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Gli altri dei guardarono Chemosh con aria accusatoria.

“Io non sapevo che fosse una dea!” gridò ferocemente il Signore delle Ossa. “Takhisis lo sapeva. Lo testimoniano le sue ultime parole: “La maledizione è su di voi. Se distruggete me, distruggerete voi stessi”.”

“Distruggere noi!” La risata di Sargonnas rimbombò roca nei cieli. “Come fa una marmocchia di dea a costituire una minaccia per noi?”

“E come fa a non costituirla?” domandò aspramente Mishakal. La Signora Bianca avvampò, intimorendo con la sua bellezza e la sua potenza. “Perfino in questo momento state tramando per attirare Mina dalla vostra parte, per sovvertire l’equilibrio in vostro favore.”

“E tu, Signora Santarellina?” sbottò Zeboim. “Tu stai pensando la stessa cosa.”

Kiri-Jolith disse freddamente: “Questa dea è perduta per noi. Adesso è una creatura delle tenebre”.

Mishakal gli rivolse un’occhiata afflitta. “Esiste una cosa chiamata perdono… redenzione.”

Kiri-Jolith aveva l’aria severa e implacabile. Non disse nulla, ma scrollò il capo con decisione.

“Se è tanto pericolosa, che cosa bisogna fare di lei?” domandò Chislev.

Gli dei guardarono verso Gilean in attesa di un giudizio.

“È dotata di libero arbitrio”, stabilì lui alla fine. “Il suo fato è nelle sue mani. Deve decidere da sola riguardo al suo destino. Le verrà dato il tempo per pensare e valutare. E durante questo tempo”, soggiunse con fredda enfasi, “non potrà essere influenzata né dal Male né dal Bene.”

E questo giudizio saggio, naturalmente, non piacque a nessuno.

3

Gli dei si misero a parlare tutti contemporaneamente. Kiri-Jolith insistette perché Mina venisse scacciata come era stata scacciata Takhisis. Zeboim protestò perché non era giusto verso la povera bambina. Si offrì di portarla con sé nella sua casa sotto il mare, un’offerta di cui nessuno si fidò. Sollecitò Chemosh ad appoggiarla, ma lui si rifiutò.

Chemosh non voleva più avere a che fare con Mina. Rimpiangeva di averla incontrata, era dispiaciuto di essersi innamorato di lei e di averne fatto la propria amante; era dispiaciuto di averla usata per farsi aiutare a creare nuovi seguaci, i Prediletti morti viventi, i quali erano stati un’amara delusione, finendo con l’essere fedeli a Mina, anziché a lui. Chemosh si teneva sdegnosamente al di sopra della discussione che infuriava nel pantheon. Pertanto fu l’unico a notare che i tre dei della magia, finora rimasti silenziosi, confabulavano tra loro a bassa voce.

Solinari, figlio di Paladine e Mishakal, era il Dio della Luna d’Argento, della magia della luce. Lunitari, figlia di Gilean, era la Dea della Luna Rossa, della magia e della neutralità, e il loro cugino Nuitari, figlio di Takhisis e di Sargonnas, era il Dio della Luna Nera, della magia delle tenebre. Malgrado le loro ideologie differenti, i cugini erano legati fra loro, uniti dall’amore per la magia. Insieme sfidavano spesso i loro genitori e operavano per i propri fini, come indubbiamente stavano facendo adesso. Chemosh si avvicinò, sperando di cogliere di sfuggita ciò che stavano dicendo.

“Allora è stata Mina a sollevare la torre dal fondo del Mare di Sangue!” stava dicendo Lunitari. “Ma perché?”

Lunitari indossava la veste rossa di quanti erano dediti al suo servizio. Il suo aspetto era quello di una donna umana dagli occhi indagatori, sempre alla ricerca di qualcosa.

“Progettava di donarla al Signore delle Ossa”, disse Nuitari. “Un pegno d’amore.”

Lui indossava una veste nera; il suo volto era quello di una luna piena. Gli occhi custodivano i suoi segreti.

“E tutti i preziosi oggetti sacri al suo interno?” domandò Solinari a bassa voce. “Che ne è stato del Solio Febalas,

Abbigliato con una veste bianca, Solinari era vigile e attento, camminava e parlava con calma, con gli occhi grigi come il fumo per via del fuoco che bruciava senza fiamma nel suo essere.

“Come faccio a sapere che cosa ne sia stato?” domandò stizzito Nuitari. “Sono stato convocato qui. La mia assenza sarebbe stata notata. Ma non appena finisce questa riunione…”

Chemosh non udì il resto. Allora era per questo che Mina gli aveva donato la torre! A lui non interessava per nulla quell’antico monumento dedicato alla magia. Lui desiderava ciò che stava al di sotto della torre: il Solio Febalas.

Molto tempo prima, precedentemente al Cataclisma, il Re-Sacerdote di Istar aveva saccheggiato i templi sacri e i santuari dedicati agli dei di Krynn, asportandone oggetti sacri da lui ritenuti pericolosi. Inizialmente portò via soltanto quelli degli Dei del Male, ma poi, quando la sua paranoia crebbe, ordinò alle sue truppe di penetrare anche nei templi degli Dei della Neutralità. Infine, avendo deciso di sfidare gli dei per diventare dio a sua volta, inviò i suoi soldati a saccheggiare tutti i templi degli Dei del Bene.

Gli oggetti sacri rubati furono portati all’antica Torre dell’Alta Magia di Istar, ora sotto il suo dominio. Il Re-Sacerdote collocò gli oggetti sacri in quella che definì la “Sala del Sacrilegio”.

Incolleriti per la sfida del Re-Sacerdote, gli dei scagliarono sul mondo una montagna infuocata, lacerandolo. Istar precipitò sul fondo del mare. Se qualcuno rammentava la Sala del Sacrilegio, i sopravvissuti ritenevano fosse andata distrutta.

Col passare dei secoli, i mortali dimenticarono la Sala del Sacrilegio. Chemosh però non la dimenticò. Si era sempre irritato per la perdita dei suoi oggetti sacri. Percepiva la potenza emanata dalle reliquie e sapeva che non erano andate perdute. Le rivoleva. Fu tentato di andare a cercarle durante la Quarta Era, ma all’epoca era coinvolto in un complotto segreto con la Regina Takhisis, un complotto per rovesciare gli Dei del Bene, e non osò fare nulla per non attirare l’attenzione su di sé.

Non ebbe mai la possibilità di andare a cercarli. Prima fu impegnato nella Guerra delle Lance, e poi Chaos si era infuriato, e infine Takhisis aveva trafugato il mondo. Gli oggetti sacri degli dei rimasero perduti finché Nuitari non decise di ricostruire segretamente la Torre dell’Alta Magia ormai in rovina, situata sul fondo del mare. Aveva trovato il Solio Febalas, con grande ira e gelosia di Chemosh.

Chemosh aveva chiesto a Mina di entrare nella Sala del Sacrilegio e portarne fuori i suoi oggetti sacri. Ma lei l’aveva tradito causando la prima rottura fra di loro.

Non essere in collera con me, mio amato signore… Il Solio Febalas è sacro. Santificato. In quella sala dimorano la potenza e la maestà degli dei, di tutti gli dei. Io non potevo toccare nulla. Non avrei mai osato! Non potevo fare altro che cadere in ginocchio in adorazione…

Chemosh si era infuriato con lei. L’aveva accusata di avere rubato per sé gli oggetti sacri. Adesso aveva capito. La potenza degli dei aveva agito da specchio, riflettendo verso di lei la potenza divina che Mina sentiva ardere dentro di sé. Come doveva sentirsi confusa, confusa e terrorizzata, e sopraffatta. Aveva sollevato la torre dal fondo del Mare di Sangue per donarla a lui. Era un dono.