La mano del dio descrisse in aria un arco aggraziato. Zeboim allungò la mano e gli afferrò il polso. Majere fu costretto a guardarla.
«Penso che tu abbia commesso un errore», disse la dea.
Majere rimase in piedi perfettamente fermo, calmo e composto. Aveva ogni apparenza di continuare a stare così per il secolo successivo, e l’impaziente Zeboim mollò la presa. Majere proseguì l’esercizio come se non fosse intervenuto nulla a interromperlo.
«Ecco la mia teoria», disse Zeboim. Era sfinita dal cercare di tenere il passo del dio e si sedette sul muro di pietra mentre esponeva la propria opinione. «Tu sapevi oppure hai capito qualcosa riguardo a Mina. Qualunque cosa fosse, hai deciso di incaricarne i tuoi monaci, e così il primo discepolo di Mina (il disgraziato fratello del monaco) è arrivato al tuo monastero. Che cosa doveva succedere? I monaci dovevano forse riportarlo in vita con le preghiere? Toglierli la maledizione?»
Si interruppe per consentire a Majere di fornirle qualche risposta, ma il dio non reagì.
«Comunque», proseguì Zeboim, «qualunque cosa doveva succedere non è successa, e quello che è successo è stato disastroso. Forse Chemosh l’ha scoperto e ha agito in modo da mandare all’aria i tuoi piani. Il suo discepolo ha assassinato i monaci. Tutti tranne uno: Rhys Mason. Lui doveva diventare il tuo paladino, ma oops! L’hai perso. Lui, comprensibilmente, era furioso con te. Dov’eri tu quando i tuoi monaci venivano massacrati? Eri impegnato a fare il tuo balletto? Tutto ciò riguarda la questione del libero arbitrio». La dea si strofinò le braccia, cercando di scaldarsi. «Voi dèi della luce promuovete sempre il libero arbitrio, e qui abbiamo un ottimo esempio del perché una simile idea sia assolutamente ridicola. Eccoti qui, in disperato bisogno del tuo discepolo, e lui che fa? Esercita il suo libero arbitrio. Ti abbandona e si rivolge a me per avere aiuto. Tu ti rifiuti di abbandonarlo, però. Molto clemente e comprensivo da parte tua, devo ammettere», soggiunse Zeboim con un’alzata di spalle. «Se avesse fatto così uno dei miei discepoli, l’avrei annegato nel suo stesso sangue. Ma tu no. Tu gli cammini accanto con pazienza. Con pazienza cerchi di guidarlo, ma da qualche parte, di nuovo, qualcosa va storto. Non so bene che cosa, ma qualcosa sì.»
Majere proseguiva l’esercizio. Non parlava. Non la guardava. Però l’ascoltava. Di questo lei era certa.
«Io ho lanciato Mina contro di te, o meglio contro Rhys. Non era veramente mia intenzione. Eravamo di fretta. Dovevo restituirla a Chemosh nell’ambito di un patto che abbiamo stipulato. Pensavo però di dover far conoscere quei due, poiché avevo insistito io affinché Rhys la trovasse. Volevo fargli sapere quale aspetto avesse Mina. Ebbene, signore! Immagina la mia sorpresa quando Mina afferma che lui la conosce! Lui sostiene di no, e a me è perfettamente evidente che lui dice la verità. Quel povero sciocco non sa mentire. Io gli credo, ma Mina no. Io sì. Decido di riportare assieme questi due. Per giunta, così facendo rendo la vita impossibile a Chemosh, ma questo non c’entra. Mina si incontra con Rhys, e adesso lui non la conosce e lei sa che lui non la conosce. Lei è confusa, povera cara. Non posso dire di fargliene una colpa. Lei gli dice però qualcosa di molto interessante. Dice che la prima volta che lei l’ha visto lui indossava una veste arancione. Rhys non indossava niente del genere. Indossava una veste verde assai carina, che gli avevo donato io, per cui o Mina è daltonica oppure è squilibrata.»
Zeboim si interruppe per riprendere fiato. Il solo osservare Majere pareva sfinirla. Ormai non si aspettava più che parlasse.
«Non credo che Mina sia daltonica e neanche pazza. Credo che abbia visto ciò che ha visto. Credo che abbia visto Rhys Mason in un’epoca della sua vita in cui davvero indossava una veste arancione e in cui davvero sa chi è lei. Non adesso, perché non lo sa. Non nel passato, perché non lo sapeva. Pertanto rimane... un’epoca in cui lo saprà.»
Zeboim fece una pausa per creare un effetto e poi disse: «Mina ha visto il tuo monaco nel futuro, un futuro in cui lui è ritornato da te, un futuro in cui lui saprà qualcosa di Mina. Lui sa effettivamente qualcosa, perché gliel’hai detto tu».
Zeboim alzò le spalle. «Il problema che hai tu, Majere, è che adesso questo futuro non arriverà mai, perché Mina progetta di torturare a morte il tuo povero monaco. E poi c’è la questione del kender che scoppia in piagnistei sentimentali e lacrimosi ogni volta che vede Mina, ma non ti annoierò con questo. È un kender, dopo tutto. Da quelli lì non ti puoi aspettare niente di sensato.»
Zeboim scrutò Majere.
«Vai avanti. Fai il tuo balletto. Fingi pure di essere al di sopra di tutto questo. La verità è: sei in un pasticcio. Io non sono la sola a domandarmi che cosa succeda con questa mortale di nome Mina. Mio fratello Nuitari sarà una spina nel fianco, ma non è stupido. Lui e i suoi strani cugini fanno domande. A Sargonnas non piace il fatto che questi Prediletti si congreghino nell’est di Ansalon, così vicino al suo impero. A Nuitari non va che siano tanto prossimi alla sua preziosa Torre. Mishakal è furiosa perché per distruggerli bisogna usare la mano di un bambino: un tocco meraviglioso di Chemosh, devo ammettere. Sono proprio divertita al pensiero di dolci monelli costretti a diventare assassini assetati di sangue. Perché io sono qui, Majere? Ti vedo porti questa domanda. Sono venuta ad avvisarti. Io sono il primo dio a farti visita ma non sarò l’ultimo. Tutti gli indizi puntano verso di te. Gli altri troveranno la via per raggiungere la tua fortezza sulle montagne, e alcuni (penso specificamente a mio padre) non saranno dolci e affascinanti quanto me. Faresti meglio a fare qualcosa prima di perdere completamente il controllo della situazione. Se non l’hai già perso, vale a dire. Vorresti forse toglierti un peso? Dirmi la verità? Io sarei lieta di aiutare Rhys Mason... a un certo prezzo. Io placherò mio padre e mio fratello, impedirò loro di disturbarti. Dimmi ciò che sai di Mina. Sarà il nostro segreto: lo giuro!»
Zeboim attese, strofinandosi le braccia e pestando i piedi.
Majere continuò a muoversi silenziosamente sulla pietra fredda. Il suo volto era privo di espressione, i suoi occhi insondabili, imperscrutabili.
«Tieniti il tuo segreto, allora!» gridò Zeboim con tono scortese. «Così facendo non avrai guai. Il tuo povero monaco morirà prima di rivelarlo. Ah, dimenticavo!» Batté le mani. «Non può rivelarlo perché non lo sa! Verrà torturato per un’informazione che non ha e che pertanto non potrà mai dare. Che scherzo meraviglioso a quel poveretto. Così imparerà a riporre fede in un dio come te!»
Zeboim se ne andò stizzita, lasciandosi dietro una scia di nebbia e foschia. Ritornando alla nave, ordinò ai minotauri di levare l’ancora e di affrettarsi a trovare climi più caldi.
Nel cortile, Majere cercò di proseguire il suo rituale, ma scoprì di non riuscirci. Per la meditazione la mente deve essere calma e tranquilla, e la sua mente era in subbuglio.
«Paladine», disse sottovoce. «Il tuo corpo mortale non può udirmi, ma forse la tua anima sì. Ti ho deluso. Ti chiedo perdono. Cercherò di fare ammenda. Anche se temo che sia già troppo tardi.»
6
Chemosh si trovava sul parapetto merlato del Castello dei Prediletti (stava valutando seriamente se cambiargli nome) e osservava Mina correre lungo la spiaggia. Le onde le lambivano i piedi, lavando via le orme. Chemosh rimase a osservare finché Mina non fu ritornata al castello e lui non riuscì più a vederla.
Voltandosi, quasi si scontrò con Ausric Krell.
Chemosh imprecò, ricadendo all’indietro.
«Ma che fai? Arrivarmi dietro furtivamente così!»
«Mi avete ordinato voi di essere discreto», ribatté scontroso Krell.
«Attorno a Mina, razza di pentola ambulante! Quando sei attorno a me, puoi sferragliare e cigolare quanto vuoi. Ebbene?» soggiunse, dopo una pausa. «Che notizie mi porti?»