo. Fai ciò che ti chiedo, quindi ritorna da me il più rapidamente possibile. Mi manchi, Mina.»

Il Signore della Morte si trovava nel Castello dei Prediletti sulle rive del Mare di Sangue, e Mina era in una Torre molto al di sotto della superficie delle onde, eppure lei percepiva il contatto delle mani del dio, sentiva le sue labbra sfiorarle la guancia.

«Anche voi mi mancate, mio signore», disse Mina. Udendo il desiderio nella voce lontana di lui, Mina sentì il cuore addolorarsi. La maniglia della porta sferragliò. Restavano loro pochi istanti da passare assieme.

«Ah, Mina, quando credevo che tu fossi perduta per me, non sopportavo il pensiero di andare avanti. Ho cominciato a pentirmi dell’immortalità. Ricorda, dal Solio Febalas ruba un solo oggetto sacro, uno solo. In questo modo io posso dimostrare agli altri dèi di avere effettivamente trovato il tesoro. Quindi crea sulla porta l’incantesimo che ti ho insegnato. Dopo di che Nuitari potrà sbraitare e farneticare finché vorrà, ma io potrò entrare nella sua torre.»

«Sì, mio signore.»

Se n’era andato.

Mina rivolse l’attenzione ai due maghi che a turno entrarono nella stanza a passi pesanti e furtivi rispettivamente.

Il nano, Basalt, era un ammasso nero e peloso. Mina non l’aveva mai visto in faccia. Basalt quando le stava attorno teneva il cappuccio tirato giù, e fra questo e la cespugliosa barba nera lei ancora non l’aveva visto bene. Vedeva invece il viso del mezzelfo, ed era ancora peggio. Caele non indossava mai il cappuccio sudicio che gli pendeva sulla schiena. In verità il cappuccio era tanto ricoperto di sporcizia da far dubitare a Mina che il mezzelfo potesse staccarlo dalla lurida veste nera.

Basalt teneva il cappuccio abbassato come al solito, ma Mina notò che Caele la fissava e questo la rese inquieta.

Prima d’ora il mezzelfo non l’aveva mai guardata direttamente. Il suo sguardo vagava furtivo per la stanza finché Caele pensava che lei non lo osservasse, e allora Mina si sentiva addosso gli occhi di lui. L’espressione negli occhi di Caele la terrorizzò. Il suo sguardo ardeva di una tale malevolenza che la mano di Mina si portò istintivamente all’anca alla ricerca di un’arma.

Caele guardava dritto verso di lei, con un sorriso da lupo che gli faceva ritrarre le labbra dai denti. Teneva le mani infilate dentro le maniche della veste, un’altra cosa strana per lui. Mina tornò a guardare il nano. Basalt pareva a disagio. Aveva il cappuccio tirato più in giù del solito e continuava a sbirciare da sotto, prima verso Mina, poi verso il mezzelfo, poi di nuovo verso di lei.

Vogliono uccidermi, si rese conto Mina.

Si scoprì più infastidita che spaventata. Questa cosa poteva interferire coi progetti del suo signore. Mina avrebbe dovuto colpire d’anticipo, prima che i due potessero usare su di lei la loro magia. Mina non aveva armi e nessuna prospettiva di procurarsene una, almeno in questa cella di prigione.

«Perché siete qui voi parassiti?» domandò freddamente.

«Vi è stata concessa un’ora di libertà per passeggiare nei corridoi, signora», disse burbero Basalt.

Fece un gesto verso la porta aperta e poi si trasse di lato, così come fece il mezzelfo, per permetterle di superarli.

Aspettavano che lei voltasse loro le spalle.

Avrebbe affrontato per primo il mezzelfo. Il nano pareva meno entusiasta e forse la vista del suo compagno che si contorceva a terra, soffocando nel proprio sangue, l’avrebbe indotto a ripensarci.

Mina era quasi accanto a Caele quando vide la mano di lui contrarsi sotto la manica.

Ha lì un coltello. Intende usare quello, non la sua magia. E certo, trae piacere dall’uccidere con le proprie mani...

Si tese, pronta a colpire, poi la Torre si scosse dal fondo alla sommità, facendole perdere l’equilibrio, cosicché Mina si tuffò su Caele ed entrambi finirono in terra ammucchiati.

Il nano, più compatto, era meno facile da far cadere. Il tremito del pavimento e delle pareti e del soffitto lo fece barcollare, ma lui mantenne l’equilibrio.

«Che mai...» ansimò Basalt.

«Nuitari!» gridò una voce, mentre un’altra scossa investì la Torre. «Vieni fuori di lì, mi senti? Vieni fuori ad affrontarmi!»