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“Godshome è molto lontana”, brontolò Nightshade. Quella scala non era stata costruita per le gambe corte di un kender, e lui doveva fare fatica per arrampicarsi su ogni gradino, col risultato che varie parti del corpo cominciavano a dolergli. “Molto, ma molto lontana.” “Lontana quanto?” domandò Mina.

“Chilometri”, disse Nightshade. “Chilometri e chilometri e chilometri.”

“Quanto tempo ci vorrà?”

“Mesi”, disse Nightshade con tono scontroso. “Mesi e mesi.”

Mina lo fissò sgomenta, quindi rise. “Non essere sciocco!” disse, soggiungendo con impazienza: “Voi due siete troppo lenti. Io vado avanti”.

“Mina, aspetta! I Prediletti…” urlò Rhys cercando di afferrarla, ma Mina si divincolò e corse su per le scale.

“Vi aspetto in cima!” promise.

“Atta, vai con lei!” ordinò Rhys e, mentre la cagna correva via, si girò per aiutare Nightshade, che a ogni passo gemeva e si strofinava le cosce doloranti.

“Ipotizzando di superare vivi i Prediletti (ed è un’ipotesi davvero azzardata), dove andiamo adesso?” domandò il kender.

“Dobbiamo trovare Godshome”, rispose Rhys.

Nightshade contrasse il volto e scrutò attentamente Rhys. “Tu hai intrattenuto una lunga conversazione con Majere laggiù nel “Solo Flaccido”. Non ti ha detto dove trovare Godshome?”

Rhys scrollò il capo e lanciò un’occhiata preoccupata su per le scale.

“Majere avrebbe dovuto darti una mappa. O indicarti dei punti di riferimento”, insistette Nightshade. “Capisci: “Vai a sinistra alla biforcazione poi avanza di venti passi e gira a destra all’albero colpito dal fulmine”. Qualcosa del genere.”

“Non l’ha fatto”, disse Rhys. “Godshome non è un luogo che si possa trovare su una carta geografica.”

“Oh, capisco”, disse malinconicamente Nightshade. “Questo è uno di quei cosiddetti viaggi… Lo sai, quel genere che dovrebbe insegnarti qualcosa.”

“Viaggio spirituale”, disse Rhys.

“Giusto. Gli dei tengono molto ai viaggi spirituali. Ecco un altro motivo per cui io sono diventato un mistico. Quando viaggio, mi piace che ci sia un inizio, un centro e una fine. E mi piace che alla fine vi sia una taverna con qualcosa di buono da mangiare. I viaggi spirituali sono celebri per la mancanza di cose buone da mangiare.”

Rhys afferrò l’amico per il braccio e lo sollevò di un altro scalino. “Sei saggio, come sempre, Nightshade. E hai ragione. Il viaggio sarà lungo e potrebbe essere pericoloso. Io e te ne abbiamo già parlato, ma adesso riesci a comprendere quanto possa essere pericoloso. Se vuoi andartene per la tua strada e lasciare che noi procediamo per la nostra, ti capisco.”

“Me ne andrei in un batter d’occhio”, affermò Nightshade, “se non fosse per il cibo gratis”.

Rhys sospirò. “Nightshade…”

“Rhys, Mina può evocare per magia i pasticci di carne! Così!” Il kender fece schioccare le dita. “Sarei pazzo ad allontanarmi da una persona capace di questo, anche se è una dea e suonata come un tamburo. E a proposito di pasticci di carne, mi viene in mente che l’ora di cena deve essere passata da un pezzo.”

Superarono una curva della scalinata e videro il pianerottolo, ma nessuna traccia di Mina né della cagna. Rhys si fermò, zittì Nightshade che stava per parlare. Rimasero entrambi in ascolto.

“I Prediletti”, disse Nightshade.

“Temo di sì.” Rhys afferrò il kender e lo trascinò con sé.

“Forse Majere ci aiuterà a sfuggire a quelli lì.”

“Non sono sicuro che ne sia in grado”, rispose Rhys.

“E Zeboim? Sarei perfino contento di vederla in questo momento, e non avrei mai pensato di dire una cosa simile!” disse Nightshade, ansimando.

“Non credo che qualche dio possa aiutarci. Siamo stati testimoni del loro fallimento a Solace. Ti ricordi? Il paladino di Kiri-Jolith non era riuscito a uccidere i Prediletti, e nemmeno ci era riuscita la magia di Sua Signoria Jenna. I Prediletti sono legati a Mina.”

“Ma lei non se li ricorda!” Nightshade agitò freneticamente le braccia e quasi ruzzolò giù per le scale. “Ne è terrorizzata!”

“Sì”, concordò Rhys, rimettendolo in piedi. “È vero.”

Nightshade lo guardò furioso.

“Mi dispiace, amico mio”, disse sconcertato Rhys. “Non so che dirti. Se non che dobbiamo avere fede…”

“In che cosa?” domandò Nightshade. “In Mina?”

Rhys diede una pacca sulle spalle al kender. “In noi due.”

““Non andare a raccogliere guai”, mi diceva mio padre”, mormorò Nightshade, “anche se il caro vecchio babbo raccoglieva ogni altra cosa che non fosse inchiodata…”.

Furono interrotti da uno strillo acuto e da voci imploranti.

Mina ridiscese le scale ruzzolando. “Signor monaco! Quei morti orribili sono lì sopra! Qualcuno ha aperto la porta…”

“Qualcuno?” ringhiò Nightshade.

“Immagino di averla aperta io”, ammise Mina. Aveva il volto pallido, gli occhi d’ambra spalancati. Guardò Rhys con aria lamentosa. “Lo so che mi avevi detto di restare con te. Mi dispiace di non avere obbedito.” Gli prese la mano, stringendola con fermezza. “Adesso resto con te. Lo prometto. Ma non penso che i morti ci lasceranno uscire”, soggiunse con un fremito nella voce. “Credo che vogliano farmi del male.”

“Avresti dovuto pensarci prima di farli diventare morti!” gridò Nightshade.

Mina lo fissò meravigliata. “Perché mi sgridi? Io non so niente di loro. Io li odio!” Scoppiò in lacrime e cingendo con le braccia Rhys nascose la testa poggiandola sul ventre del monaco.

“Mina, Mina…” invocavano i Prediletti.

Si stavano radunando sul pianerottolo, ammassandosi sotto l’ingresso ad arco. Rhys non riusciva a contare quanti fossero. Nessuno di loro lo guardava. Nessuno guardava Nightshade né Atta. Gli occhi morti dei Prediletti erano fissi su Mina. Quelle bocche morte pronunciavano il suo nome.

Mina sbirciò fuori dalle pieghe della veste di Rhys e, vedendo i Prediletti che la fissavano, si fece piccola per la paura e gemette. “Non permettere che mi prendano!” “Non glielo permetterò. Non avere paura. Dobbiamo proseguire”, disse Rhys, cercando di parlare con calma.

“No, non voglio!” Mina si aggrappò a Rhys, trascinandolo indietro. “Non farmi andare lassù!”

“Nightshade, prendi il mio bastone”, disse Rhys. Si chinò e tirò su la bambina. “Reggiti forte.”

Mina gli mise le braccia al collo e gli cinse la vita con le gambe, nascondendo il viso contro la spalla di Rhys. “Non voglio guardare!”

“Anche a me piacerebbe non guardare”, mormorò Nightshade. “Non vorresti portare anche me, forse?”

“Avanti, cammina”, disse Rhys.

Salirono le scale, muovendosi con andatura lenta ma costante. Uno dei Prediletti fece un passo verso di loro. Nightshade si arrestò, riparandosi dietro a Rhys. Atta abbaiò e scattò in avanti, con le mascelle spalancate e i denti che brillavano. Mina urlò e si aggrappò a Rhys così fermamente che quasi lo soffocava.

“Atta! Smettila!” ordinò seccamente Rhys, e la cagna si ritrasse. Atta procedette al suo fianco, ringhiando per avvertimento, col labbro ritratto a mostrare i denti.

“Vai sempre avanti”, disse Rhys al kender.

Nightshade andò avanti, tallonando Rhys. I Prediletti non prestavano attenzione al monaco, al kender o alla cagna.

“Mina!” esclamavano i Prediletti, allungando le mani verso di lei. “Mina!”

La bambina scrollava il capo nascondendo il viso. Rhys pose il piede sull’ultimo gradino. Si sollevò su se stesso, lentamente. Salendo sull’ultimo gradino arrivò sul pianerottolo sotto l’arco.

I Prediletti gli bloccavano la strada.

Nightshade chiuse gli occhi e strinse con una mano la veste di Rhys e con l’altra l’emmide.

“Siamo morti”, disse Nightshade. “Non posso guardare. Siamo morti. Non posso guardare.”

Rhys, tenendo fra le braccia Mina, avanzò di un passo in mezzo alla folla di Prediletti. I Prediletti esitarono, poi, con gli occhi fissi su Mina, indietreggiarono per lasciare passare il monaco. Rhys li udì avvicinarsi alle sue spalle. Continuò a camminare a un’andatura lenta e regolare, e superarono l’arco entrando nell’atrio. Rhys si fermò, sopraffatto dallo sgomento. Nightshade emise un suono strozzato.