“Come facciamo per l’Abisso a saperlo?” tuonò una voce più profonda dal tono irascibile. “Hai aperto tu quella maledetta porta? Chiudila!”
Ma Rhys non aveva aperto la porta. Era stata Mina, e lei era troppo terrorizzata dai Prediletti per tornare indietro. I Prediletti continuavano ad ammassarsi attorno all’ingresso, ma non riuscivano a trovare un modo per entrare, e questo sembrava frustrarli.
“Sembra che qualche forza li stia bloccando”, gridò Rhys verso gli sconosciuti nell’ombra. “Presumo che voi due siate maghi. Avete idea di che cosa sia questa forza o di quanto a lungo possa durare?”
Colse i frammenti di un sommesso conciliabolo, poi dalle ombre emersero due maghi che indossavano delle vesti nere. Uno era alto e magro, con gli orecchi appuntiti di un elfo e il volto di un mezzosangue selvaggio. Aveva i capelli ispidi e arruffati, la veste sbrindellata e sudicia. I suoi occhi a mandorla guizzavano qua e là come la testa di un serpente in attesa di colpire. Una volta, come per caso, quegli occhi incrociarono lo sguardo di Rhys, ma subito si volsero altrove.
L’altro mago, un nano dalle spalle larghe e dalla lunga barba, era più pulito del suo compagno. I suoi occhi, a malapena distinguibili sotto le sopracciglia lunghe e ispide, erano astuti e freddi.
Entrambi i maghi sembravano reduci da una qualche brutta avventura, poiché il mezzelfo aveva il viso pieno di lividi. Aveva un occhio nero e si era legato uno straccio sporco attorno al polso sinistro. Il nano aveva la testa avvolta in bende insanguinate e zoppicava.
“Io sono Rhys Mason”, annunciò Rhys. “Questo è Nightshade.”
“Io sono Mina”, disse la bambina, al che il nano ebbe un sobbalzo percepibile e la fissò attentamente.
Il mezzelfo sogghignò.
“Non ce ne importa un culo di topo di chi sei, sciocca”, disse con disprezzo.
Il nano gli lanciò un’occhiata minacciosa, poi disse: “Io mi chiamo Basalt. Questo è Caele”. Parlava a Rhys, ma continuava a fissare Mina. “Come siete arrivati nella nostra torre?”
“Qual è la forza che blocca la porta?” insistette Rhys.
Basalt e Caele si scambiarono occhiate.
“Pensiamo che possa essere il padrone”, disse riluttante Basalt. “E questo significa che ha consentito a voi di entrare e sta tenendo fuori i demoni. Quello che noi vogliamo sapere è perché vi ha fatti entrare qui.”
Mina stava ancora fissando i maghi. Aggrottò la fronte, come se cercasse di rammentare dove li avesse visti in precedenza.
“Io ti conosco”, disse all’improvviso. “Hai cercato di uccidermi.” Indicò il mezzelfo.
“Sta mentendo!” guaì Caele. “Io non ho mai visto prima in vita mia questa monella! Avete cinque secondi per dirmi perché siete qui altrimenti vi lancerò un incantesimo che vi ridurrà in…”
Basalt conficcò un gomito tra le costole del compagno e gli disse qualcosa a bassa voce.
“Sei matto!” lo schernì Caele.
“Guardala!” insistette Basalt. “Potrebbe essere per questo che il padrone…” Il resto si perse nei sussurri.
“Una volta tanto sono d’accordo con Mina”, disse Nightshade. “Non mi fido di questi due così come non sopporto la loro puzza. Chi è questo padrone di cui parlano?”
“Nuitari, Dio della Luna Nera”, rispose Rhys. Nightshade emise un gemito lugubre. “Altri dei. Proprio quello che ci serviva.”
“Devo scoprire come si arriva di sotto”, disse Mina a Rhys. “Voi due restate qui, teneteli d’occhio.”
Indicò i maghi e poi, lanciando loro un’ultima occhiata minacciosa, prese a camminare qua e là nel grande atrio, dando dei colpi e scrutando nelle ombre.
“Se è Nuitari, vorrei che chiudesse soltanto la porta”, affermò Nightshade mentre osservava i Prediletti, che rispondevano al suo sguardo.
“Se lo facesse, potremmo non essere in grado di uscire”, disse Rhys.
Caele e Basalt continuavano a confabulare per tutto quanto il tempo.
“Vai avanti”, disse Caele dando una spinta a Basalt. “Chiediglielo.”
“Chiediglielo tu”, ringhiò Basalt, ma alla fine con un’andatura dinoccolata arrivò da Rhys.
“Che cosa sono quei demoni?” domandò. “Sappiamo che sono qualche sorta di morti viventi. Niente di quello che abbiamo provato sembra arrestarli. Né la magia né l’acciaio. Caele ne ha pugnalato al cuore uno e questo è caduto, ma poi si è rialzato e ha cercato di strangolarlo!”
“Vengono chiamati Prediletti. Sono morti viventi discepoli di Chemosh”, spiegò Nightshade.
“Te l’avevo detto”, ringhiò Basalt a Caele. “È lei!”
“Stai vaneggiando”, mormorò Caele per tutta risposta.
“Come ha fatto la vostra torre ad arrivare qui nel Mare di Sangue?” domandò curioso Nightshade. “Ieri non c’era.”
“E lo dici a noi!” grugnì Basalt. “Ieri eravamo nella nostra torre al sicuro sul fondo del mare, badando ai nostri affari. Poi c’è stato un terremoto. Le pareti si sono messe a tremare, il pavimento è diventato il soffitto e il soffitto è diventato il pavimento. Non sapevamo se poggiavamo sulla testa o sui piedi. Si è rotto tutto, le nostre fiale e i nostri recipienti. I libri volavano via dagli scaffali. Pensavamo di essere morti. Quando tutto ha smesso di tremare, abbiamo guardato fuori e ci siamo ritrovati piantati su questa roccia. Quando abbiamo cercato di sgattaiolare fuori da una porta laterale, questi demoni hanno cercato di assassinarci.”
Rhys pensò alla potenza che aveva strappato la torre dal fondo del mare e guardò la bambina che vagava qua e là, cercava dietro i pilastri e picchiettava sulle pareti.
“Che sta facendo? Gioca a nascondino?” Nightshade lanciò un’occhiata nervosa ai Prediletti e un’altra ai due maghi. “Usciamo di qui. Non mi piace sentir parlare di pugnalare al cuore qualcuno… anche se si tratta di un Prediletto.”
“Mina…” esordì Rhys.
“Trovato!” annunciò lei trionfante.
Era arrivata sotto un ingresso ad arco, nascosto in mezzo alle ombre, che conduceva a un’altra scala a chiocciola, più piccola.
“Venite con me”, ordinò Mina. “Dite a quegli uomini cattivi che devono restare qui.”
“Questa è la nostra torre!” ringhiò Caele.
“Non è vero!” ribatté Mina.
“Invece…”
Intervenne Basalt, afferrando con la mano il braccio di Caele.
“Non andrete da nessuna parte senza di noi”, disse freddamente Basalt.
Caele ringhiò per dirsi d’accordo e divincolò il braccio dalla stretta del compagno.
“Io e Atta li terremo d’occhio”, promise Rhys, pensando che fosse meglio avere i maghi sotto controllo anziché saperli alle loro spalle intenti a seguirli furtivamente.
Mina annuì. “Possono venire con noi, ma se cercano di farci del male dirò ad Atta di morderli.”
“Andate avanti. A me piacciono i cani”, sogghignò Caele. Arricciò il labbro. “Arrosto.”
Mina entrò sotto l’arco e prese a scendere la scala. Nightshade la seguì, con Atta alle calcagna. Rhys venne per ultimo, osservando con la coda dell’occhio i due maghi. Il mezzelfo stava parlando rapidamente all’orecchio del suo socio, dandogli dei colpetti e sottolineando l’argomento della conversazione tendendo il dito sudicio. Al nano apparentemente non piaceva quello che proponeva il mezzelfo, poiché si ritrasse, accigliato, e scrollò il capo. Il mezzelfo sussurrò qualcos’altro e il nano parve rifletterci su. Alla fine annuì e gridò.
“Aspetta, monaco! Alt! Lei ti sta conducendo alla morte”, avvertì Basalt. “C’è un drago laggiù!”
Nightshade perse l’appoggio, scivolò su un gradino e cadde pesantemente sul sedere.
“Drago? Quale drago?” Il kender si strofinò l’osso sacro dolorante. “Non so nulla di draghi!”
“Il drago è il guardiano del Solio Febalas”, disse Basalt.
“Solo Favola?” ripeté Nightshade. “Che cos’è?”
Rhys non riusciva a credere ai suoi orecchi.
“Il Solio Febalas”, disse Rhys con un’esitazione nella voce. “La Sala del Sacrilegio. Ma… non può essere. La Sala andò distrutta durante il Cataclisma.”