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I Prediletti avevano invaso la torre. La scala a chiocciola proseguiva in alto fino in cima alla torre e c’erano morti viventi su ogni scalino. I Prediletti si ammassavano nell’atrio, accalcandosi l’uno contro l’altro, sgomitando e spintonandosi, mentre ognuno cercava di intravedere Mina; e altri ancora si spingevano attraverso l’ingresso, aprendosi la strada per entrare.

“Ce ne sono migliaia!” disse Nightshade deglutendo. “Devono essere qui tutti i Prediletti di Ansalon.”

Rhys non aveva idea di che fare. I morti viventi avrebbero potuto ucciderlo anche senza volerlo. Se si fossero spinti in avanti per afferrare Mina, la calca dei corpi li avrebbe schiacciati.

“Mina”, disse Rhys, “devo metterti giù”.

“No!” gemette la bambina, aggrappandosi a lui.

“Devo”, ripeté lui con fermezza, e la fece scendere a terra.

Nightshade porse a Rhys l’emmide. Rhys prese il bastone e lo tenne dritto orizzontalmente davanti a loro.

“Mina, stai dietro a me. Nightshade, prendi Atta.”

Nightshade afferrò la cagna per la collottola e la trascinò vicino a sé. Atta ringhiava, faceva scattare le mascelle ogni volta che i Prediletti si avvicinavano troppo; ne azzannò più di uno, ma quelli non ci badarono troppo. Mina si premeva contro Rhys, aggrappata alla sua veste. Rhys stava davanti a loro, reggendo il bastone con entrambe le mani, per tenere a bada i Prediletti. Si incamminò verso la porta a due battenti.

I Prediletti gli si ammassarono attorno, gareggiando fra loro per cercare di toccare Mina. Il suo nome risuonava per tutta la torre. Alcuni lo sussurravano come se fosse stato troppo sacro per pronunciarlo ad alta voce. Altri ripetevano “Mina” più volte ritmicamente in maniera ossessiva. Altri ancora piagnucolavano pronunciando il suo nome con tono implorante. Che venisse sussurrato o gridato con forza, le voci parevano cariche di dolore, intente a lamentare il loro destino.

“Mina, Mina, Mina.” Il nome della bambina era un vento mesto che sospirava nel buio.

“Falli smettere!” urlò Mina, coprendosi gli orecchi con le mani. “Perché mi chiamano per nome? Io non li conosco! Perché fanno così?”

I Prediletti gemevano e si accalcavano attorno a lei. Rhys li colpiva col bastone, ma era come cercare di ricacciare indietro le onde infinite. Il lamento mesto aveva assunto un tono differente. Adesso aveva una sfumatura di collera. Gli occhi dei Prediletti finalmente si erano rivolti verso Rhys, che udì lo stridio dell’acciaio.

Atta guaì di dolore. Nightshade si aprì un varco a forza tra i corpi ammassati e trascinò via la cagna da sotto i piedi che la calpestavano, tirandosela su fra le braccia. Atta aveva gli occhi spalancati per il terrore, la bocca aperta, ansimante. Con le zampe gli raspava contro il petto, cercando di reggersi.

L’aria era fetida, puzzava di marcio. A Rhys mancavano le forze. Non avrebbe potuto respingere i Prediletti ancora per molto, e una volta che avesse lasciato cadere il bastone sarebbe stato sopraffatto.

La luce scintillò sulla lama di un coltello. Rhys colpì la lama con l’estremità del bastone e riuscì a deviare il colpo assassino, però il coltello graffiò il braccio di Nightshade, causandogli un taglio profondo. Nightshade urlò e lasciò cadere Atta, che si rannicchiò tremante ai suoi piedi.

Mina guardò fisso il sangue, e il volto le si fece terreo. “Non voglio restare qui”, disse con voce tremante. “Non voglio che succeda questa cosa… Io non li conosco… Ce ne andremo via, lontano…”

“Sì!” gridò Nightshade, stringendosi con la mano il braccio sanguinante.

“No”, disse Rhys.

Nightshade lo guardò a bocca aperta.

“Mina, tu li conosci”, le disse Rhys con tono severo. “Non puoi scappare. Tu li hai baciati e loro sono morti.”

Mina rimase inizialmente meravigliata, poi gli occhi d’ambra si illuminarono perché lei aveva capito.

“È stato Chemosh!” gridò. “Non io! Non è stata colpa mia.”

Guardò furiosa i Prediletti, strinse il pugno e urlò verso di loro. “Vi ho dato quello che volevate! Non potete ferirvi. Non potete mai provare dolore né malattia né paura! Sarete sempre giovani e belli…”

“…e morti!” esclamò Nightshade. Si picchiò sul petto. “Guarda me, Mina. Questa è vita! Il dolore è vita! La paura è vita! Tu a loro hai portato via tutto questo! E peggio ancora: li hai rinchiusi dentro la morte e hai gettato via la chiave. Non sanno dove andare. Sono bloccati, intrappolati.”

Mina fissò perplessa il kender, e Rhys immaginava che cosa lei stesse vedendo: lui e Nightshade, scarmigliati, insanguinati, sudati, ansimanti, intenti a respingere i Prediletti col bastone, a tenere stretta la cagna tremante. Mina udiva la voce del kender tremare di terrore e di esasperazione, la voce di Rhys colma di disperazione e udiva in contrasto le voci inespressive e cupe dei Prediletti.

La bambina si dissolse davanti agli occhi sbalorditi di Rhys e davanti a lui comparve la donna Mina, come l’aveva vista nella grotta. Era alta e snella. I capelli ramati le arrivavano alle spalle e le incorniciavano il viso con onde morbide. Gli occhi d’ambra erano grandi e luccicanti di collera, popolati di anime. Indossava una lunga veste nera diafana che le fasciava il corpo flessuoso come l’ombra della notte. Mina si girò verso i Prediletti, fissando il mare inquieto e terribile delle sue vittime.

“Mina…” cantilenavano. “Mina!”

“Smettetela!” gridò lei.

Il mare di morti gemeva, piagnucolava e sussurrava.

“Mina…” I Prediletti si accalcarono attorno a Rhys. Lui li colpì col bastone, ma ce n’erano troppi, e Rhys venne sospinto indietro contro la parete. Nightshade era a quattro zampe, cercando di evitare i piedi che lo calpestavano, ma aveva le mani insanguinate e gli colava sangue dal naso. Rhys non vedeva Atta, ma la sentiva gemere di dolore. Quella massa ondosa si sollevò nuovamente, e Rhys fu schiacciato fra la parete e i corpi e non poté più muoversi; non riusciva a respirare.

“Mina! Mina!” Rhys udiva vagamente quel nome, mentre tutto prese a svanire.

Mina strinse i pugni, sollevò la testa e urlò nell’eco del suo nome.

“Io vi ho resi divini!” strillò. “Perché non siete felici?”

I Prediletti smisero di pronunciare il suo nome e all’improvviso si azzittirono.

Mina aprì le mani e dalle palme si sprigionarono fiamme ambrate. Aprì gli occhi e dalle pupille sprizzarono fiamme dello stesso colore. Aprì la bocca e si riversarono fuori spruzzi fiammeggianti. Mina aumentò di dimensioni, divenne sempre più alta, e urlò ai cieli la propria frustrazione e il proprio dolore mentre il fuoco della sua ira si propagava incontrollato.

Un momento prima Rhys era schiacciato sotto i corpi e un momento dopo fu inondato da un calore incandescente e i corpi vennero inceneriti, lasciandolo ricoperto di cenere oleosa.

Accecato dalla luce splendente, Rhys tossì quando il fumo e la cenere gli penetrarono nella trachea. Brancolò qua e là alla ricerca dei suoi amici e afferrò Nightshade nello stesso momento in cui il kender afferrò lui.

“Non ci vedo!” disse con voce strozzata Nightshade, aggrappandosi in preda al panico a Rhys. “Non ci vedo!”

Rhys trovò Atta. Trascinò lei e Nightshade all’indietro attraverso l’arco e giù lungo le scale, lontano dal calore e dalle fiamme e dalla nera cenere oleosa che mulinava nella torre formando una tempesta orripilante.

Il kender si strofinò gli occhi, mentre le lacrime gli colavano sulle guance, rigando la cenere che gli insudiciava il viso.

Rhys osservava l’ira di una dea infelice che distruggeva il proprio fallimento.

L’incendio proseguì a lungo.

Alla fine la luce ambrata si affievolì fino a spegnersi, all’esaurirsi della furia di Mina. La cenere continuò a svolazzare sotto forma di una nube grigia che poi si depositò. Rhys aiutò Nightshade a rimettersi in piedi. Emersero dalla scalinata e si aprirono la strada scavando tra i detriti neri e orribili che quasi seppellivano la cagna. Nightshade aveva conati di vomito e si copriva la bocca con la mano. Rhys si teneva la manica sopra il naso e la bocca. Cercò Mina, ma non ve n’era traccia, ed era troppo scosso per domandarsi che fine avesse fatto. Voleva soltanto sfuggire a quell’orrore.