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Béranger aveva tenuto fede alla parola data: aveva lasciato il podio a Lloyd; se doveva esserci un capro espiatorio, sarebbe stato lui. Lloyd salì sul podio e si schiarì la gola. «Benvenuti a tutti» disse. «Mi chiamo Lloyd Simcoe.» Uno degli addetti alle pubbliche relazioni del CERN gli aveva consigliato di sillabare il cognome, e lui lo fece: «Scritto S-l-M-C-O-E, e Lloyd comincia con una doppia L.» A tutti i giornalisti era stato fornito un dischetto DVD con le dichiarazioni di Lloyd e le note biografiche, ma molti di loro dovevano preparare il servizio immediatamente, e non avrebbero avuto il tempo di consultare il materiale informativo ricevuto. «La mia specializzazione è lo studio del plasma dei gluoni del quark. Sono cittadino canadese, ma ho lavorato per molti anni negli Stati Uniti all’acceleratore del Laboratorio nazionale Fermi. Da due anni mi trovo qui al CERN, e sto portando avanti un importante esperimento con il Grande collisore per Adroni.»

Fece una pausa; cercava di guadagnare tempo, per calmare lo stomaco agitato. Non che avesse paura di parlare in pubblico; aveva trascorso fin troppi anni come professore universitario, perché gliene fosse rimasta traccia. Ma non aveva modo di sapere quale sarebbe stata la reazione a ciò che stava per dire.

«Questo è il mio socio, il dottor Theodosios Procopides» riprese Lloyd.

Theo si alzò appena dalla sedia accanto al podio. «Theo» disse quest’ultimo, con un sorriso appena accennato all’uditorio. «Chiamatemi Theo.»

Una grande famiglia felice, pensò Lloyd. Sillabò lentamente nome e cognome di Theo a beneficio dei giornalisti, poi respirò a fondo e ricominciò. «Noi stavamo effettuando un esperimento qui, il 21 aprile, esattamente alle 16.00, ora del meridiano di Greenwich.»

Fece un’altra pausa e fissò le singole facce. Non ci volle molto perché la notizia facesse effetto. I giornalisti cominciarono subito a urlare domande, e gli occhi di Lloyd vennero aggrediti dai riflettori delle telecamere. Lui alzò le mani, con i palmi in avanti, aspettando che i giornalisti si calmassero.

«Sì,» disse «sì, io sospetto che abbiate ragione. Abbiamo motivo di ritenere che il fenomeno della dislocazione temporale abbia a che fare con il lavoro che stavamo effettuando con il Grande collisore per Adroni.»

«Come può essere successo?» chiese Klee, un corrispondente della CNN pagato un tanto a riga.

«Ne è sicuro?» chiese Jonas, corrispondente della BBC.

«Come mai non lo avete reso pubblico prima?» domandò l’inviato della Reuters.

«Risponderò prima all’ultima domanda» disse Lloyd. «Anzi, per essere precisi, lascerò che sia il dottor Procopides a rispondere.»

«Grazie» disse Theo, alzandosi in piedi, adesso, e avvicinandosi al microfono. «La, ehm, la ragione per cui non ne abbiamo dato comunicazione subito è che non avevamo un modello teorico che spiegasse quanto è accaduto.» Fece una pausa. «In tutta franchezza, non lo abbiamo ancora; in fin dei conti sono passati appena quattro giorni dal Cronolampo. Ma il fatto è che noi abbiamo creato la collisione di particelle con la più alta quantità di energia nella storia di questo pianeta, che si è verificata esattamente — al secondo — nel momento in cui è iniziato il fenomeno. Non possiamo ignorare che una relazione casuale potrebbe esistere.»

«Come fa a essere sicuro che i due fatti abbiano una correlazione?» domandò una donna della Tribune de Genève.

Theo alzò le spalle. «Non ci viene in mente nulla, nell’esperimento, che abbia potuto provocare il Cronolampo. Ma d’altra parte non riusciamo a pensare a nient’altro che al nostro esperimento, come causa del fenomeno. Sembra proprio che il nostro lavoro sia il candidato più probabile.»

Lloyd diede un’occhiata al dottor Béranger, il cui volto da falco era impassibile. Quando avevano messo a punto i dettagli della conferenza stampa, all’inizio Theo aveva detto ‘l’imputato più probabile’, e Béranger aveva imprecato per la scelta di quel termine. Ma poi ci si era accorti che non faceva alcuna differenza. «Così voi ammettete le vostre responsabilità?» chiese Klee. «Riconoscete che tutte le morti sono avvenute per colpa vostra?»

Lloyd sentì lo stomaco che gli si torceva, e notò un’espressione corrucciata sul viso di Béranger. Il direttore generale aveva l’aria di uno pronto a balzare in piedi e a prendere in mano la conferenza.

«Noi ammettiamo che il nostro esperimento appare come la causa più probabile» disse Lloyd, spostandosi per mettersi accanto a Theo. «Ma affermiamo anche che non c’era modo — assolutamente nessuno — di prevedere nulla che fosse nemmeno lontanamente simile a quello che è avvenuto, come conseguenza di ciò che abbiamo fatto. Tutto questo era assolutamente imprevisto… e imprevedibile. Era, molto semplicemente, quello che le compagnie di assicurazione definiscono un atto di Dio.»

«Ma tutte quelle morti…» strillò un giornalista.

«E i danni alla proprietà…» gridò un altro.

Lloyd tornò a sollevare le mani. «Sì, lo sappiamo. Credetemi, siamo intimamente vicini a tutti coloro che sono rimasti feriti, o che hanno perso una persona cara. Una bambina alla quale volevo molto bene è morta investita da un’auto senza controllo; darei qualsiasi cosa per riaverla indietro. Ma non avrei potuto prevedere…»

«Ma certo che avrebbe potuto» strepitò Jonas. «Se non avesse fatto l’esperimento, non sarebbe successo niente.»

«Con tutto il rispetto, signore, questo è irrazionale» replicò Lloyd. «Gli scienziati fanno esperimenti in continuazione, e vengono sempre prese tutte le ragionevoli precauzioni. Il CERN, come sapete, ha un ruolino invidiabile, in fatto di sicurezza. Ma la gente non può semplicemente smettere di fare le cose… la scienza non può smettere di andare avanti. Noi non sapevamo che sarebbe successo; non potevamo saperlo. Però stiamo informando l’opinione pubblica, lo stiamo raccontando a tutto il mondo. So che la gente teme che l’evento si riproponga di nuovo, che in qualsiasi momento la loro consapevolezza possa essere trasportata ancora una volta nel futuro. Ma non sarà così; noi ne siamo stati la causa, e possiamo assicurarvi — assicurare tutti — che non c’è il minimo pericolo che un fatto del genere si ripeta nuovamente.»

La stampa si riempì, naturalmente, di proteste sdegnate: editoriali sugli scienziati che giocherellano con cose in cui gli uomini non dovrebbero mettere il naso. Ma, per quanto ci provassero, nemmeno la più squallida rivista scandalistica riuscì a trovare uno scienziato credibile disposto ad affermare che esistesse un qualsiasi motivo per sospettare che l’esperimento del CERN poteva avere provocato lo spostamento della consapevolezza nel tempo. Naturalmente questo generò qualche tiepido commento sull’omertà dei fisici, ma ben presto le opinioni passarono dall’accusa aperta ai membri del CERN, all’accettazione del fatto che si era trattato di qualcosa di assolutamente imprevedibile, di totalmente nuovo.

Per Lloyd e Michiko continuò a essere un momento, difficile. Michiko era volata a Tokyo insieme al corpo di Tamiko. Naturalmente Lloyd si era offerto di accompagnarla, ma non parlava giapponese. Di norma, coloro che parlavano inglese avrebbero educatamente cercato di trovargli una sistemazione, ma in circostanze così drammatiche era abbastanza chiaro che Lloyd sarebbe stato escluso da quasi tutte le conversazioni. E poi c’era anche il disagio della situazione in sé: Lloyd non era il patrigno di Tamiko, perché non era sposato con Michiko. Toccava a Michiko e a Hiroshi, a dispetto di tutti i dissapori del passato, piangere sulla figlia e seppellirla. Per quanto anche lui fosse distrutto da ciò che era accaduto alla bambina, Lloyd dovette ammettere che poteva fare ben poco per essere di qualche aiuto a Michiko in Giappone.