Ma il monaco sì.
Chemosh non avrebbe capito. Si sarebbe fatto beffe di lei oppure, peggio ancora, non le avrebbe creduto. Mina, che aveva ucciso il potente drago dominatore Malys, aveva paura di un drago marino anziano, praticamente sdentato? Eppure Mina aveva paura. Lo stomaco le si contorceva ogni volta che udiva quella voce di rettile domandare: «Chi sei? Da dove vieni?».
Chemosh emerse nel salone e trovò Krell che entrava proprio in quel momento. Diversi Prediletti vagavano qua e là senza meta, alcuni ordinavano birra, altri chiedevano da mangiare. Alcuni guardarono su verso il Signore della Morte, ma poi distolsero lo sguardo senza interesse. Non prestavano alcuna attenzione a Krell, che li malediceva e agitava verso di loro il pugno coperto di maglia di ferro. Non prestavano attenzione l’uno all’altro, e questa era la cosa più strana di tutte.
«Potreste anche mettere in campo un reggimento di nani di fosso, mio signore», ringhiò Krell. «Questi zucconi che avete creato...»
«Taci», ordinò Chemosh, poiché in quel momento Mina stava scendendo le scale. Era molto pallida ed evidentemente aveva pianto, poiché aveva gli occhi rossi e tracce di lacrime sulle guance. Chemosh provò una fitta di rimorso. Sapeva di essere stato ingiusto con lei. Non credeva veramente che lei avesse rubato oggetti sacri e glieli tenesse nascosti. Aveva detto così per ferirla. Aveva bisogno di dare frustate, di far del male a qualcuno.
Non gli stava andando bene niente. Nessuno dei suoi grandiosi progetti si stava realizzando come lui si aspettava. Nuitari rideva di lui. Zeboim lo scherniva. Sargonnas, che attualmente era il dio più potente del pantheon delle tenebre, spadroneggiava su di lui. La Signora Bianca, Mishakal, di recente gli si era scagliata contro con uno scoppio di furia bianco-azzurra, esigendo che lui annientasse i Prediletti altrimenti ne avrebbe pagato le conseguenze. Chemosh naturalmente l’aveva respinta con disdegno. La dea se n’era andata con l’avvertimento che i suoi chierici stavano dichiarando guerra aperta ai seguaci di lui ed era sua intenzione cancellare dalla faccia di Krynn tutti i discepoli di Chemosh.
Mishakal non poteva annientare facilmente i Prediletti; Chemosh aveva sistemato bene le cose in proposito, ma non aveva poi tanti seguaci viventi, e incominciava a rendersi conto del loro valore.
Stava meditando su questo e altri guai, quando Krell all’improvviso lo toccò col gomito.
«Mio signore», disse sottovoce il cavaliere della morte. «Guardate!»
I Prediletti, fino a qualche istante prima, avevano vagato senza meta per il salone. Alcuni avevano perfino urtato il Signore della Morte senza neanche accorgersene. Adesso però i Prediletti erano fermi. Stavano tutti zitti. La loro attenzione era fissata su qualcosa.
«Mina!»
Qualcuno pronunciò quel nome con riverenza.
«Mina!»
Altri lo urlarono con dolore.
«Mina...»
Che fosse pronunciato con ammirazione o con implorazione o con terrore, quel nome era sulle labbra inanimate di tutti i Prediletti.
Il nome di Mina. Non il nome del loro dio, del loro signore. Non il nome di Chemosh.
Mina fissò con stupore quella folla di Prediletti che si accalcavano attorno alla scalinata e sollevavano le mani verso di lei e la chiamavano per nome.
«No», disse loro Mina, confusa. «Non venite da me. Io non sono il vostro signore...»
Percepì la presenza di Chemosh, se ne sentì trafitta come da una lancia. Alzò la testa, affranta, per incrociare lo sguardo di lui.
Il sangue caldo le inondò il viso. Il sangue caldo della colpa.
«Mina, Mina...» I Prediletti presero a cantilenare il suo nome. «Baciami ancora!» gridò qualcuno; «Distruggimi!» piagnucolarono altri.
Chemosh rimase lì a osservare, meravigliato.
«Mio signore!» La voce disperata di Mina si levò al di sopra del tumulto crescente. Mina corse giù per le scale, cercò di avvicinarsi a Chemosh, ma i Prediletti si accalcarono attorno a lei, desiderando ardentemente toccarla, supplicarla, maledirla.
Chemosh rammentò una conversazione che aveva udito fra Mina e il minotauro Galdar, che era stato suo fedele amico.
«Io ho radunato un esercito di morti», disse Mina. «Ho combattuto e ucciso due draghi poderosi. Ho sconfitto gli elfi e li ho tenuti sotto il tallone dei miei stivali. Ho sconfitto i Cavalieri di Solamnia e li ho visti scappare via da me come cani bastonati. Ho fatto dei Cavalieri delle Tenebre una potenza da temere e da rispettare.»
«E tutto in nome di Takhisis», disse Galdar.
«Volevo che fosse in nome mio...»
Volevo che fosse in nome mio.
«Silenzio!» La voce di Mina risuonò in tutto il salone. «Fatevi da parte. Non toccatemi.»
Al suo ordine i Prediletti indietreggiarono.
«Il vostro signore è Chemosh», proseguì Mina, e rivolse lo sguardo carico di sensi di colpa verso il dio, che si trovava sul lato opposto del salone. «È lui che vi ha conferito il dono della vita eterna. Io sono soltanto il veicolo del suo dono. Non dimenticatelo mai.»
Nessuno dei Prediletti disse una parola. Si fecero da parte, lasciandola passare.
Krell sbuffò. «Crede di essere tanto in gamba. Che comandi lei questa vostra brutta copia di esercito, mio signore.»
Il cavaliere della morte non aveva idea di quanto fosse andato vicino all’essere spezzato in due e scaraventato nell’oblio. Chemosh però trattenne la propria furia.
Mina superò rapidamente la folla di Prediletti. Attraversò il salone, affrettando il passo. Raggiungendo Chemosh, cadde in ginocchio davanti a lui.
«Mio signore, vi prego di non essere in collera con me! Loro non sanno ciò che dicono...»
«Non sono in collera, Mina». Chemosh le prese le mani e la fece alzare in piedi. «In verità, sono io che dovrei chiederti perdono, amore mio.»
Le baciò le mani e poi le baciò le labbra. «Sono di cattivo umore in questi giorni. Ho sfogato su di te la mia frustrazione e la mia collera. Mi dispiace.»
Gli occhi d’ambra di Mina brillarono di piacere e, notò lui, di sollievo.
«Mio signore, vi amo tanto», disse Mina a bassa voce. «Credete a questo se non volete credere ad altro.»
«Ci credo», la rassicurò lui, accarezzandole i capelli di colore castano dorato. «Adesso vai nella nostra camera e fatti bella per me. Ti raggiungerò fra breve.»
«Venite presto da me, mio signore», disse Mina e, dopo un bacio insistente, si allontanò da lui.
Chemosh guardò infastidito i Prediletti, i quali, adesso che Mina non c’era più, avevano ripreso a vagare qua e là. Accigliandosi, rivolse a Krell un gesto perentorio.
Il cavaliere della morte sentì l’odore del sangue e si avvicinò con prontezza. «Quali sono i vostri ordini, mio signore?»
«Mina sta architettando qualcosa, e io devo sapere che cosa. Tu la sorveglierai, Krell», disse Chemosh. «Giorno e notte. Voglio conoscere ogni suo movimento. Voglio udire ogni sua parola.»
«Avrete queste informazioni, mio signore.»
«Lei non deve sospettare di essere spiata», avvertì Chemosh. «Tu non puoi andare in giro a incespicare qua e là, cigolando e sferragliando come un golem a vapore creato da qualche gnomo impazzito. Pensi di farcela, Krell?»
«Sì, mio signore», lo rassicurò Ausric Krell.
Chemosh vide ardere in quelle orbite vuote il bagliore feroce dell’odio, e i suoi dubbi si dissiparono. Krell non aveva dimenticato che Mina aveva prevalso su di lui nella sua stessa torre, l’aveva colto di sorpresa, l’aveva quasi annientato. Né avrebbe dimenticato che i Prediletti avevano obbedito timidamente ai comandi di lei, mentre si erano fatti beffe dei suoi.
«Potete fidarvi di me, mio signore.»
«Bene», disse Chemosh.
Mina sedeva davanti allo specchio nella sua camera da letto e si spazzolava i lunghi capelli di colore castano dorato. Indossava una camicia da notte di seta finissima che le aveva regalato il suo signore. Il cuore di Mina batteva rapido in previsione delle carezze di lui e per la consapevolezza gioiosa che Chemosh l’amava ancora.