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“Io? No, perché dovrei?”

“Non c’è motivo, maestà”, disse Rhys, ed emise un sospiro di sollievo. Nightshade doveva essersi sbagliato.

Scavalcando la bambina, Zeboim giunse da Rhys e si inginocchiò davanti a lui. Allungò la mano e gli accarezzò la guancia.

“Il mio caro monaco!” disse con un tono soave. “Sono così contenta di vederti finalmente sano e salvo! Ero terribilmente angustiata per te.” “Vi ringrazio per l’interesse, maestà”, disse cauto Rhys. “In che cosa posso servirvi?”

“Servirmi?” Zeboim era sgomenta. “No, no. Sono venuta soltanto per informarmi sulla tua salute. Dov’è il tuo amico, il… ehm… caro piccolo kender. E quel bastardo. Cane, voglio dire, cane. Dolce cagnolino. Oh, mio caro monaco, sei tutto infreddolito e bagnato. Lascia che ti riscaldi.”

Zeboim si diede da fare asciugandogli la veste con un tocco della mano; poi, con uno schiocco delle dita, accese la catasta di legna da ardere. Per tutto il tempo Rhys attese in silenzio, senza lasciarsi ingannare da quelle lusinghe. L’ultima volta che aveva visto la Dea del Mare, lei gli aveva detto che avrebbe osservato con gioia Mina mentre lo metteva a morte.

“Ecco, non va meglio così?” domandò premurosa Zeboim.

“Grazie, maestà”, disse Rhys.

“C’è qualcos’altro che posso fare per te?”

“Forse dirmi perché siete venuta qui”, suggerì Rhys.

Zeboim parve infastidita, poi disse bruscamente: “Oh, benissimo. Se vuoi proprio saperlo, sto cercando Mina. Mi è venuto in mente che potrebbe essere venuta da te, visto che ti trovava interessante. Sono certa di non comprenderne il motivo. Sei così noioso che piuttosto che avere a che fare con te preferirei lavare i piatti. Ma Mina non smetteva mai di parlare di te, e io ho pensato che potesse essere qui”.

Si guardò attorno nella grotta e alzò le spalle. “A quanto pare mi sono sbagliata. Se la vedi, fammelo sapere. Per tutti i bei momenti che abbiamo vissuto assieme…”

Quando fece per andarsene, il suo sguardo cadde di nuovo sulla bambina avvolta nella tovaglia d’altare. Zeboim si fermò, con lo sguardo fisso.

La bambina era distesa su un fianco, raggomitolata. Il volto era nascosto dal panno, ma le trecce rosse aggrovigliate erano chiaramente visibili alla luce del fuoco. La dea guardò la bambina, poi guardò Rhys.

Zeboim rimase senza fiato. Piombando sulla bambina, la Dea del Mare afferrò la tovaglia d’altare e le scoprì il volto. Zeboim afferrò il mento della bambina facendole volgere il viso in direzione della luce del fuoco. Quest’ultima si svegliò con un urlo.

“Smettetela!” disse aspramente Rhys, intervenendo. “Le fate male.”

Zeboim rise ferocemente. “Farle male? Non potrei mai farle male neanche se le conficcassi una picca nel cuore! È opera di Majere? Pensa di poterla nascondere a me con questo stupido travestimento?”

“Maestà…” cominciò a dire Rhys.

“Ahi!” gridò Zeboim, ritraendo di colpo la mano. Sconvolta, guardò giù con aria torva verso la bambina. “Mi ha morso!”

“Se ti avvicini ti mordo ancora!” gridò la bambina. “Non mi piaci! Vai via.”

Si avvolse più comodamente nella tovaglia d’altare, si rannicchiò e chiuse gli occhi.

Zeboim si succhiò la mano sanguinante e squadrò attentamente la bambina.

“Non mi riconosci, bambina?” domandò. “Sono Zeboim. Siamo amiche, io e te.”

“Non ti ho mai vista prima”, disse la bambina.

“Maestà”, disse Rhys con apprensione, “chi è questa bambina? Sembrate conoscerla”.

“Non fare giochetti con me, monaco”, disse Zeboim.

“Non sto facendo giochetti, maestà”, disse Rhys seriamente.

Zeboim spostò lo sguardo verso di lui. “Stai dicendo la verità. Davvero non lo sai.” Fece un gesto verso la bambina che sonnecchiava. “Lei è Mina. O meglio, era Mina. Non ho idea di chi sia adesso.”

“Non capisco, maestà”, disse Rhys.

“Non sei il solo”, disse arcigna la dea. “Dove l’hai trovata?”

“Era in mare durante la tempesta. Stava per annegare…”

“In mare?” ripeté Zeboim, e soggiunse con un sussurro: “Ma certo! E saltata giù dalle mura nel mare. Ed è venuta da te, il monaco che la conosceva…”

“Maestà”, disse Rhys, “dovreste dirmi che diamine sta succedendo”.

Zeboim lo scrutò. “Mio povero monaco. Sarebbe un divertimento immenso andarmene e lasciarti annaspare nell’ignoranza, ma nemmeno io sono crudele fino a questo punto. Non ho tempo per entrare nei dettagli, ma ti dirò una cosa. Questa bambina, questa Mina è una dea. E una dea che non sa di essere una dea, una dea convinta con l’inganno da Takhisis a ritenersi umana. Per di più, è una dea del Bene che è stata indotta col raggiro a servire il Male. Mi segui, fin qui?”

Rhys la fissava ammutolito.

“Vedo che non mi segui.” Zeboim alzò le spalle. “Bè, non ha molta importanza. Tu ce l’hai sempre tra i piedi. Per proseguire il mio racconto, la povera Mina ha avuto la disgrazia di innamorarsi di Chemosh, e lui – da vero uomo – le ha spezzato il cuore. Mina ha cercato di riconquistarlo offrendogli un dono. Ha trascinato su dal mio mare la Torre dell’Alta Magia e l’ha piantata su quell’isola là fuori. Siamo tutti rimasti assai impressionati. Questo è stato il primo indizio che abbiamo avuto sul fatto che fosse una dea. Majere, naturalmente, lo sapeva già.”

“Non ci credo… non posso crederci…” Rhys fece una pausa, rammentando il nome del luogo che Mina aveva indicato come casa sua. “Se quello che voi dite è vero, maestà, come ha fatto Mina a diventare così? Una bambina?”

“Lo sanno soltanto gli dei”, disse Zeboim. “No, aspetta. Ritiro quello che ho detto. Noi dei non ne abbiamo idea. Pensi che io stia mentendo, vero?”

Rhys era imbarazzato. “Maestà…”

Zeboim gli afferrò il braccio, affondandogli le unghie nella carne attraverso il tessuto della veste. Fissandolo negli occhi, al di là degli occhi, proprio dentro l’anima, gli sibilò: “Credimi oppure no, come preferisci. Come ho detto, non ha importanza. Mina è venuta da te. Quello che io voglio sapere è… per quale motivo? L’ha mandata da te Majere? Abbiamo prestato un giuramento, tutti noi. Non dobbiamo intrometterci. Majere ha forse violato questo giuramento?”.

Rhys in quell’istante si rese conto che Zeboim stava dicendo la verità, e fu percorso da un brivido. Guardò al di là della dea verso la bambina derelitta, avvolta in una logora tovaglia d’altare, addormentata sul suolo freddo e umido di una grotta, e la rammentò mentre si agitava fra le onde della tempesta provocata dagli dei. Rhys non capiva molto di questioni celesti, ma sapeva certo qualcosa della sofferenza dei mortali.

“Forse è venuta qui perché è sola e ha paura”, disse Rhys, “e aveva bisogno di un amico”.

Zeboim trapassò con lo sguardo Rhys, ne esaminò le varie parti e poi lo scagliò lontano da sé, facendolo finire barcollante contro la parete di pietra.

“Ti auguro buona fortuna con la tua nuova piccola amica, allora, monaco.”

La Dea del Mare scomparve in un turbinio di vento e pioggia.

Scosso, Rhys abbassò lo sguardo verso la bambina.

“Majere”, pregò, turbato, “è la tua volontà che io intraprenda questo compito?”.

“Rhys!” urlò una voce, e Rhys sul momento trasalì. Quindi si rese conto che la voce apparteneva a Nightshade.

“Rhys! Ci si può fidare a entrare?” gridò il kender dall’esterno della grotta. “Zeboim se n’è andata?”

“Se n’è andata.” Per il momento, soggiunse Rhys fra sé, sicuro che questa non sarebbe stata l’ultima visita della dea.

Nightshade entrò con cautela, fissando attentamente le ombre come fosse stato sicuro di vedersela balzare addosso. Poi vide il fuoco e schioccò le dita.

“Ops, sapevo di essermi dimenticato qualcosa, dovevo andare a prendere dell’esca…”

“Non serve più”, disse Rhys, sorridendo.