«Ma., ma credevo che foste morto…» balbettò Jerome.
«Sì, ho commesso un grosso sbaglio eliminando Marmorc in quel modo. In circostanze normali, venti dorriniani non sarebbero stati un problema per me, ma ero troppo debole per combatterli. L’unico modo di cavarmela era di far credere loro che avessi perso la battaglia… ed è stato così facile! La logica avrebbe voluto che mi sparassero alla testa, ma quei pazzi non si erano nemmeno accorti che io li influenzavo quando ho fatto cessare i battiti del mio cuore e mi sono lasciato congelare.» Belzor sorrise. «Il corpo che ho ereditato da te era in condizioni pessime, Rayner. Saresti morto di arteriosclerosi nel giro di pochi mesi, ma adesso è in condizioni perfette e tale resterà per molti anni ancora.»
Jerome, sconvolto e debole, cominciò ad accorgersi che una voce telepatica s’insinuava nel tumulto dei suoi pensieri. Il Principe non ti può far del male, Rayner. Ha commesso un errore venendo qui. Non ha ancora riacquistato tutti i suoi poteri, e noi riusciamo a contrastarlo. Non può puntarti contro il fucile. Porta il Thrabben nella cupola.
«I pazzi hanno ragione solo in parte» disse Belzor. «La mia energia kald si è in gran parte consumata, e per questo riescono a contrastarmi. Adesso combattiamo ad armi pari, decine di Guardiani contro me solo, ma sbagliano nel credere che abbia commesso un errore venendo qua a incontrarti.»
L’odio diede a Jerome la forza di parlare con fermezza. «È stato uno sbaglio, Belzor. Avete cercato di uccidermi.»
Belzor continuava a sorridere imperturbabile. «Ho sparato e ti ho mancato. Quando tu hai sparato mi hai colpito. Siamo pari.»
«Non era una gara. Voi avete ucciso Pitman.»
«Non te la prenderai troppo per questo, eh? Un ladro di cadaveri dorriniano! Un invasore alieno che stava per sottoporti a un transfer! Sii logico, Rayner!»
«Sto cercando di esserlo» rispose Jerome incoraggiato dalla convinzione che Belzor non stava per ucciderlo. «E insisto nel dire che avete sbagliato a venire qui.»
«Ma pensa un po’ all’alternativa che avevo. Avrei potuto nascondermi da qualche parte e lasciare che tu portassi il Thrabben per reincarnare quattromila potenti dorriniani che avrebbero degli ottimi motivi per volermi morto? Questo sarebbe stato il vero errore.»
Il Principe non può impedirti di consegnare il Thrabben disse la voce telepatica. Portalo subito nella cupola!
Jerome mosse un passo verso il gradino successivo. «Avete cercato di uccidermi, Belzor!»
«Quel giorno al lago ti ho sottovalutato, Rayner. Il fatto che tu sia ritornato su questo pianeta dimostra quanto. Ma ormai è acqua passata. Adesso so che sei abbastanza intelligente da fare quello che è meglio per te e la tua gente. Questo è il motivo per cui sono qui ora: gioco la mia vita contro la tua intelligenza.»
«Ma…» Jerome irrigidì le gambe per meglio reggere il peso del corpo. «Non capisco.»
«Voglio che tu mi dia il Thrabben. Tu devi consegnarmi spontaneamente il Thrabben e permettermi di dissipare le energie kald che contiene… gettando così per sempre nell’oblio i Quattromila.»
Porta il Thrabben nella cupola. SUBITO!
Jerome sollevò con uno sforzo le braccia e premette le mani sulle tempie. «Perché?» chiese a Belzor. «Perché lo dovrei fare?»
«Perché, Rayner, io adesso ti racconterò la verità sui Quattromila… quella verità che i tuoi etici amici ti hanno nascosto con tanta cura… e quando saprai…»
Una fitta dolorosa e un urlo si propagarono nella mente di Jerome, echi telepatici di una battaglia telepatica che si spandevano e riverberavano lungo i circuiti nervosi.
Vide Belzor impallidire e barcollare.
«E quando saprai» ripeté Belzor scandendo ogni parola con lo schiocco di un osso che si frantuma, «deciderai liberamente che i Quattromila non hanno posto nel tuo mondo… né il alcun altro…»
PORTA IMMEDIATAMENTE IL THRABBEN NELLA CUPOLA!
«L’ira e la paura dei Guardiani va aumentando, ma non possono impormi la loro volontà finché sono vivo.» Belzor tacque. Pareva che facesse fatica a reggersi, e quando riprese a parlare la sua voce era più debole. «I Quattromila di cui hai portato il kald sulla Terra, erano i padroni assoluti di Dorrin prima dei Giorni della Cometa. Erano dei supertelepati che si erano uniti formando una mente composita dotata di un potere senza limiti. Hai visto di che cosa è capace un supertelepate. Cerca di immaginare il suo potere moltiplicato per quattromila. Se la mente composita dorriniana tornerà a vivere avrà il completo controllo di tutti gli esseri di questo pianeta. Deciderà tutto. Controllerà tutto. Tu sei un essere umano, e come tale ritieni un dono prezioso il tuo libero arbitrio, Rayner Jerome… e io ti dico che adesso potresti approfittare dell’ultima occasione per servirtene. Non prendere la decisione sbagliata!»
Jerome si accorse che stava vacillando, il corpo si era fatto di piombo e non riusciva a tenerlo eretto, ansimava e l’aria gelida gli lacerava i polmoni, ma in quel momento il dolore era una cosa remota, non aveva importanza. Il disco di rame del Sole, smorzato dal grigiore sull’orizzonte, illuminava il campo di battaglia di una luce debole e fosca.
I Dorriniani che gli stavano alle spalle erano immobili e silenziosi, e anche Belzor taceva — attento, in attesa — ma tutto intorno divampava un conflitto psichico, di cui Jerome percepiva l’eco degli scontri. Intrappolato in mezzo ai contendenti, doveva prendere una decisione impossibile senza neppure essere certo che le fantastiche asserzioni di Belzor fossero vere.
«Ho detto la verità» dichiarò Belzor. «Guardami.»
Jerome guardò la faccia che era stata sua, vide gli occhi lampeggiare, sentì che cominciava quel particolare dolore…
E si ritrovò sulla Terra, ventimila anni prima quando i colonizzatori dello spazio installavano gli accampamenti e diffondevano la loro civiltà, senza che le tribù indigene li contrastassero. I colonizzatori non si stupivano nel trovare degli esseri umani — parecchi mondi abitabili in quella parte dello spazio erano stati inseminati nel corso di remote e dimenticate migrazioni — ed erano così progrediti tecnicamente da avere una completa fiducia nella loro capacità di superare gli ostacoli.
Ma la prima, e più grande minaccia veniva dall’interno.
Si verificò una mutazione grazie alla quale nacquero individui dotati di poteri psichici, fra cui la telepatia. Il gene dominante della mutazione avrebbe permeato tutto l’insieme dei geni con l’andare del tempo, ma la maggioranza che non era dotata di quelle facoltà cominciò presto ad allarmarsi e prese dei provvedimenti per isolare i mutanti. Decisero di sistemarli sul pianeta più vicino al Sole perché le condizioni naturali avrebbero costretto i mutanti a vivere sottoterra, incapaci di sviluppare le risorse fisiche necessarie per viaggiare nello spazio. Ma non avevano previsto che dai telepati sarebbero nati dei supertelepati, arrivando all’estrema forma dei Quattromila… l’enorme mente aggregata che assunse il controllo di tutte le forme vitali del pianeta…
Il dolore scomparve e Jerome vide che Belzor si era accasciato sulle ginocchia. L’urlo subliminale nella mente di Jerome aumentò di forza e intensità, fino a diventare insopportabile, segno che la battaglia psichica stava per raggiungere il culmine.
«È venuto il momento di decidere, Rayner» disse Paul Nordenskjöld alle spalle di Jerome. «Stiamo prendendo lentamente il sopravvento sul Principe, e fra un’ora saremo in grado di decidere per te. Ma adesso sei ancora libero di scegliere. Deciderai saggiamente? Starai dalla parte del male, cioè di Belzor, gli consentirai di distruggere il Thrabben e accetterai la ricompensa che deciderà di darti?»