Si sospettò subito qualcuno dei suoi abitanti, perché era ovvio che la porta era stata aperta dall’interno (e la moglie del signore ricordava bene di aver tirato personalmente i chiavistelli), e doveva trattarsi di qualcuno che sapeva dove si trovava l’argenteria, e in quale cassetto venivano tenuti i soldi e i pagherò cambiari. Tuttavia Essie non venne accusata, visto che negava tutto con decisione, fino a quando mastro Josiah Horner non fu colto sul fatto in una bottega di coloniali a Exeter mentre cercava di smerciare uno dei pagherò rubati. Il signore identificò il suo pagherò e Horner fu processato con Essie.
Condannato dalla locale corte d’Assise, Horner fu spento, come diceva il gergo dell’epoca con crudeltà e indifferenza, ma il giudice ebbe pietà di Essie per via della sua giovane età o dei suoi capelli castani e le comminò una condanna a sette anni di deportazione. Avrebbe viaggiato sulla Neptune, sotto il comando del capitano Clarke. Così Essie andò in Carolina e lungo il viaggio si fece amico il capitano, e lo convinse a riportarla in Inghilterra con sé, come sua sposa, e a condurla a Londra, a casa della madre di lui, dove nessuno la conosceva. All’arrivo in America il carico umano venne sostituito da un carico di cotone e tabacco e il viaggio di ritorno fu pacifico per tutti e felice per il capitano e la sua giovane sposa che si comportavano come due innamorati o due farfalle che si corteggiano, sempre a toccarsi e a scambiarsi piccoli doni o gesti di tenerezza.
Giunti a Londra il capitano Clarke sistemò Essie dalla madre che la trattò con tutti i riguardi dovuti alla nuova moglie del figlio. Otto settimane più tardi il Neptune prese di nuovo il mare e la graziosa mogliettina con i capelli castani andò a salutare il marito dal molo. Poi tornò a casa della suocera e, approfittando della sua assenza, si appropriò di una pezza di seta, di alcune monete d’oro e di un vaso d’argento in cui l’anziana signora teneva i bottoni, prima di sparire nel calderone londinese.
Durante i due anni successivi, con un’ampia gonna capace di celare una moltitudine di misfatti, soprattutto pezze di seta e rotoli di pizzo, Essie divenne una provetta taccheggiatrice e se la spassò. Era grata d’essere sfuggita alle sue vicissitudini a tutte le creature di cui le avevano parlato nell’infanzia, ai pixy (la cui influenza, ne era certa, si estendeva fino alla città di Londra), e ogni notte metteva sul davanzale una ciotola di legno piena di latte, anche se i suoi amici la deridevano per questo, ma ride bene chi ride ultimo, e mentre loro prendevano la sifilide o lo scolo, lei rimaneva sana come un pesce.
Mancavano dodici mesi al suo ventesimo compleanno, quando il destino le giocò un brutto scherzo: mentre si trovava nel Crossed Forks Inn di Bell Yard, vicino a Fleet Street, vide un giovanotto appena uscito dall’università entrare e andare a sedersi vicino al camino. Oh! Un pollo da spennare, pensa lei, e va a sederglisi accanto, e gli dice che è un giovane elegante, e mentre con una mano comincia ad accarezzargli un ginocchio, con l’altra va cautamente in cerca dell’orologio da taschino. E a quel punto lui la guarda bene in faccia e il cuore di Essie perde un colpo quando due occhi di un azzurro pericoloso come il cielo estivo prima del temporale la fissano, e padron Bartholomew la chiama per nome.
Venne portata a Newgate con l’accusa di essere tornata prima di avere scontato tutta la condanna. Giudicata colpevole, non stupì nessuno quando davanti alla corte dichiarò di essere incinta, e le guardiane della prigione incaricate di verificare tali affermazioni (di solito infondate), furono sorprese di dover riconoscere che Essie aspettava davvero un figlio, benché lei rifiutasse di dire il nome del padre.
La pena di morte fu commutata ancora una volta in deportazione, in questo caso a vita.
Viaggiò sulla Sea-Maiden. C’erano duecento deportati a bordo, stivati come maiali da portare al mercato. Febbri e diarree infuriavano; non c’era nemmeno spazio sufficiente per stare seduti, figuriamoci per sdraiarsi; una donna morì di parto in fondo alla stiva e siccome i suoi compagni erano troppo ammassati per riuscire a far passare il suo corpo, venne buttata insieme al neonato fuori dal piccolo oblò a poppa direttamente nel mare mosso e grigio. Essie era gravida di otto mesi, e stupisce che sia riuscita a tenere il bambino, tuttavia ci riuscì.
Per tutta la vita avrebbe sognato quel viaggio nella stiva, incubi dai quali si svegliava gridando, sentendo in bocca e nel naso l’odore di quell’inferno.
La Sea-Maiden attraccò a Norfolk, in Virginia, e il contratto di Essie venne acquistato da un "piccolo piantatore" di tabacco di nome John Richardson, la cui moglie era morta di febbre puerperale dopo aver dato alla luce una bambina, e perciò lui aveva bisogno di una balia nonché di una tuttofare per la piccola proprietà.
Così il bambino di Essie, che lei chiamò Anthony in onore del defunto marito (nessuno in quel paese avrebbe potuto smentirla, e forse aveva conosciuto un Anthony, da qualche parte), succhiò il latte dal suo seno insieme alla figlia del padrone Phyllida Richardson, ma la prima poppata toccava sempre a lei, che diventò una bambina robusta, alta e forte, mentre con ciò che avanzava Anthony cresceva debole e rachitico.
E insieme al latte, i bambini si nutrirono anche delle storie di Essie, dei racconti di knocker e blue-cap che vivevano giù nelle miniere, del Bucca, lo spirito più burlone della terra, molto più pericoloso dei pixy con i capelli rossi e i nasi camusi, per i quali si lasciava sui ciottoli della spiaggia il primo pesce pescato, e per cui si lasciava nel campo, al tempo della mietitura, una forma di pane appena cotto, al fine di assicurarsi un buon raccolto. Essie raccontò ai bambini degli uomini dei meli, vecchi alberi di melo che parlavano, se ne avevano voglia, e che dovevano essere placati con il primo sidro spremuto, versato sulle loro radici all’inizio dell’anno nuovo, se si voleva che dessero un buon raccolto. Raccontò loro, con il suo mellifluo accento della Cornovaglia, di quali alberi diffidare, con la vecchia filastrocca:
L’olmo medita tristemente
la quercia sa odiare,
ma il salice si mette a camminare
se troppo tardi vai a dormire.
Raccontava ai bambini tutte queste cose e loro ci credevano, perché ci credeva lei.
La fattoria prosperava, e Essie Tregowan metteva un piattino di latte davanti alla porta sul retro, ogni notte, per i pixy. E dopo otto mesi John Richardson venne a bussare gentilmente alla porta della sua camera e le chiese il genere di favori che una donna concede a un uomo, e Essie gli rispose di essere scioccata e ferita: Ma come, disse, una povera vedova legata a lui da un contratto di servaggio, praticamente una schiava, doveva anche prostituirsi con un uomo per il quale nutriva un così grande rispetto — e nelle sue condizioni non si poteva sposare, quindi come osava tormentare una povera ragazza deportata lei non riusciva proprio a capirlo — e gli occhi color delle noci si riempirono di lacrime al punto che Richardson si ritrovò a farle le sue scuse, e il risultato fu che in quella calda notte d’estate si inginocchiò davanti a Essie Tregowan per proporle di recidere il suo contratto e di sposarla. Lei accettò, ma non volle dormire con lui prima che l’aspetto legale fosse stato definito, e dopo si trasferì dalla stanzetta del solaio alla camera da letto padronale sul lato anteriore della casa, e se vedendolo in città qualche amico con moglie sparlò del coltivatore, molti di più si dissero dell’opinione che la nuova signora Richardson era una donna straordinariamente bella e che Johnnie aveva fatto un buon affare.
Prima della fine dell’anno, Essie diede alla luce un altro maschio, biondo come il padre e la sorellastra, e come il padre venne chiamato John.