— Al — disse alla fine — perché mi racconti questo?
Werry sembrava leggermente imbarazzato. — Pensavo che tu volessi saperlo, dopo quello che hai visto a casa mia, ma probabilmente mi sono sbagliato.
— No, naturale che i problemi di un amico m’interessino. È solo che non ho idea di cosa dirti per esserti d’aiuto.
Werry gli regalò un sorriso debolissimo. — E chi ha detto che voglio aiuto, Rob? Dovrei preoccuparmi di capire perché le cose non vanno, prima di cercare di aggiustarle. — Finì il suo mezzo litro di birra e fece cenno a un cameriere, all’angolo opposto della sala, di portarne un altro.
Hasson lo fissò per un attimo, poi si rifugiò in un classico nonsequitur all’inglese. — Credi che il tempo cambierà?
Appena tornarono a casa, Hasson salì in camera e chiuse la porta a chiave. Il letto era stato rifatto, e qualcuno aveva spalancato le tendine per lasciar entrare la luce del giorno riflessa dalla neve. Depositò i suoi nuovi acquisti su un cassettone, scelse una cassetta e l’infilò in una fessura del televisore. Una musica dolcemente familiare si diffuse nell’aria, e sul palcoscenico dello schermo le minuscole figure presero a recitare un telefilm di una serie che aveva visto in Inghilterra solo dodici mesi prima. Richiuse le tendine, si tolse i vestiti e s’infilò a letto, attendendo stoicamente che gli spasmi della schiena si quietassero. Il mondo artificiale del televisore occupava tutta la sua visuale. Era come aver viaggiato all’indietro nel tempo e nello spazio fino alla sua vita precedente, e questo lo faceva sentire al sicuro.
Aveva trascorso un giorno e mezzo di riposo e recupero fisico, e il pensiero di altri tre mesi di un’esistenza simile era insopportabile. Molto meglio rimanere accucciati nel grembo delle coperte, e affogare il cervello nel sogno di sogni altrui.
6
Contrariamente alle paure e alle attese di Hasson, la sua nuova vita a Tripletree diventò all’improvviso facile da sopportare.
Una delle cose che gli vennero in soccorso fu una sorta di effetto di sfasamento cronologico, già sperimentato in precedenti visite a paesi stranieri. Si era fatto la teoria che il tempo soggettivo venisse misurato non dall’orologio, ma dal numero di nuove impressioni sensoriali che la mente registra. Il primo e il secondo giorno di una vacanza, specialmente se l’ambiente era diverso da quello della sua esperienza quotidiana, Hasson sperimentava di continuo nuove sensazioni, e quei giorni sembravano quasi interminabili. La vacanza pareva eterna. Però, d’improvviso, l’ambiente nuovo diventava familiare, diminuivano il numero e la frequenza degli incontri a sorpresa con una realtà sconcertante, il cervello tornava alla solita pigrizia, e non appena raggiungeva quello stato di coscienza, i giorni della vacanza scivolavano via come diapositive su un proiettore ad alta velocità.
Quella teoria lo aveva sempre depresso un po’, perché spiegava e confermava l’esistenza di un fenomeno che gli aveva descritto suo padre: l’accelerazione del tempo soggettivo nel corso della vita adulta. Hasson si era sempre giurato di non cadere mai in una routine grigia, stupida, di non permettere che i mesi e le stagioni e gli anni gli scivolassero fra le dita, ma poi scoprì che quel processo funzionava anche a suo vantaggio. Il tempo prese ad accelerare, e le sfide portate da ogni nuovo giorno diminuirono.
Tenne fede alla promessa fatta a Oliver Fan e cominciò a ingurgitare grandi cucchiaiate di lievito di birra in polvere. Dapprima gli parve quasi impossibile inghiottire quella sostanza amara, che legava la lingua, e fu costretto a mandarla giù con bicchieri di succo di frutta. Una conseguenza immediata fu che il suo corpo si riempì di gas intestinali, per cui gli era difficile persino piegarsi, ma Oliver lo aveva avvertito che quel sintomo era la prova di quanto gli fosse necessario il ricco contenuto di vitamine B del lievito. Prestando fede ai consigli di Oliver, perseverò. Cercò di farsi tornare alla mente quello che ricordava, da letture disordinate, sulle doti del lievito: produceva vitamine anti-stress, biotina, colina, acido folico, inositolo, niacina, acido nucleico, acido pantotenico, ferro, fosforo e varie vitamine, oltre all’intero complesso delle vitamine B. Quei termini biochimici non avevano molto significato per Hasson, ma due giorni dopo avere iniziato la cura si svegliò e scoprì che le ulcere alla bocca, che lo tormentavano da mesi, erano svanite senza lasciare tracce. Solo quel sollievo, decise, valeva tutti i soldi che Oliver poteva chiedergli.
Cominciò anche a masticare piccoli frammenti della radice di ginseng due volte al giorno. Era d’un colore rosso-marrone scuro, con una consistenza come di plastica, e sapeva vagamente di erba. Non riusciva a capire che bene potesse fargli, ma dopo il successo con le ulcere alla bocca era più che disposto a seguire a puntino le istruzioni di Oliver. La, digestione migliorò, la pressione dei gas scomparve dall’addome, l’appetito tornò, e in breve riscoprì uno dei piaceri più semplici: il piacere di aspettare con gioia l’ora dei pasti.
Il cibo che gli preparavano in casa di Werry non era sempre di suo gusto, ma a metà della seconda settimana di permanenza lì, Ginny Carpenter, che nei suoi confronti continuava a comportarsi con un’ostilità indifferente, partì per Vancouver, chiamata da un imprecisato affare di famiglia. Dopo di che, May Carpenter assunse il comando dei fornelli, e per quanto come cuoca avesse dei limiti, l’assenza di sua madre, dal punto di vista di Hasson, li compensava abbondantemente. Saltò fuori che May aveva un lavoro part-time negli uffici di una ditta di Tripletree per il noleggio di macchine utensili. Ci andava quattro volte la settimana, il che significava che quando Theo era a scuola Hasson aveva la casa a propria disposizione, cosa che gli andava perfettamente a genio.
Continuò a passare tutto il tempo possibile in camera sua, a guardare la televisione, ma anche se si era ripromesso di chiudere le finestre sul mondo si scoprì sempre più spesso a riflettere sui problemi concreti dei suoi ospiti.
Al Werry, dopo quella strana confessione di sabato mattina al bar, tornò a essere l’individuo di sempre: faceva il suo lavoro con quell’aria di assoluta competenza, sembrava tranquillo e allegro e sicuro, era il ritratto di un poliziotto con una bella carriera davanti. Guidava l’attività delle minuscole forze a sua disposizione con giovialità spensierata, come se quello che gli aveva detto Buck Morlacher non contasse nulla.
Hasson fu sorpreso di notare che Morlacher (dopo essersi intromesso per tre volte, in rapida successione, nella sua vita, ogni volta con la forza di un vulcano sul punto di esplodere) si era quietato ed era praticamente uscito di scena. Si chiese se il diverso atteggiamento di Morlacher fosse semplicemente dovuto al fatto che era preso da altri affari, e che andava a maltrattare Werry solo quando capitava, o se per caso c’entrasse May Carpenter. Non poteva esserne certo, ma aveva la sensazione che la relazione fra i due fosse cresciuta dopo l’incontro che lui aveva spiato dal bagno. Si trovò preso dal problema di scoprire che razza di persona vivesse dietro la facciata di May, una facciata di sessualità primitiva, senza complicazioni.
Secondo Werry, non c’era dietro niente. Hasson aveva pensato che quel giudizio fosse ingiusto e ottuso, ma col passare dei giorni cominciò ad accettare il fatto che era impossibile sostenere con May una conversazione qualsiasi. Cominciò a diventargli chiaro che lei era un piacevolissimo androide femminile con due sole possibilità di comportamento: indicare un interesse romantico per gli uomini che incontrava, e indulgere alle loro attenzioni. Hasson, forse perché non aveva fornito le risposte esatte, aveva confuso i processi d’identificazione di May e si era trovato relegato in una categoria umana che i meccanismi della donna non sapevano affrontare. Di tanto in tanto provava un senso di colpa per il fatto di pensare a un altro essere umano in quei termini, e decideva che la mancanza di comunicazione era dovuta alla propria incapacità, non a quello che attribuiva a May; ma l’intuizione, ammesso che si trattasse di un’intuizione, non ebbe effetti concreti sui loro rapporti, ovvero sulla mancanza di rapporti. Era chiaro che lei era disposta a trattarlo solo alle proprie condizioni, e le sue condizioni Hasson non poteva accettarle, un po’ per rispetto ad Al Werry, un po’ perché l’orgoglio che gli restava non gli avrebbe permesso di mettersi sullo stesso piano di Buck Morlacher.