Theo sentì il suo cuore che affrettava i battiti. Che splendida notizia! Forse lui non aveva avuto una visione per un motivo qualsiasi, ma quella donna lo aveva visto ventuno anni nel futuro. Naturalmente doveva essere vivo; naturalmente Lloyd si sbagliava quando aveva detto che Theo sarebbe morto prima.
«Sì?» disse Theo, senza fiato.
«Ummm, mi dispiace di averla disturbata» disse la donna. «Posso… posso chiederle che cosa mostrava la sua visione?»
Theo lasciò andare il respiro. «Io non ho avuto nessuna visione» rispose.
«Oh. Oh, mi dispiace di sentirlo. Ma… be’, ecco, credo che non sia stato un errore.»
«Che cosa non è stato un errore?»
«La mia visione. Ero qui, a casa mia, a Johannesburg, e leggevo il giornale dopo aver mangiato… solo che non era stampato su carta, ma su quello che sembrava un foglio sottile di plastica, una specie di schermo di lettura computerizzato, credo. Comunque si dà il caso che l’articolo che stavo leggendo fosse… be’, mi dispiace che non ci sia un altro modo per dirglielo. Era sulla sua morte.»
Una volta Theo aveva letto un racconto di Lord Dunsany in cui si parlava di un uomo che desiderava ardentemente vedere il giornale dell’indomani, e quando alla fine il suo desiderio veniva esaudito lui scopriva, con sua grande sorpresa, che conteneva il suo annuncio funebre. Il colpo subito nel leggere quella notizia era stato sufficiente per ucciderlo, e naturalmente la notizia veniva pubblicata nell’edizione dell’indomani. Ma questo… questo non era il giornale di domani, era un giornale di oltre vent’anni dopo.
«La mia morte» ripeté Theo, come se si fossero dimenticati di insegnargli quelle due parole nelle lezioni d’inglese.
«Sì, proprio così.»
Theo riprese un po’ di coraggio. «Senta, come faccio a sapere che questo non è uno scherzo o una sua invenzione?»
«Mi dispiace: so che non avrei dovuto chiamare. Sarò…»
«No, no, no. Non riattacchi. Anzi, mi faccia annotare il suo nome e il numero di telefono. Sul display del telefono c’è quel dannato messaggio: ‘chiamata da fuori distretto’. Lasci che sia io a richiamarla; questa telefonata le deve costare una fortuna.»
«Mi chiamo, come le ho detto, Kathleen DeVries. Faccio l’infermiera in una casa di riposo.» Gli comunicò il suo numero di telefono. «Ma, sul serio, sono contenta di pagare io questa telefonata. Onestamente, non voglio niente da lei, e non sto cercando di imbrogliarla. Ma, ecco… vede, io ho a che fare tutti i giorni con la morte delle persone. Qui ne muore almeno una a settimana,-ma per lo più sono ottantenni o novantenni, qualche volta centenari. Ma lei… quando morirà, lei avrà appena quarantotto anni, ed è davvero un’età troppo giovane per morire. Ho pensato di chiamarla per farglielo sapere, forse lei riuscirà in qualche modo a prevenire la sua morte.»
Theo rimase silenzioso per diversi secondi. «E così, che… di che cosa morirò, secondo il necrologio?» Per un bizzarro istante Theo si sentì in qualche modo compiaciuto che il suo decesso meritasse una citazione su un giornale internazionale. Fu sul punto di chiedere se per caso le prime quattro parole dell’articolo fossero ‘insignito del premio Nobel’. «So che dovrei abbassare il livello del colesterolo; è stato un attacco cardiaco?»
Seguì un lungo silenzio. «Ecco, dottor Procopides, mi dispiace. Immagino che avrei fatto meglio a essere più chiara. Non stavo leggendo un necrologio. Era un servizio di cronaca.» Theo riuscì a sentirla mentre deglutiva. «Un articolo sul suo assassinio.»
Theo rimase muto. Avrebbe potuto ripetere quel termine, in segno di incredulità, ma sarebbe stato inutile.
Aveva ventisette anni, era in buona salute. Come aveva pensato qualche attimo prima, naturalmente non sarebbe morto di cause naturali in appena ventuno anni. Ma… un assassinio?
«Dottor Procopides? È ancora lì?»
«Sì.» Per il momento.
«Mi… mi dispiace, dottor Procopides. So che per lei deve essere un brutto colpo.»
Theo tacque per qualche secondo ancora, quindi disse: «L’articolo che lei stava leggendo… diceva chi mi ha ucciso?»
«Temo di no. È un delitto insoluto, a quanto pare.»
«Be’, che dice l’articolo?»
«Ho preso appunti su tutto quello che sono riuscita a ricordare; posso farglieli avere per posta elettronica, ma, ecco, lasci che glieli legga adesso. Si ricordi, è una ricostruzione; credo che sia abbastanza accurata, ma non posso garantire per ogni parola.» Fece una pausa, si schiarì la gola, poi proseguì. «Il titolo diceva: Fisico assassinato con un colpo di pistola.»
Assassinato, pensò Theo. Dio!
La DeVries proseguì. «La località indicata è Ginevra. Diceva: Theodosios Procopides, un fisico greco che lavorava al CERN, il Centro europeo per la fisica delle particelle, è stato trovato oggi colpito a morte da un’arma da fuoco. Procopides, laureato a Oxford, era il direttore del Collisore tachioni-tardioni del…»
«Lo ripeta» la interruppe Theo.
«Il Collisore tachioni-tardioni» ripeté la donna. Pronunciava male il termine ‘tachioni’, con la C morbida invece che dura. «Non avevo mai sentito nominare prima queste parole.»
«Non esiste un collisore simile» disse Theo. «Almeno, non ancora. Vada avanti, per favore.»
«…il direttore del Collisore tachioni-tardioni del CERN. Il dottor Procopides lavorava al CERN da ventitré anni. Non è stata fatta nessuna ipotesi sul movente, ma è stato escluso subito quello della rapina, visto che il dottor Procopides aveva ancora in tasca il portafogli. Il fisico è stato ucciso apparentemente fra mezzogiorno e l’una di ieri, ora locale. Le indagini proseguono. Il dottor Procopides lascia…»
«Sì? Sì?»
«Mi dispiace, è tutto qui.»
«Vuole dire che la sua visione è terminata prima che finisse di leggere l’articolo?»
Seguì un breve silenzio. «Be’, non proprio. Il resto dell’articolo era fuori schermo, e invece di toccare il pulsante pagina giù — lo vedevo benissimo a lato del pannello di lettura — sono andata a selezionare un altro articolo.» Fece una pausa. «Mi dispiace, dottor Procopides. Io — cioè, la me stessa del 2009 — ero interessata a ciò che diceva il resto dell’articolo, ma la mia versione del 2030 non lo sembrava altrettanto. Ho cercato di imporle — di imporre a me — di toccare il pulsante pagina giù, ma non è servito a niente.»
«E così lei non sa chi mi ha ucciso, e perché?»
«Mi dispiace veramente.»
«E il giornale che lei stava leggendo… è sicura che fosse quello corrente? Insomma, quello del 23 ottobre 2030?»
«Per dire la verità no. C’era… come si chiama? La barra di stato? C’era una barra di stato in cima al pannello di lettura, in cui erano scritti la data e il nome del giornale in modo piuttosto evidente: The Johannesburg Star, martedì 22 ottobre 2030. Perciò credo che fosse il giornale di ieri, per così dire.» Si interruppe di nuovo. «Mi dispiace di essere io a doverle comunicare una notizia così triste.»
Theo rimase seduto in silenzio per un poco, tentando di assimilare tutto ciò. Era già difficile mandare giù il fatto che sarebbe morto fra poco più di vent’anni, ma l’idea che qualcuno potesse ucciderlo era qualcosa di veramente insopportabile.
«Signora DeVries, la ringrazio» disse. «Se le viene in mente qualche altro particolare — qualsiasi cosa — la prego, la supplico, me lo faccia sapere. E per favore mi mandi per fax la trascrizione di cui parlava.» Le diede il suo numero di fax.
«Lo farò» disse lei. «Io… mi dispiace davvero. Lei ha l’aria di un giovane per bene. Spero che riesca a scoprire chi lo ha fatto — chi lo farà — e che trovi un modo per impedirlo.»