Io mi dico tutto questo, eppure so che la badessa non era una santa: perché i santi sono forse pochi e deboli, come disse lei? No, sicuramente! E poi c’è una cosa che non ho ancora raccontato, un piccolo particolare che forse vi farà ridere e forse non significa nulla, ma comunque ecco qui:
I santi sono calvi?
Quegli esseri biancovestiti avevano le facce giovani, ma erano calvi come uova: non avevano un solo capello sulla testa! Bene, Dio può radere i suoi santi se così Gli piace, immagino.
Ma io so che non era una santa. E poi credo che uccise Thorfinn e che la luce non fosse Dio, e che lei non fosse cristiana e forse neppure umana; e ricordo che per lei Radegunde era soltanto una veste che poteva togliersi a volontà, e che odiava e disprezzava Thorvald, fino a quando fu felice e al sicuro tra la sua gente. O forse era come quel discorso sulla vita in una casa con le stanze chiuse; quando smise d’essere Radegunde, prima tornò una parte di lei, e poi l’altra, la parte gioiosa che non sapeva mentire e tramare, e poi la parte incollerita; e le due parti si riunirono quando fu di nuovo tra i suoi. E poi rinuncio a cercare di ponderare e torno a riscaldarmi l’anima al fuocherello che accese dentro di me, quel luogo caldo e luminoso nel buio pieno di vento.
Ma c’è qualcosa che mi turba anche là, e che non si acquieta con il ricordo del tocco della badessa sui miei capelli. E mi turba sempre di più, via via che invecchio. Fu l’ultima cosa che mi disse, e che non vi ho ancora raccontato, ma lo riferirò adesso. Quando mi ebbe fatto il dono della contentezza, mi sentii così felice che dissi: — Badessa, hai annunciato che volevi vendicarti di Thorvald, ma non hai fatto altro che trasformarlo in un uomo buono. Questa non è una vendetta!
Mi sbalordii della reazione alle mie parole, perché all’improvviso tutto il colore defluì dal suo volto e lo lasciò cinereo. Mi sembrò invecchiata di colpo, come un teschio, sebbene stesse lì tra i suoi nell’amore e nella gioia che si irradiavano da loro con tanta forza che persino io potevo sentirli. Mi rispose: — Non l’ho cambiato. Gli ho prestato i miei occhi, ecco tutto. — Poi guardò alle mie spalle, in direzione del nostro villaggio, dove i norvegesi caricavano sulle barche gli schiavi piangenti, e di tutti i villaggi della Germania e dell’Inghilterra e della Francia dove i poveri sudano dall’alba all’imbrunire perché i grandi signori possano combattersi tra loro, e i castelli assediati dove gli affamati mangiano topi e ratti e a volte si mangiano tra loro, e le donne rapite o violentate e picchiate, le madri che gemono per i loro piccini, e oltre tutto questo il grande, immenso mondo con le sue battaglie che credevo così grandi, e l’infelicità e l’avidità e la paura e l’invidia e l’odio di tutti, eccettuati forse pochi selvaggi, così lontani da noi che è difficile vederli. La badessa mi chiese: — Non è una vendetta? La pensi così, figliolo? — E poi disse, con il tono di chi crede assolutamente, e ha veduto tutta la gente vivere e morire, non per un anno ma per molti anni, non in un luogo ma in tutti i luoghi, e conosce tutto il mondo:
— Pensaci meglio…