E con un frastuono scioccante il fulmine raggelato nel cielo esplose e l’arena fu completamente immersa nell’oscurità.
Molte presenze scintillarono al buio.
Shadow si domandò se si sarebbero messi a discutere, se lo avrebbero attaccato, magari cercato di ucciderlo. Rimase ad aspettare qualche reazione.
Poi capì che si spegnevano le luci. Gli dèi se ne stavano andando, prima a piccoli gruppi, poi a gruppi più numerosi. Infine a centinaia.
Un ragno grande come un rottweiler gli si avvicinò sulle sette zampe, con la fila di occhi che brillava debolmente.
Shadow, pur sentendosi male, rimase dov’era.
Quando fu abbastanza vicino, il ragno parlò con la voce del signor Nancy: «Ottimo lavoro. Sono fiero di te. Ben fatto, ragazzo».
«Grazie» disse Shadow.
«Adesso dobbiamo riportarti indietro. Se ci resti troppo a lungo questo posto ti incasina la testa.»
Gli appoggiò una zampa scura e pelosa sulla spalla…
… e di nuovo nella Seven States Flag Court, il signor Nancy tossì. Gli teneva la mano destra sulla spalla. Aveva smesso di piovere. Con la sinistra si comprimeva il fianco come se fosse ferito. Shadow gli chiese se stava bene.
«Sono duro come un’unghia vecchia» rispose il signor Nancy. «Anche più duro.» Non sembrava felice, però, era un vecchio sofferente.
Ce n’erano decine, in piedi, seduti per terra, sulle panche. Alcuni erano feriti in modo grave.
In cielo Shadow sentì arrivare da sud un rumore sferragliante. Guardò il signor Nancy. «Sono elicotteri?»
L’altro annuì. «Non ti preoccupare di loro. Non preoccuparti più. Ripuliranno il casino e se ne andranno.»
«Bene.»
Shadow sapeva che c’era una parte del casino che voleva vedere personalmente, prima che venisse ripulito. Prese in prestito una torcia da un uomo con i capelli grigi che sembrava uno speaker del telegiornale in pensione e cominciò la ricerca.
Trovò Laura sdraiata per terra in una grotta laterale, accanto a un diorama di gnomi minatori usciti direttamente dalla fiaba di Biancaneve. La terra sotto di lei era inzuppata di sangue. Era sdraiata su un fianco, dove Loki doveva averla lasciata dopo essere riuscito a sfilare la lancia dai loro corpi.
Laura si comprimeva il petto con una mano. Aveva un’aria terribilmente vulnerabile e sembrava morta, ma Shadow era quasi abituato a vederla così.
Le si accovacciò accanto, le toccò una guancia con la mano e la chiamò per nome. Lei aprì gli occhi, alzò la testa e si girò a guardarlo.
«Ciao, cucciolo» disse con un filo di voce.
«Ciao, Laura. Cos’è successo?»
«Niente. Alcune cose. Hanno vinto?»
«Ho fermato la battaglia prima dell’inizio.»
«Il mio cucciolo intelligente. Quell’uomo, il signor World, ha detto che ti voleva conficcare un bastone nell’occhio. Non mi è piaciuto per niente.»
«È morto. L’hai ucciso tu, dolcezza.»
Lei annuì e poi disse: «Molto bene».
Chiuse gli occhi. Shadow le prese la mano gelida e la tenne nella sua. Dopo qualche tempo lei riaprì gli occhi.
«Hai mai scoperto come fare per riportarmi indietro dal regno dei morti?»
«Credo di sì» rispose lui. «Perlomeno un modo lo conosco.»
«Molto bene» disse lei. Gli strinse la mano. «E il contrario? Sai come fare per ottenere il contrario?»
«Il contrario?»
«Sì» sussurrò lei. «Mi pare di essermelo guadagnato.»
«Non voglio.»
Lei non disse niente, si limitò ad aspettare.
Shadow disse: «Va bene». Liberò la mano da quella di lei e l’avvicinò al suo collo.
«Bravo marito» disse Laura con orgoglio.
«Ti amo, piccola.»
«Ti amo, cucciolo» sussurrò in risposta.
Shadow strinse la mano intorno alla moneta d’oro appesa alla catenina e tirò. Cedette subito. Poi prese la moneta d’oro tra indice e pollice, vi soffiò sopra e aprì la mano.
Era scomparsa.
Laura aveva ancora gli occhi aperti ma non vedeva più.
Lui si chinò, la baciò delicatamente sulla guancia fredda, lei non rispose. Non se l’era aspettato, del resto. Si alzò e uscì dalla grotta per guardare nella notte.
La tempesta era passata. L’aria era fresca e pulita.
Domani, non ne dubitava, sarebbe stata una bellissima giornata.
Parte quarta
Epilogo: Quello che i morti ci tengono nascosto
19
Il modo migliore per descrivere una storia è raccontarla. È chiaro? La si descrive, a se stessi o al mondo, raccontandola. Raccontare è un atto compensatorio, un sogno. Quanto più dettagliata è la mappa, tanto più somiglia al territorio. La mappa più accurata possibile diventa il territorio, quindi perfettamente dettagliata e perfettamente superflua.
Il racconto è la mappa che è il territorio.
Non bisogna dimenticarlo.
Percorrevano la I-75 diretti in Florida a bordo del pulmino Volkswagen. Guidavano dall’alba, o meglio Shadow guidava mentre il signor Nancy, seduto accanto, di tanto in tanto, con un’espressione sofferente, si offriva di dargli il cambio. Shadow rispondeva sempre di no.
«Sei contento?» gli chiese all’improvviso. Erano ore che lo fissava. Ogni volta che Shadow gli gettava un’occhiata vedeva che lo stava osservando con i suoi occhi marroni come la terra.
«Non esattamente» rispose. «Però non sono ancora morto.»
«Come?»
«"Nessun uomo può dirsi felice fino a quando non è morto." Erodoto.»
Il signor Nancy sollevò un candido sopracciglio e disse: «Io non sono ancora morto e soprattutto per questo motivo sono contento come una pasqua».
«La frase di Erodoto non vuole dire che i morti sono felici» spiegò Shadow. «Significa che non puoi giudicare la vita di qualcuno fino a quando non è finita.»
«Io non la giudico neanche allora» disse il signor Nancy. «In quanto alla felicità, ce ne sono tipi diversi, molti tipi, come ci sono moltissimi tipi di morte. Per quanto mi riguarda, io prendo quello che posso quando posso.»
Shadow cambiò argomento. «Quegli elicotteri, quelli che hanno portato via i cadaveri e i feriti…»
«Sì?»
«Chi li ha mandati? Da dove vengono?»
«Non preoccuparti di loro. Sono come valchirie, come avvoltoi. Arrivano perché devono arrivare.»
«Se lo dice lei.»
«Qualcuno si prenderà cura dei morti e dei feriti. Secondo me il vecchio Jacquel avrà il suo da fare per un mese o più. Dimmi una cosa, ragazzo ombra.»
«Sentiamo.»
«Hai imparato qualcosa da tutta questa vicenda?»
Shadow scrollò le spalle. «Non so. La maggior parte delle cose che ho imparato sull’albero le ho già dimenticate. Ho incontrato alcune persone. Non sono più sicuro di niente, è come uno di quei sogni che ti trasformano. Una parte del sogno rimane per sempre con te, e dentro di te, in profondità, sai qualcosa, perché ti è successa, ma quando vai a cercare i dettagli ti sfuggono.»
«Già» disse il signor Nancy. E a denti stretti aggiunse: «Non sei così stupido».
«Forse no. Mi sarebbe piaciuto conservare più cose di quelle che mi sono passate tra le mani da quando sono uscito di prigione. Mi sono state date tante cose e le ho perse.»
«Forse hai conservato più di quel che credi.»
«No.»
Attraversarono il confine della Florida e Shadow vide la prima palma della sua vita. Si domandò se l’avessero piantata lì di proposito, proprio al confine, per farti sapere che adesso eri entrato nello stato.
Quando il signor Nancy cominciò a russare Shadow gli diede un’occhiata. Aveva ancora la pelle grigia e respirava a fatica. Si domandò, e non per la prima volta, se durante la battaglia avesse riportato qualche danno al petto o ai polmoni. Nancy aveva rifiutato qualsiasi cura medica.