“E Mina ha giurato di ucciderlo: l’unico che potrebbe salvarla.”
“Sargonnas è abile, molto più abile di Chemosh. Progetta di offrire a Mina una scelta: tenebre o luce. Gilean non può intromettersi in questo. E Sargonnas offrirà una scelta anche a Valthonis. Un dilemma amaro per Mina, per Valthonis, per te, fratello”, disse Mishakal. “Al mattino io potrò spedire te e Mina e quanti scelgono di venire con voi a incontrare Valthonis, se sei ancora deciso a seguire questa strada. Ti concederò la notte per riflettere, poiché potrei anche mandarti incontro alla morte.”
“Non mi serve la notte per pensarci, Signora Bianca. Sono deciso”, disse Rhys. “Farò quello che potrò per aiutare sia Mina sia Valthonis. E non temete per lui. Non va in giro da solo. Ha i Fedeli, nominatisi suoi custodi, che hanno giurato di proteggerlo…”
“È vero”, disse Mishakal con un sorriso radioso. “È sorvegliato da molti che lo amano.”
E poi sospirò e disse sottovoce: “Ma la scelta non spetta a loro. La scelta deve spettare a Valthonis e soltanto a lui…”.
3
Livia femmina di elfo selvaggio di nome Elspeth accompagnava Valthonis fin dal principio. Era una dei Fedeli, sebbene spesso passasse inosservata.
Quando Valthonis aveva scelto di esiliarsi dal pantheon degli dei, l’aveva fatto per preservare l’equilibrio, sconvolto dopo la cacciata della sua controparte malvagia, Takhisis. Scegliendo di diventare mortale, Valthonis aveva assunto la forma di un elfo, unendosi a questo popolo nel suo amaro esilio dalla patria ancestrale. Non aveva invitato nessuno a seguirlo. Intendeva percorrere da solo la sua dura strada. Quanti lo accompagnavano lo facevano di propria iniziativa, e la popolazione li chiamava i Fedeli.
Tutti i Fedeli conservavano vividi ricordi del loro primo incontro col Dio che Cammina, rammentando perfino quale fosse l’ora del giorno e se splendesse il sole oppure cadesse la pioggia, poiché le sue parole avevano toccato il loro cuore e avevano cambiato la loro vita per sempre. Ma non serbavano alcun ricordo dell’incontro con Elspeth, anche se sapevano che allora doveva essere stata con lui, semplicemente perché non rammentavano un tempo in cui non ci fosse stata.
Donna di età indefinita, Elspeth indossava la tunica semplice e grezza e i calzoni di cuoio alla zuava preferiti dagli elfi selvaggi, quegli elfi che non si sono mai trovati a proprio agio nella civiltà e vivono nelle regioni solitarie e isolate di Ansalon. Aveva i capelli lunghi e bianchi che le pendevano fin sulle spalle, gli occhi azzurri cristallini, il volto grazioso ma impassibile, che raramente mostrava emozioni.
Elspeth manteneva il proprio isolamento perfino in compagnia di altri Fedeli. I Fedeli ne capivano la ragione (o ritenevano di capirla) ed erano gentili con lei. Elspeth era muta. La lingua le era stata mozzata. Nessuno sapeva come fosse accaduto, ma le dicerie abbondavano. Alcuni dicevano che era stata aggredita, e il suo assalitore le aveva tagliato la lingua affinché non potesse nominarlo. Altri dicevano che l’avessero mutilata i minotauri dominatori del Silvanesti. Erano noti per tagliare la lingua a chiunque si esprimesse chiaramente contro di loro.
La diceria più terribile, a cui in genere non si dava credito, era che Elspeth si fosse tagliata la lingua da sola. Nessuno sapeva perché avrebbe dovuto fare una cosa simile. Quali parole temeva di dire tanto da mutilarsi per impedirsi di pronunciarle?
I membri del gruppo dei Fedeli erano sempre gentili con lei e cercavano di coinvolgerla nelle loro attività o discussioni. Lei era però estremamente timida e si ritraeva se qualcuno le parlava.
Valthonis trattava Elspeth come trattava gli altri Fedeli: con cortesia, discrezione e dolcezza, non con superiorità rispetto agli altri, ma con un senso di distacco. Vi era fra il Dio che Cammina e i Fedeli una barriera che nessuno poteva oltrepassare. Lui era mortale. Essendo un elfo, non invecchiava come gli esseri umani, ma il suo viaggiare continuo esigeva il suo tributo. Dormiva sempre all’addiaccio, rifiutando riparo in case o castelli, e camminava per la strada ogni giorno, col vento e con la pioggia, col sole e con la neve. Aveva la pelle chiara sciupata dalle intemperie e abbronzata. Era magro ed esile, i suoi abiti (tunica e calzamaglia, stivali e mantello di lana) erano logori per il viaggio.
I Fedeli lo trattavano con riverenza, sempre memori del sacrificio da lui compiuto per l’umanità. Ai loro occhi era ancora quasi un dio. Che cos’era invece ai propri occhi? Nessuno lo sapeva. Parlava spesso di Paladine e degli Dei del Bene, ma sempre come un mortale parla degli dei: con adorazione e riverenza. Non parlava mai come uno di loro.
I Fedeli spesso confabulavano tra loro chiedendosi se Valthonis rammentasse o no di essere stato un tempo il dio più potente dell’universo. Talvolta si interrompeva in una conversazione e guardava distante, in lontananza, e la fronte gli si corrugava, come se stesse concentrandosi, sforzandosi di rammentare qualcosa di enorme importanza. In quelle occasioni, ritenevano i Fedeli, aveva intravisto qualche barlume di ciò che era stato, ma quando cercava di recuperare il ricordo gli sfuggiva, effimero come la nebbia mattutina. Per il suo bene, pregavano che non ricordasse mai.
In simili occasioni i Fedeli notavano che Elspeth si spostava un po‘“più vicino a lui. Chiunque per caso la guardasse la vedeva starsene seduta ferma, immobile, con gli occhi fissi su Valthonis, come fosse stato tutto ciò che lei vedesse, tutto ciò che avesse mai voluto vedere. Valthonis, non più accigliato, scuoteva la testa lievemente, sorrideva e proseguiva.
Il numero di Fedeli cambiava di giorno in giorno, poiché alcuni decidevano di unirsi a Valthonis nel suo camminare infinito mentre altri si allontanavano. Valthonis non chiedeva mai a nessuno di rimanere, né di andarsene. I Fedeli non pronunciavano giuramenti nei suoi confronti, poiché non li avrebbe accettati. Provenivano da tutte le razze e da ogni ceto sociale, ricchi e poveri, saggi e stolti, nobili o disgraziati. Nessuno interrogava quanti si univano al gruppo, poiché Valthonis non lo permetteva.
I Fedeli ricordavano tutti il giorno in cui l’orco era emerso dai boschi e aveva affiancato Valthonis nel suo cammino. Diversi avevano messo mano alla spada, ma un’occhiata di Valthonis li aveva fermati. Lui aveva continuato a parlare con quanti lo circondavano, i quali trovavano difficile ascoltare, poiché non riuscivano a distogliere gli occhi dall’orco. Quel gigantesco bestione proseguiva a passi pesanti, guardando tutti loro con un cipiglio minaccioso e ringhiando se qualcuno gli si avventurava troppo vicino.
Quanti conoscevano gli orchi dicevano che fosse un capotribù, poiché portava attorno al collo una pesante catena d’argento e il suo lurido panciotto di cuoio era ornato di innumerevoli scalpi e altri trofei raccapriccianti. Era enorme, superando i più alti fra loro di torace, testa e spalle, ed emanava puzza fino al cielo. Rimase con loro una settimana e in tutto quel tempo non disse una parola a nessuno, nemmeno a Valthonis.
Poi una sera, mentre erano seduti attorno al fuoco, l’orco si alzò in piedi e a passi pesanti si diresse verso Valthonis. I Fedeli si misero immediatamente in guardia, ma Valthonis ordinò loro di rinfoderare le armi e rimettersi a sedere. L’orco si sfilò dal collo la catena d’argento e la porse al Dio che Cammina.
Valthonis pose la mano sulla catena e chiese agli dei di benedirla, e poi gliela restituì. L’orco grugnì di soddisfazione. Si appese la catena al collo e con un altro grugnito se ne andò, rientrando a passi pesanti nella foresta. Tutti sospirarono di sollievo. Più tardi, quando dal Blöde cominciarono a circolare storie di come un orco che portava una catena d’argento stesse adoperandosi per alleviare le sofferenze del suo popolo e cercasse di porre fine alla violenza e allo spargimento di sangue, i Fedeli rammentarono il loro compagno orco e si meravigliarono.
Spesso lungo la strada si univano a loro dei kender, che saltellavano come grilli attorno a Valthonis e lo importunavano con domande, per esempio perché le rane hanno protuberanze e i serpenti no, o perché il formaggio è giallo se il latte è bianco. I Fedeli alzavano gli occhi al cielo, ma Valthonis rispondeva pazientemente a tutte le domande e sembrava perfino divertirsi ad avere attorno dei kender. I kender erano un cruccio per i seguaci, che però si sforzavano di seguire l’esempio del Dio che Cammina mostrando pazienza e sopportazione, e si rassegnavano al furto di tutti i loro averi.