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Qualcosa riguardo al fatto che Mina fosse una divinità… Krell sbuffò, ci pensò su. Era vero che Mina gli aveva portato via i poteri, ma lui era sicuro che dietro a tutto ciò vi fosse Zeboim. Le due femmine erano implicate insieme in questa faccenda. Era un complotto contro di lui. Krell si sarebbe vendicato della Dea del Mare, e anche di quella strega di Mina.

Questi erano i pensieri su cui rimuginava Krell, seduto in camera sua, avvolto in una coperta per scaldarsi, poiché la sua meravigliosa e lucente armatura magica era scomparsa. Stava pensando con piacere crudele a ciò che avrebbe fatto a Mina quando finalmente fosse riuscito a metterle le mani addosso, allorché una voce interruppe le sue fantasticherie intrise di sangue.

“Chi è?” ringhiò Krell.

“Il tuo padrone, testa di legno”, disse Chemosh.

“Mio signore”, disse Krell sogghignando. Un tempo si sarebbe prostrato, ma non era di umore adatto a fare il leccapiedi. Che Chemosh si pulisse da solo gli stivali. Che aveva fatto per lui, il dio? Nulla. Forse il Signore della Morte aveva perfino fatto parte del complotto per distruggerlo.

“Smettila di startene lì seduto a compiangerti”, disse freddamente Chemosh. “Devi trovare Mina.”

Nessuno voleva trovare Mina più di Ausric Krell. Fu sul punto di valersi dell’occasione, ma poi si trattenne. Il Krell dall’astuzia meschina era tornato. Nella voce del suo padrone coglieva una sfumatura di ansietà, forse perfino di disperazione. Krell poteva approfittare della situazione per mercanteggiare un po’. Era in una posizione di forza, dopo tutto. Non gli rimaneva più nulla da perdere.

“Dicono che questa Mina adesso sia una divinità, mio signore”, fece notare Krell. “E io sono un povero e debole mortale”, disse digrignando i denti.

“Se farai questo per me ti nominerò mio chierico, Krell. Ti conferirò poteri sacri…”

“Chierico!” Krell sbuffò di disgusto. “Non voglio essere uno dei vostri chierici piagnucolosi, che vanno in giro con l’abito nero e una maschera da spavento.”

“Non fare il gradasso con me, Krell…”

“Altrimenti che cosa mi fate?” Krell ruggì di collera. “Siete venuto voi da me a cercare aiuto, mio signore. Se volete il mio aiuto, trasformatemi di nuovo in un cavaliere della morte.”

“Non posso “trasformarti” in un cavaliere della morte e basta”, disse stizzito Chemosh. “Non è come cambiarsi d’abito. E una cosa molto più complicata, comporta una maledizione…”

“Allora andate a cercare Mina per conto vostro”, disse Krell imbronciato.

Curvo nella sua coperta, andò a passi pesanti verso il letto e si sedette.

“Non posso trasformarti in un cavaliere della morte, ma ti concederò i poteri di un Accolito delle Ossa”, propose Chemosh.

“Un che cosa delle ossa?” domandò Krell sospettoso.

“Non ho tempo per spiegartelo! Al momento sono piuttosto occupato. Mi costringono a pronunciare un giuramento divino. Ma tu sarai potente. Te lo prometto.”

Krell ci pensò su. Chemosh doveva tener fede alla sua parola se voleva che Krell avesse successo.

“Molto bene”, disse Krell con riluttanza. “Trasformatemi in questo Accolito delle Ossa. Dove trovo Mina?”

“Non ne ho idea. È saltata giù in mare dal parapetto.”

“Allora volete che ne recuperi il corpo, mio signore?” Krell era deluso.

“È una divinità, idiota! Non può morire! Per il Cranio, tanto varrebbe dare ordini alla colonna di un baldacchino! Ora devo andare…”

“Allora dove devo cominciare le mie ricerche, mio signore?” domandò Krell, ma non ricevette risposta.

Krell aveva un’idea, però. Il monaco di Mina, quello che lui aveva trovato dentro la grotta. Krell inizialmente aveva pensato che il monaco fosse l’amante di Mina. Adesso non ne era più tanto sicuro. Comunque Mina sembrava dimostrare un insolito interesse per il monaco. Era uscita di soppiatto dal castello di Chemosh per incontrarsi con lui in segreto nella grotta. Forse era tornata a trovarlo. L’ultima volta che Krell aveva visto il monaco, questi era incatenato a una parete della grotta. Era improbabile che se ne fosse andato da qualche altra parte.

Krell si alzò, poi si rese conto che non avrebbe potuto affrontare degnamente Mina avvolto in una coperta.

“Mio signore!” urlò Krell. “Un Accolito delle Ossa! Ve lo ricordate?”

Chemosh se lo ricordava. Concesse a Krell i poteri di un Accolito delle Ossa e, sebbene non fosse temibile come lo era stato quando era un cavaliere della morte, Krell fu soddisfatto del risultato.

5

Nightshade entrò nella grotta barcollando sotto un carico di legna da ardere. Lo posò a terra e poi rimase a fissare la bambina, che era distesa immobile sulle fredde pietre mentre Rhys le strofinava le mani gelide, cercando di riscaldargliele. Atta trotterellò dentro, annusò la bambina, ringhiò e si ritirò in un angolo lontano.

“Abbiamo bisogno di esca per accendere il fuoco”, disse Rhys. “Forse qualche alga. Se tu potessi fare in fretta…”

Mormorando, Nightshade richiamò Atta e i due uscirono. Rhys sperò che il kender si sbrigasse. La bambina aveva la pelle fredda e viscida al tatto, il battito cardiaco rallentato, le labbra e le unghie blu. Rhys avrebbe voluto avvolgerla nella propria veste, ma era umida quanto il vestitino di cotone della bambina.

Si guardò attorno nella grotta che un tempo era stata un luogo sacro a Zeboim. All’estremità opposta si innalzava l’altare della dea. Rhys vi aveva prestato scarsa attenzione quando il minotauro lo aveva condotto qui. Aveva avuto questioni molto più urgenti a cui pensare, come il fatto di essere incatenato alla parete e minacciato di torture e di morte. Adesso, sperando di trovare qualcosa di utile, si staccò dalla bambina e andò a guardare più da vicino.

L’altare era scolpito grossolanamente da un unico pezzo di granito a venature rosse e nere. Una conchiglia era stata collocata con rispetto sull’altare che era ornato da una logora tovaglia di seta verde mare. Mormorando una preghiera di ringraziamento a Majere e un’altra preghiera con cui chiedeva perdono a Zeboim per la profanazione del suo altare, Rhys sollevò la conchiglia, rimosse la tovaglia, quindi rimise a posto la conchiglia con cura.

Rhys tolse alla bambina il vestitino fradicio, la asciugò strofinandola col panno di seta e la avvolse in quest’ultimo, passandoglielo attorno più o meno come il bozzolo da cui era stato filato il tessuto. La bambina smise di tremare. Le ritornò un po‘“di colore sulle guance pallide, dalle labbra le svanì il blu.

“Grazie, Zeboim”, disse sottovoce Rhys.

“Ma figuriamoci”, disse aspramente la Dea del Mare. “Stai solo attento a ripulire la mia tovaglia e a rimetterla a posto quando hai finito.”

Zeboim entrò nella grotta con calma, padrona di sé (rispetto al solito), con appena una brezza moderata ad agitarle l’abito verdeazzurro che le schiumava attorno ai piedi nudi. Rivolse un’occhiata annoiata alla bambina stesa a terra.

“Dove hai raccolto la bambina?”

“L’ho trovata sospinta a riva durante la tempesta”, rispose Rhys, osservando attentamente la dea.

“Chi è?” chiese Zeboim, anche se non pareva le interessasse molto.

“Non ne ho idea”, rispose Rhys. Fece una pausa, poi disse con calma: “La conoscete, maestà?”.