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— Non credo che tu sappia cosa significhi non avere fegato. Ricordami di spiegartelo, una volta o l’altra.

— Lasciamo stare — fece Werry bruscamente, gettando un’occhiata alla radio da polso. Dovevo dire a Henry di tenersi in contatto. Mi piacerebbe sapere se hai ragione per la faccenda dell’omicidio.

— Era una lurida bugia — intervenne improvvisamente Pridgeon, rizzandosi su un gomito. La sua voce era incerta, sibilata da labbra pestate a sangue, e il suo viso aveva quell’aspetto distrutto, disumano, che Hasson aveva notato spesso sui lineamenti di chi resta vittima di un incidente. Fissava Hasson coi suoi occhi gonfi, pieni di un insieme di odio, stupore e rimprovero. Hasson ricambiò lo sguardo, ricacciando il senso di colpa per aver obbedito a un impulso oscuro, primordiale. Werry afferrò Pridgeon per i risvolti della giacca e lo scaraventò sulla sedia che aveva appena abbandonato.

— Ha raccontato una sporca bugia — mormorò Pridgeon. — Avete del fegato a venire qui e cercare di far credere che…

— Ha raccontato la verità — lo interruppe Werry. — Qualcuno ha messo delle schifose bombe al Chinook, e c’è un ragazzo conciato per le feste e forse altri già morti, ed esiste un solo uomo che poteva avere qualche motivo di fare una cosa del genere. Dov’è Buck? È in casa?

— Buck è di sopra. — Pridgeon afferrò il polso di Werry, e nella sua voce spuntò un tono querulo. — Al, non mi imbrogli, eh?

— Non t’imbroglio — rispose Werry, impassibile. — È una faccenda seria.

— Sei sicuro che non fosse una pallottola abbandonata o qualcosa per spaventare gli uccelli o roba del genere?

— Era una bomba ad alto potenziale. Ne sai qualcosa, Starr? Perché se ne sai qualcosa…

— Ho preparato le spolette — rispose Pridgeon, asciugandosi il sangue sulla fronte. Ma Buck mi ha detto che erano solo…

— Buck ti ha detto di tenere la bocca chiusa. — Morlacher, fuori luogo in una vestaglia da camera di seta, apparve in cima a una scalinata in fondo all’ingresso e scese verso di loro. — Non hai abbastanza cervello da capire quando ti stanno fregando?

Werry si girò verso di lui. — Noi non freghiamo nessuno, Buck. L’hai messa tu la bomba?

— Naturalmente no. — Morlacher si fermò a scrutare il viso di Pridgeon, poi rivolse un sorriso incredulo a Werry. — Sei stato tu? Be’, allora hai perso un lavoro.

— Non è stato Al. — Pridgeon indicò Hasson. — Mi ha colpito quando non ero pronto.

Hasson annuì. — Non è stato pronto per quattro volte di seguito.

— Cosa sta succedendo qui? — chiese Morlacher, irritato, girando gli occhi fra Werry e Hasson. A cosa credete di giocare, voi due?

— Ti ho fatto una domanda, Buck. — La voce di Werry era ferma. — L’hai messa tu la bomba?

— Ti ho già risposto. Non so niente di nessuna bomba.

— Sul serio? — Negli occhi di Werry si accese una luce. — Be’, allora t’informo io. Ha dato fuoco al tuo stupido hotel.

Morlacher contorse la bocca. — Sei un bugiardo.

— Se hai un cannocchiale — rispose disinvoltamente Werry — puoi guardare dalla finestra e vedere il tuo hotel a spillo che si trasforma in un incendio a spillo.

— Devo andarci — disse Morlacher. La sua faccia era impallidita all’improvviso, e sulle guance spiccavano triangoli rossi. Si voltò, corse alla cassapanca di legno che serviva da attaccapanni e prese un corpetto AG.

Werry arrivò alla porta d’ingresso e vi si appoggiò di schiena, impassibile e sicuro sotto l’uniforme immacolata e i distintivi del suo rango di poliziotto, trasformato nell’uomo che un tempo Hasson aveva immaginato che fosse.

— Deciderò io dove devi andare — disse. — Dopo che avrai risposto alle mie domande.

— Tu, Al? — Morlacher continuò ad allacciare il corpetto. — Tu sei solo un buffone, e adesso non ho voglia di ridere. — Strinse la cintura del corpetto, fece un passo verso la porta, si fermò quando vide che Werry aveva estratto la pistola.

— Questa bomba, allora? — disse Werry.

— Adesso stai diventando un pessimo buffone. Non imbrogli nessuno con quell’aggeggio. — Morlacher ricominciò ad avanzare.

Werry schiacciò il grilletto. Non si udì nessun suono, perché l’arma espelleva i proiettili grazie all’energia elettromagnetica, ma un tassello volò via dal parquet, vicino al piede di Morlacher, e andò a finire dall’altra parte della stanza.

— La prossima volta miro al naso — promise Werry. — Allora, questa bomba…?

Morlacher respirò profondamente, dilatò tutto il corpo come risucchiando forza da una mitica fonte d’energia; poi, dentro di lui, si spezzò qualcosa. Il suo potere fu neutralizzato, la sua carica vitale scomparve. Morlacher rabbrividì e si fece più piccolo.

— Per amor di Dio, Al — piagnucolò — cosa vuoi combinarmi? Lasciami uscire. Devo andare all’hotel. — La bomba…

— Non doveva essere una bomba — rispose in fretta Morlacher, facendo cenni vaghi con le mani. — Non crederai che volessi procurare danni all’hotel, no?

— E allora a cosa doveva servire?

— Volevo solo fargliela vedere a quei maiali. Spaventarli, non farli più tornare. Adesso lasciami uscire, Al. Werry gli rispose di no con un movimento della pistola. — Che esplosivo hai usato?

— Era solo un vecchio pezzo di esplosivo al plastico che ho avuto da George York alla cava di Bettsville. — Esplosivo al plastico! Hai usato dell’esplosivo al plastico per spaventare dei ragazzi?

— Sì, ma l’ho tagliato a quadrettini piccoli.

— Piccoli quanto?

— Piccoli. Piccoli! Che altro vuoi che ti dica?

— Quanto pesavano? — urlò Pridgeon, balzando su dalla sedia. — Non mi hai parlato di queste bombe. Quanto pesavano?

— E come faccio a saperlo? — disse Werry, impaziente. — Quindici grammi. Venti grammi. Qualcosa del genere.

— Oh, Cristo — esclamò Pridgeon, girandosi verso Werry. — Al, ti giuro che non ne sapevo niente. Se nel Chinook c’è qualcuno, bisogna farlo uscire subito. Mi ha fatto preparare una ventina di spolette.

— Che tipo di spolette? — chiese Werry. — A orologeria?

— Spolette di prossimità, Al. Scoppiano appena uno gli arriva vicino.

Hasson, sorpreso, vide che Werry pensava agli aspetti tecnici di quanto gli avevano appena detto. — Ma come si fa a maneggiarle? Come fai a essere sicuro che non ti scoppino in mano?

— Ho usato anche dei meccanismi a orologeria. I circuiti entrano in funzione solamente di sera. — Pridgeon avanzò verso Werry, portando le mani alla faccia ferita come per tenerla assieme. — Al, non ne avevo idea.

— Indietro — ordinò Werry, gli occhi fissi su Morlacher. — Buck, quante bombe hai messo nell’hotel?

— Tutte. — La voce di Morlacher era spenta.

— E dove?

— Dappertutto. Una per ogni piano, e qualcuna in più nei punti dove ho trovato del cibo. Sai, dove quelli si fermano a mangiare.

— Ti ricordi i posti esatti? — Morlacher scosse la testa. — I piani dell’hotel sono tutti uguali, tutti vuoti. Dovrei andare a vedere di giorno.

— E così ci sei proprio riuscito, eh? — Werry schiacciò i comandi della radio da polso e l’avvicinò alle labbra. — Victor? Volevo parlare con Henry.

— Anch’io ho cercato di mettermi in contatto con lui. — La voce di Victor Quigg risuonava metallica e impaurita. — Il primo piano dell’hotel si è incendiato sul serio, Al. Si vedono le fiamme da terra. Se Henry non esce subito da quella finestra al secondo piano, sarà nei guai. L’incendio lo chiuderà dentro.

— Hai sentito altre esplosioni?

— Esplosioni? No, Al. Perché…?

— Victor, devi metterti in contatto con Henry — lo interruppe Werry. — Vai su con un megafono, ma non entrare. L’hotel è tutto minato. — Spiegò a Quigg la situazione nei particolari, ordinandogli di dire a Henry Corzyn di tornare alla finestra da cui era entrato seguendo esattamente lo stesso percorso.