I suoi occhi, però, i suoi occhi fiammeggiavano ancora mentre guardava Shadow attraversare la caverna e fermarsi a pochi passi da lui.
«Sei in ritardo» gli disse con una voce gutturale. «Ho scagliato la lancia. La battaglia è stata dedicata e ha avuto inizio.»
«Davvero?» chiese Shadow.
«Davvero» rispose Loki. «Perciò non ha più nessuna importanza quello che fai tu.»
Dopo un momento di riflessione Shadow disse: «La lancia che hai scagliato per scatenare lo scontro, come in tutta quella storia a Uppsala… è di questo che ti alimenti, vero?».
Silenzio. Sentiva l’altro respirare, rantolare.
«Ci sono arrivato finalmente» continuò. «Più o meno. Non sono sicuro quando, forse sull’albero, forse prima. È stato qualcosa che mi ha detto Wednesday a Natale.»
Loki si limitò a fissarlo da terra senza parlare.
«È un imbroglio che ha bisogno di due soci, per funzionare. Come la truffa del vescovo con la collana di diamanti e del poliziotto che lo arresta. Come quella del tizio con il violino e dell’altro che vuole comprarlo. Due uomini che apparentemente stanno su due fronti opposti e invece fanno lo stesso gioco.»
«Sei ridicolo» mormorò Loki.
«Perché? Ho apprezzato quello che hai fatto al motel. Niente male. Volevi essere presente per accertarti che andasse tutto secondo i tuoi piani. Io ti ho visto, ti ho perfino riconosciuto e ho capito chi eri in realtà. Eppure non sono riuscito a fare il collegamento tra te e il signor World.»
A quel punto Shadow alzò la voce: «Puoi uscire» disse in direzione della grotta. «Ovunque tu sia. Vieni fuori.»
Il vento ululò nell’ingresso della caverna portando dentro una spruzzata d’acqua. Shadow rabbrividì.
«Sono stufo di essere trattato come un cretino» disse. «Fatti vedere. Lascia che ti veda.»
Ci fu un mutamento nelle ombre in fondo alla caverna, una massa informe sembrò acquistare solidità e un’altra si agitò. «Tu sai troppe cose, ragazzo mio» disse il borbottio familiare di Wednesday.
«Non ti hanno ucciso, dunque.»
«Mi hanno ucciso» rispose la voce. «Altrimenti non avrebbe funzionato mai.» Era una voce debole, non proprio fievole, ma a Shadow faceva pensare a una vecchia radio mal sintonizzata su una stazione lontana. «Se non fossi morto davvero non saremmo mai riusciti a portarli tutti qui» continuò Wednesday. «Kalì e le Morrigan, gli albanesi di merda e… be’, li hai visti anche tu. È stata la mia morte a riunirli qui. Ero l’agnello sacrificale.»
«No» ribatté Shadow, «eri il capro traditore.»
L’apparizione nell’ombra vortice. «Niente affatto. Ciò implicherebbe da parte mia la volontà di tradire i vecchi dèi per gli dèi nuovi. E non è questo che stavamo facendo.»
«Per niente» sussurrò Loki.
«Lo vedo» disse Shadow. «Non volevate tradire qualcuno, voi tradivate tutti.»
«Direi che è esatto» rispose Wednesday. Sembrava soddisfatto di sé.
«Volevate un massacro. Un sacrificio di sangue. Un sacrificio di dèi.»
Il vento diventò più forte e l’ululato all’ingresso della caverna era un urlo lancinante che esprimeva un dolore incommensurabile.
«E perché no? Sono rimasto intrappolato in questa fottuta terra per quasi milleduecento anni. Il mio sangue è debole, ho bisogno di nutrimento.»
«E il tuo nutrimento è la morte» disse Shadow.
Adesso gli sembrava di riuscire a vedere Wednesday. Era una sagoma fatta di tenebra che diventava visibile soltanto quando Shadow distoglieva lo sguardo e ne coglieva la forma con la coda dell’occhio. «Mi nutro della morte che mi viene dedicata» disse Wednesday.
«Come la mia sull’albero.»
«Quella era una cosa speciale.»
«Anche tu ti nutrì di morte?» chiese Shadow a Loki.
Loki scosse debolmente la testa.
«No, ovviamente no. Il tuo nutrimento è il caos.»
Loki sorrise, un rapido sorriso sofferente, mentre negli occhi, con guizzi rapidi come quelli del pizzo che brucia nel fuoco, gli danzavano ancora fiamme arancioni.
«Senza di te non ce l’avremmo fatta» disse Wednesday da un angolo di visuale. «Sono stato con tante donne…»
«Avevi bisogno di un figlio.»
La voce di Wednesday risuonò come un’eco. «Avevo bisogno di te, ragazzo mio. Sì. Mio figlio. Sapevo che eri stato concepito, ma tua madre aveva lasciato il paese. Impiegammo molto tempo a ritrovarti. E quando ti ritrovammo eri in prigione. Dovevamo scoprire che cosa ti faceva muovere, quali tasti premere per riuscire a coinvolgerti, scoprire chi eri.» Loki sembrò per un momento soddisfatto di sé. «Avevi una moglie da cui tornare. Un ostacolo superabile.»
«Non era la donna adatta per te» continuò Loki in un sussurro. «Stavi meglio senza di lei.»
«Se solo non fosse stato necessario farla soffrire» disse Wednesday, e questa volta Shadow capì che cosa aveva inteso dire la prima volta.
«E se avesse avuto la… grazia… di restare morta» ansimò Loki. «Wood e Stone erano due bravi ragazzi. Ti sarebbe stata data una possibilità di fuga dal treno durante l’attraversamento del Dakota…»
«Dov’è Laura?» chiese Shadow.
Loki allungò un braccio e indicò il fondo della grotta.
«È andata da quella parte» disse, poi, senza preavviso, ricadde a faccia in giù sul pavimento.
Shadow allora vide ciò che la coperta gli aveva tenuto nascosto, la pozza, il buco nella schiena, l’impermeabile inzuppato che da chiaro era ormai diventato nero di sangue. «Che cos’è capitato?»
Loki non rispose.
Secondo Shadow non avrebbe mai più parlato.
«Gli è capitata tua moglie, figlio mio» rispose la voce lontana di Wednesday. Adesso era diventato più difficile vederlo, come se stesse sbiadendo nell’etere. «Ma la battaglia lo riporterà indietro. Come riporterà indietro me. Io sono un fantasma, e lui è cadavere. Comunque abbiamo vinto: il gioco era truccato.»
«I giochi truccati» gli ricordò Shadow «sono i più facili da battere.»
Non arrivò nessuna risposta e niente si mosse nell’ombra.
«Addio» disse, e poi aggiunse, «padre.» A quel punto la grotta era deserta. Completamente deserta.
Shadow tornò alla Seven States Flag Court e non trovò nessuno neanche lì, soltanto il rumore delle bandiere sferzate dal vento. Non c’erano persone armate di spade al Thousand-Ton Balanced Rock e nessuno a difendere il ponte Swing-a-long. Era solo.
Non c’era niente da vedere. Il luogo era deserto. Un campo di battaglia vuoto.
No. Non vuoto. Non esattamente.
Era Rock City, dopotutto, un luogo dove per migliaia di anni la gente era andata a pregare e a rendere grazie; oggi i turisti che percorrevano a milioni i sentieri tra i giardini e superavano barcollando il ponte facevano lo stesso effetto dell’acqua che fa girare milioni di ruote di preghiera. La realtà in quel luogo era soltanto apparente. Shadow sapeva dove si stava svolgendo la battaglia.
Perciò riprese a camminare. Ricordando come si era sentito sulla giostra, cercando di sentirsi di nuovo così…
Ricordò come aveva sterzato il volante della Winnebago per buttarla fuori strada ad angolo retto. Provò a ritrovare quella sensazione…
Accadde con facilità, in maniera perfetta.
Fu come spingere una membrana, come riemergere in superficie dall’acqua. Gli era bastato un passo per trasferirsi dal sentiero dei turisti sulla montagna a…
Alla realtà dietro le quinte.
Era sempre sulla montagna, questo rimaneva uguale, però era molto di più, era una vetta quintessenziale, la vera natura della vetta. Paragonata a quel luogo, la Lookout Mountain che aveva appena lasciato era un fondale dipinto, un modellino in cartapesta visto alla televisione… nient’altro che la rappresentazione, non la cosa in sé.