Lloyd sentì che gli si inarcavano le sopracciglia. «Un sogno?» ripeté, anche lui in francese.
«Vivido come non mai» disse Sven. «Ero a Ginevra… da Le Rozzel.» Anche Lloyd lo conosceva benissimo: una créperie in stile bretone sulla Grand Rue. «Ma sembrava una specie di storia di fantascienza. C’erano macchine che volavano senza toccare il terreno, e…»
«Sì, sì!» Era la voce di una donna, ma non in risposta a Sven. Proveniva dall’interno della sala di controllo. «La stessa cosa è capitata a me!»
Lloyd rientrò nella sala fiocamente illuminata. «Che ti è successo, Antonia?»
Una massiccia donna italiana stava parlando con due delle altre persone presenti, ma adesso si voltò per guardare Lloyd. «Era come se all’improvviso mi trovassi da qualche altra parte. Parry dice che anche a lui è accaduta la stessa cosa.»
Michiko e Sven si trovavano ora sulla soglia, proprio alle spalle di Lloyd. «Anche a me» disse Michiko, con l’aria sollevata di chi si trova in buona compagnia.
Theo, in piedi accanto ad Antonia, aveva aggrottato la fronte. Lloyd lo guardò. «Theo? Tu che ci dici?»
«Niente.»
«Niente?»
Theo scosse la testa.
«Credo che abbiamo tutti perso i sensi» disse Lloyd.
«Io di certo» disse Sven. Si tolse la garza dal naso, poi la riavvicinò per vedere se aveva smesso di sanguinare. Non aveva smesso.
«Per quanto tempo siamo stati svenuti?» chiese Michiko.
«E… Cristo! L’esperimento com’è andato?» domandò Lloyd. Si lanciò verso la stazione di monitoraggio di ALICE e pigiò un paio di tasti.
«Niente» disse. «Dannazione.»
Michiko esalò un grosso sospiro di disappunto.
«Avrebbe dovuto funzionare» disse Lloyd, sbattendo il palmo aperto sopra la consolle. «Avremmo dovuto trovare lo Higgs.»
«Be’, qualcosa è successo» disse Michiko. «Theo, tu non hai visto niente mentre noialtri avevamo… avevamo delle visioni?»
Theo scosse la testa. «Niente di niente. Io credo… credo di avere avuto una specie di blackout. Solo che non c’era oscurità. Stavo seguendo Lloyd mentre faceva il conto alla rovescia, poi c’è stata una specie di interruzione, sai, come un salto in un film. E all’improvviso Lloyd era accasciato sulla sua poltrona.»
«Mi hai visto mentre mi accasciavo?»
«No, no. E come ti ho detto: prima eri seduto e il momento successivo eri accasciato, senza nessun movimento fra un istante e l’altro. Io credo… io credo di avere avuto un attimo di vuoto totale. Non me ne sono nemmeno reso conto, prima eri seduto, poi abbandonato sulla poltrona, e…»
Tutto a un tratto lo squillo di una sirena trafisse l’aria… un veicolo di emergenza di qualche genere. Lloyd si precipitò fuori dalla sala di controllo, seguito da tutti gli altri. La sala dalla parte opposta del corridoio aveva una finestra. Michiko, che era arrivata per prima, stava già sollevando la veneziana; il sole del tardo pomeriggio penetrò all’interno. Il veicolo era un furgoncino antincendio del CERN, uno dei tre di servizio al centro. Correva attraverso il campus puntando verso l’ufficio amministrativo centrale.
Finalmente sembrava che il naso di Sven avesse smesso di sanguinare; adesso teneva in mano la garza sporca di sangue. «Chissà se qualcun altro ha avuto uno svenimento.»
Lloyd lo fissò.
«Usano i furgoncini antincendio anche per il pronto soccorso» spiegò Sven.
Michiko si rese conto dell’importanza di quanto aveva appena detto Sven. «Bisogna controllare tutte le stanze, e accertarci che stiano tutti bene.»
Lloyd annuì e tornò indietro nel corridoio. «Antonia, tu occupati di quelli che si trovano nella sala di controllo. Michiko, prendi Jake e Sven e andate da quella parte. Theo e io daremo un’occhiata di là.» Avvertì un fugace senso di colpa nell’allontanare Michiko, ma aveva bisogno di un momento per vagliare ciò che aveva visto, l’esperienza che aveva vissuto.
Nella prima stanza in cui Lloyd e Theo entrarono c’era una donna a terra. Lui non riuscì a ricordarne il nome, ma lavorava nelle pubbliche relazioni. Il monitor a schermo piatto del computer di fronte a lei mostrava il familiare desktop tridimensionale di Windows 2009. Era ancora priva di sensi, ed era evidente dalla grossa contusione sulla fronte che era caduta in avanti, battendo la testa sul bordo metallico della scrivania, e svenendo. Lloyd fece ciò che aveva visto fare in tanti film: le prese la mano sinistra con la destra, tenendola in modo che il dorso fosse rivolto verso l’alto, e dandole dei colpetti affettuosi con l’altra mano, mentre la sollecitava ad alzarsi.
Alla fine si alzò. «Dottor Simcoe?» disse, fissando Lloyd. «Che è successo?»
«Non lo so.»
«Ho fatto questo… questo sogno» disse lei. «Mi trovavo in una galleria d’arte da qualche parte, e guardavo un quadro.»
«Adesso va tutto bene?»
«Io… io non lo so. Mi fa male la testa.»
«Potrebbe avere una commozione cerebrale. Dovrebbe andare al pronto soccorso.»
«Che sono tutte queste sirene?»
«Mezzi antincendio.» Una pausa. «Senta, adesso devo andare. Potrebbero esserci anche altre persone ferite.»
Lei annuì. «Ce la farò.»
Theo aveva già proseguito lungo il corridoio. Lloyd lasciò la stanza e lo seguì, superandolo mentre il suo collega si prendeva cura di qualcun altro che era caduto. Il corridoio svoltava a destra; Lloyd imboccò la nuova sezione. Giunse alla porta di un ufficio che si aprì silenziosamente mentre si avvicinava, ma le persone che si trovavano dall’altra parte sembravano stare tutte bene, anche se discutevano animatamente delle diverse visioni che avevano avuto. Erano in tre, due donne e un uomo. Una delle donne notò Lloyd.
«Lloyd, che è successo?» gli chiese in francese.
«Ancora non lo so» rispose lui, sempre in francese. «State tutti bene?»
«Stiamo bene.»
«Non ho potuto fare a meno di sentire» disse Lloyd. «Avete avuto tutti e tre delle visioni?»
Annuirono.
«Erano vivide e realistiche?»
La donna che non aveva ancora parlato indicò l’uomo. «Quella di Raoul no. Lui ha avuto una specie di esperienza psichedelica.» Lo disse come se ci fosse da aspettarselo, visto lo stile di vita dell’uomo.
«Io non la definirei esattamente psichedelica» disse Raoul, con l’aria di chi sentisse il bisogno di difendersi. I suoi capelli biondi erano lunghi e puliti, e legati in una vistosa coda di cavallo. «Ma certo non è stata realistica. C’era questo tipo con tre teste, capisci…»
Lloyd annuì, registrando quest’altro frammento di informazione. «Se voi ragazzi state tutti bene, allora unitevi a noi… qualcuno è stato vittima di brutte cadute, quando è successo quello che è successo. Dobbiamo cercare chiunque possa essersi fatto male.»
«Perché non convocare tutti a un incontro in sala riunioni con l’interfono?» disse Raoul. «Così potremo fare la conta e vedere chi manca.»
Lloyd si rese conto che la proposta era assolutamente logica. «Voi continuate a controllare; qualcuno potrebbe avere bisogno di aiuto immediato. Io salgo nell’ufficio principale.» Lasciò la stanza e gli altri si alzarono e uscirono anche loro nel corridoio. Lloyd seguì il percorso più breve per l’ufficio, oltrepassando di corsa i diversi mosaici. Quando arrivò, alcuni dipendenti del settore amministrativo si stavano prendendo cura di uno dei loro che sembrava essersi rotto un braccio cadendo. Un’impiegata si era ustionata precipitando proprio addosso alla sua tazza di caffè bollente.
«Dottor Simcoe, cosa è successo?» chiese un uomo.
Lloyd cominciava a stancarsi di quella domanda. «Non lo so. Lei è in grado di far funzionare l’IA?»